Il futuro delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi tra innovazione, intelligenza artificiale, rinnovo dei contratti, crisi dei consumi e del credito, inflazione, lavoro e manovra di bilancio. Sono questi i temi al centro di ‘Metafutura’, l’Assemblea 2023 di Confesercenti, culmine dell’attività associativa della Confederazione delle piccole e medie imprese, in corso questa mattina, che quest’anno si terrà con modalità innovative nel metaverso: sarà possibile seguire i lavori esclusivamente da remoto.
Ad aprire i lavori un video messaggio della premier Giorgia Meloni, che ha definito commercianti e artigiani “presidi di sicurezza e di socialità, il principale antidoto alla desertificazione delle nostre strade, allo spopolamento dei nostri borghi. In questo compito non potete essere ovviamente lasciati da soli e noi siamo convinti che lo Stato debba fare la sua parte”.
Entrando nel vivo dell’assemblea, la presidente della Confesercenti, Patrizia De Luise, ha tracciato un quadro complessivo dell’associazione parlando delle criticità affrontate e dei risultati conseguiti in questo anno che si avvia a concludersi. Molte le ombre, a partire dalla nati-mortalità delle imprese: “Aprire un negozio è una missione sempre più impossibile. Caro-vita, rallentamento dei consumi, concorrenza del web non accelerano solo le chiusure di imprese nel commercio, ma fanno crollare anche le nuove nascite”. Dati alla mano, continua De Luise, nel 2023 si stima che sono solo poco più di 20mila attività nel comparto ad aprire, l’8% in meno del 2022, facendo registrare un crollo nell’arco di un decennio, quando nel 2013 erano state oltre 44mila, più del doppio. “Una crisi di denatalità che ha falcidiato il tessuto commerciale e che, senza un’inversione di tendenza, è destinata a continuare”.
Secondo le stime della Confesercenti, il numero annuale di iscrizioni di imprese nel commercio dovrebbe scendere a poco più di 20mila già quest’anno, per arrivare a circa 11mila nel 2030. Il crollo delle nascite riguarda quasi tutte le tipologie di commercio in sede fissa, con cali particolarmente rilevanti per i negozi di articoli da regalo, per edicole e punti vendita di giornali, riviste e periodici, ma anche per i negozi di tessile, abbigliamento e calzature. Le nascite di imprese aumentano solo nel commercio via internet, che vede esplodere le iscrizioni rispetto a dieci anni fa (6.427 quest’anno, il 188% in più). Ma è un numero assolutamente insufficiente a compensare il calo di natalità complessiva del settore.
“Il Governo – ha sottolineato la presidente – punta giustamente ad arginare il calo demografico adottando provvedimenti a favore delle famiglie, ma una situazione simile di denatalità interessa anche il mondo delle attività economiche. Il crollo delle nascite di nuove imprese sta accelerando il processo di desertificazione commerciale delle nostre città, privando i cittadini di servizi e i territori di ricchezza e lavoro. Occorre adottare provvedimenti per rigenerare il tessuto commerciale senza il quale assisteremmo ad un drammatico impoverimento dell’economia e della qualità della vita delle nostre città. Serve quindi un pacchetto di misure ad hoc per sostenere le attività di vicinato”.
Ad aggravare il quadro c’è anche l’arrivo della Bolkestein, che ha gettato nell’incertezza circa 200mila imprese italiane e 400mila lavoratori. “Un’incertezza che perdura da oltre un decennio e, tra proroghe e provvedimenti contradditori, la questione è ancora aperta. Senza certezze sul futuro – avverte De Luise -, molti imprenditori stanno lasciando: nel solo commercio ambulante, negli ultimi due anni sono sparite in media venti imprese al giorno. Di questo passo non ne apriranno più già nel 2026. Si stima che in questi settori, per l’incertezza, si siano bruciati 3 miliardi di euro”.
“I vari governi che si sono avvicendati in questi anni – ha aggiunto la presidente – hanno scelto di non decidere. La Bolkestein è una spada di Damocle che continua a pendere sul sistema economico italiano. A rischio immediato sono le oltre 7mila imprese dei nostri stabilimenti balneari. Un pilastro fondamentale dell’economia turistica italiana che attira milioni di visitatori ogni anno, sia italiani che stranieri, contribuendo significativamente alla ricchezza locale e nazionale”.
Passando ai temi della contrattazione, De Luise affronta la spinosa questione dei rinnovi del terziario e del turismo, il cui esito incerto “ci riempie di amarezza, ma di ciò non ci sentiamo responsabili più di tanto. Confesercenti ha più volte manifestato la volontà di sottoscrivere il rinnovo del contratto terziario, distribuzione e servizi, anche con importi conformi all’indice Ipca per il periodo 2023-2025 e in questa sede lo ribadiamo. Rinnovo anche prima di Natale”.
“Più volte abbiamo però rappresentato le difficoltà delle piccole e medie imprese del settore che, già duramente provate dal difficile contesto economico generale, attendono ancora risposte concrete su flessibilità e mercato del lavoro – ha aggiunto -. Riteniamo che sia utile e doveroso arrivare a un aumento dei salari dei lavoratori. Un incremento che è nell’interesse anche delle imprese perché siamo certi potrebbe dare un impulso ai consumi, la cui breve ripresa post-pandemica ha già perso slancio. Le imprese non possono, però, sostenere costi incompatibili con la loro permanenza sul mercato. Anche il Governo deve fare la propria parte riconoscendo il ruolo e la difficoltà delle imprese di prossimità”.
E proprio in tema di retribuzioni, De Luise ribadisce la ferma contrarietà all’introduzione del salario minimo legale: “Un intervento per legge in tale ambito rischia di alterare gli equilibri economici e negoziali raggiunti in settanta anni di contrattazione collettiva. Così come sarebbe assurdo prendere a riferimento solo il contratto nazionale ‘più applicato’ nel settore per stabilire il trattamento economico minimo. Questo criterio della ‘maggiore applicazione’ del Ccnl – ha aggiunto – porterebbe ad un monopolio nella contrattazione. Nel terziario e nel turismo, da oltre 30 anni, esistono più contratti collettivi siglati dalle confederazioni datoriali comparativamente più rappresentative con Cgil, Cisl e Uil, con uguale dignità e con condizioni salariali assolutamente equivalenti”.
e.m.



























