Si è svolto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy il secondo incontro di aggiornamento sulla vertenza Liberty Magona di Piombino tra le organizzazioni sindacali, il dirigente della Divisione VIII Politiche per la risoluzione delle crisi di impresa, Mattia Losego, la dottoressa Francesca Borea della Divisione VIII Politiche per la risoluzione delle crisi di impresa, la direzione aziendale nella persona del dottor Iallorenzi, il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, e i rappresentanti della Regione Toscana.
Un incontro “importante”, affermano in una nota congiunta Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, e Pino Gesmundo, segretario nazionale della Cgil, “per definire il futuro dello stabilimento di Piombino ormai sostanzialmente fermo per mancanza di forniture di semi-prodotto. Come Cgil e Fiom abbiamo apprezzato l’aggiornamento sul percorso di vendita i cui tempi traguardano oltre la scadenza dei prossimi ammortizzatori sociali, ma non può bastare”.
Per quanto riguarda il futuro della vendita dello stabilimento, spiegano il segretario nazionale della Fim-Cisl, Valerio D’Alò, il coordinatore della Fim-Cisl, Paolo Cappelli, “ancora siamo in una fase embrionale”: dalle 50 dimostrazioni d’interesse che si erano manifestate, da parte di gruppi stranieri o fondi di investimento, si è arrivati a 16, e nessuna italiana ha avanzato un’offerta. Inoltre, aggiungono, “questi hanno firmato un patto di riservatezza, di cui una o due interessate all’intero pacchetto insieme ai siti di Liegi e Dudelange e le altre per i singoli siti”.
Tra la fine di ottobre e i primi di novembre ci sarà la chiusura della data room con la possibilità di passare ad accordi vincolanti e a seguito di questo passaggio è stato già fissato un nuovo incontro presso il MIMIT già dai prossimi giorni per capire realmente chi e interessato all’acquisto.
“Come Fim-Cisl – precisano D’Alò e Cappelli – abbiamo chiesto con forza al Governo che garantisca un’equa ridistribuzione dei 2 milioni di tonnellate, puntando anche ad andare oltre questo numero, che attualmente ADI riesce a produrre perché a fronte di un accordo 2024 che prevedeva a Magona l’invio di 110 mila tonnellate di semiprodotto, ne sono state inviate solo 53mila tonnellate. E fondamentale ora, soprattutto in questa fase di vendita, garantire questo tonnellaggio per rendere ancor più appetibile il sito. Stando in marcia infatti si può continuare a garantire, oltre che il lavoro il mantenimento dei clienti e dei fornitori attualmente presenti”.
“È necessario trovare una nuova proprietà in grado di garantire l’occupazione e al tempo stesso rilanciare la produzione del sito, che non avrebbe problemi di ordini ma in questi mesi è rimasto bloccato per i problemi di forniture – aggiungono Scarpa e Gesmundo -. La Cgil e Fiom ritengono necessario che il Governo garantisca le forniture di semi-prodotto per non perdere mercato e garantire continuità di lavorazione per i dipendenti e la stabilizzazione per i tanti lavoratori interinali ancora presenti. Come Cgil e Fiom – concludono – abbiamo ribadito la necessità che il Governo agisca sui fornitori storici a partire da Acciaierie d’Italia, ex Ilva: a fronte di un contratto di 150 mila tonnellate ad oggi ne è stato onorato solo un terzo”.