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Home - Approfondimenti - Analisi - Un “Patto sociale per l’Italia sostenibile”: la proposta nel corso della presentazione del nuovo Quaderno Asvis. Sì dalla Cisl, no della Cgil, “ni” da Confindustria

Un “Patto sociale per l’Italia sostenibile”: la proposta nel corso della presentazione del nuovo Quaderno Asvis. Sì dalla Cisl, no della Cgil, “ni” da Confindustria

di Nunzia Penelope
7 Febbraio 2025
in Analisi, In evidenza
Un “Patto sociale per l’Italia sostenibile”: la proposta nel corso della presentazione del nuovo Quaderno Asvis. Sì dalla Cisl, no della Cgil, “ni” da Confindustria

Osservando da vicino quello che accade tra aziende e sindacati attraverso la contrattazione, emerge talvolta un mondo assai differente e migliore da quello, per lo più scoraggiante, di cui si legge ogni giorno sui media. Una prova arriva dall’ultimo Quaderno Asvis, dedicato all’analisi di alcuni casi specifici nei quali la contrattazione, appunto, fornisce una prova di quanti passi avanti abbia compiuto il rapporto, storicamente difficile, tra ambiente e lavoro. Un elenco delle migliori pratiche è contenuto nel volume dal titolo “Il diritto del lavoro e il ruolo della contrattazione collettiva per lo sviluppo sostenibile”, lavoro collettivo realizzato con i contributi di Tiziano Treu, Michele Bulgarelli, Rita Ghedini, Rita Innocenzi, Giovanni Lolli, Gaetano Sateriale, Pierluigi Stefanini e Walter Vitali (gli abbonati del Diario possono consultarlo nella sezione Documentazione).

Il Quaderno analizza l’impatto della modifica costituzionale, che obbliga le imprese al rispetto dell’ambiente, e delle nuove direttive europee, approfondendo le modalità con cui si stanno integrando i principi di sostenibilità attraverso la contrattazione, sia nazionale che decentrata, in un’ottica Esg. I casi elencati vanno dall’alimentare del gruppo Zuegg alla metalmeccanica di Ima, a Luxottica, e ancora Bonfiglioli, Marelli, Marposs, ecc. In ciascuno di questi esempi gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono entrati a pieno titolo nel confronto tra sindacati e imprese. Lo stesso contratto dei metalmeccanici, attualmente in corso di difficile rinnovo, si propone il coinvolgimento dei sindacati nella stesura dei bilanci di sostenibilità, e sono ormai molte le situazioni nelle quali perfino il premio di risultato è direttamente collegato al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Ma dal dibattito organizzato a Roma martedi 4 febbraio per presentare il volume che sono uscite altre suggestioni interessanti. L’Asvis ritiene infatti che gli obiettivi ambientali, ambiziosi e in parte realizzati attraverso la contrattazione, vadano sostenuti dal governo attraverso un piano nazionale di incentivi. Per ottenere i quali, sarebbe strumento naturale un Patto a tre fra parti sociali e governo. “Ci sono tutti i motivi per ritenere che un nuovo accordo come quello del 1993 avrebbe un’importanza fondamentale in un momento in cui le sfide – a partire dai conflitti inter- nazionali, dai cambiamenti climatici, dall’aumento delle disuguaglianze e dall’intelligenza artificiale – si stanno moltiplicando per tutti e a tutti i livelli. Compreso il problema annoso della bassa produttività totale dei fattori (PTF) del sistema produttivo italiano rispetto agli altri Paesi europei, che riflette i ritardi nel progresso tecnico, nei cambiamenti nella conoscenza, nelle variazioni di efficienza dei processi produttivi”, afferma Asvis nel Quaderno.

Vale la pena di sottolineare che nel dibattito romano le parti sociali erano per lo più tutte rappresentate: la Confindustria con il vicepresidente Maurizio Marchesini, il mondo cooperativo con Rita Ghedini, responsabile lavoro di LegaCoop, i tre sindacati con Michele Bulgarelli, segretario della Cgil di Bologna, Mattia Pirulli, segretario confederale Cisl, e Vera Buonomo, per la Uil. Un dibattito, tra l’altro, seguito online da ben 134 mila persone, come ha annunciato in chiusura il presidente ASviS Pierluigi Stefanini: a riprova dell’interesse che il tema smuove.

Impresa e lavoro, ha spiegato introducendo la discussione Tiziano Treu, hanno sempre cercato di conciliare i rispettivi interessi; ma da questo confronto l’ambiente è rimasto tagliato fuori. “Per cento anni si è creduto che tutto ciò che era progresso fosse sempre il bene, ma adesso ci siamo accorti che non è cosi. Vanno quindi bilanciati diversamente gli interessi in gioco, va cambiato strutturalmente il nostro modo di considerare il rapporto tra lavoro, impresa e ambiente, riformando in questa direzione anche la contrattazione”. Ovviamente non è cosi facile come a dirsi. Intanto, occorre far comprendere ai lavoratori che la difesa dell’ambiente non è in contraddizione con la difesa del lavoro, e alle imprese che la sostenibilità non è solo un costo, al contrario: i numeri provano che proprio le imprese che aderiscono ai principi Esg sono quelle con un più alto tasso di competitività. Ma l’aggravio di burocrazia viene comunque sofferto, come fa notare il vicepresidente di Confindustria Maurizio Marchesini, e in ogni caso, fa notare, ‘’nel contratto dei metalmeccanici i temi Esg sono in primo piano, ma poi è sul salario che si sono incagliate le trattative’’. Come dire: nulla di veramente nuovo sotto il sole.

Anche i sindacati ammettono la difficoltà di far ‘’passare’’ certi principi nei confronti della loro stessa base: “dovendo scegliere tra fringe benefits in welfare o in mobilita sostenibile, il lavoratore sceglie sempre il primo”, spiega Buonomo. Cosi come è complesso far capire ai delegati di cosa si parla quando si parla di bilancio di sostenibilità, e che ‘’non c’è conflitto’’ tra sostenibilità e lavoro. Anche per questo è fondamentale lavorare molto sulla formazione, innanzi tutto proprio dei delegati sindacali, insiste Pirulli. Altro tema: nelle aziende, è vero, si fa molta contrattazione ad alto livello, dice ancora Buonomo, ma come ‘’proteggerla’’ rispetto all’aggressione dei contratti pirata, che abbassano le soglie di tutela, se non con una legge sulla rappresentanza? Inoltre, questa contrattazione di qualità sui temi ambientali riguarda ancora solo una parte del paese, mentre un’altra parte, quella maggioritaria, resta lontanissima.

È proprio considerando l’insieme di questi aspetti che è riemersa -carsicamente, si potrebbe dire- l’ipotesi di un confronto a tre, tra governo sindacati e imprese, per realizzare un ‘’Patto per l’Italia sostenibile’’: un accordo, sull’esempio di quello storico del 1993, che a sua volta possa spingere e orientare la contrattazione, sia nazionale che decentrata, nelle imprese private come nella Pubblica amministrazione, in direzione della sostenibilità, in linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Variegate le risposte arrivate nel corso del dibattito a questa ipotesi e, va detto, non particolarmente differenti dall’usuale: un certo scetticismo di Confindustria, il netto no della Cgil, l’entusiasmo della Cisl.

Marchesini rileva come “il momento non sia felice per quanto concerne l’interlocuzione tra le parti sociali (vedi tensioni tra Cgil e Cisl, ndr) e tra parti sociali e governo”. In ogni caso, il vice di Orsini conferma l’interesse di Confindustria a riprendere il confronto con i sindacati, su una agenda che comprenda innanzi tutto la sicurezza sul lavoro, ma anche la necessaria revisione del sistema contrattuale (il Patto della fabbrica risale ormai al 2018) e un sistema di rappresentanza adeguato a escludere contratti pirata e dumping contrattuale; ma -ci tiene a precisare Marchesini- “senza ricorrere a una legge”. Decisamente contraria al Patto la Cgil: Bulgarelli è nettissimo nell’affermare che ‘’attualmente non vedo spazio alcuno per la concertazione, e non penso che con questo governo sia possibile fare nessun passo avanti’’. Anche se Gaetano Sateriale, ex Cgil e oggi tra i collaboratori di Asvis, cerca di smussare gli angoli: confermando gli ostacoli a un accordo di concertazione, suggerisce di mantenere l’idea del patto a tre “come obiettivo finale”, per puntare intanto a un accordo solo tra imprese e sindacati, da utilizzare magari in tempi più favorevoli come piattaforma per un eventuale accordo che coinvolga anche il governo.

È invece un sì, assolutamente convinto, quello della Cisl. Pirulli ricorda come la sua confederazione abbia sempre considerato utile e necessario “avere obiettivi comuni che mettano assieme, allo stesso tavolo, lavoratori, imprese e governo”: “lo abbiamo voluto nel 1993 e anche oggi questa può essere la strada giusta per un confronto tra tutte le parti”. Interesse per un Patto anche da Legacoop: Rita Ghedini spiega che “contrattazione a tre significa condividere lo sforzo. Oggi manca una politica industriale orientata alla sostenibilità, e dunque servono accordi. Che devono essere a tre, perché è vero che la contrattazione può aiutare, ma servono anche politiche fiscali incentivanti, e quindi serve l’interlocutore Governo”. Confronto che potrebbe essere utile anche a superare le trappole burocratiche e le incertezze normative che appesantiscono le aziende.

Resta che oltre alle ‘’norme’’ occorrono anche le politiche, oggi assenti: sia in termini di politiche industriali sia fiscali o quant’altro. Anche per questo Pierluigi Stefanini, nelle conclusioni, ribadisce che accordi tra le parti sono ‘’indispensabili’’: ‘’chiamatelo patto, concertazione, o come volete. Ma si deve fare, e si deve stimolare il governo a farlo. Certo -ammette il presidente Asvis- il contesto non è dei migliori. Ma noi intendiamo proseguire in un percorso comune con le parti sociali. Lo spazio c’è. E il dibattito di oggi dimostra che, nel rispetto delle differenti posizioni, si può comunque dialogare’’.

Nunzia Penelope

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