La giornata tipo di un qualunque esponente della Cgil, di questi tempi, a Roma: dalle 7.30 alle 9.30 volantinaggio presso le metropolitane, con una media fra 30 e 50 volontari e sindacalisti impegnati nelle varie stazioni. Dalle 9.30 alle 13, volantinaggio porta a porta nei quartieri. Nel pomeriggio: assemblee nei luoghi di lavoro, comizi, piazze, mercati, mercatini, iniziative varie, una miriade di incontri per parlare direttamente con centinaia di persone. Cosi a Roma, cosi in tutti i comuni del Lazio, cosi ogni giorno, da oltre cento giorni. Cinque milioni di volantini stampati, e nemmeno uno rimasto nei cassetti a 48 ore dall’apertura delle urne per i referendum.
Il punto sulla campagna referendaria nella capitale lo fa con il Diario del Lavoro Natale Di Cola, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, che in questa battaglia ha messo un impegno totale e personale. Battaglia che, spiega, “all’inizio è stata sottovalutata, cosi come è stata sottovalutata l’idea che il lavoro potesse davvero costituire un elemento unificante del paese’’. Poi, negli ultimi venti giorni, l’aria è cambiata, l’interesse si è acceso: “e da quel momento sono partiti gli attacchi alla Cgil, gli inviti all’astensione, e cosi via”. Polemiche che hanno contribuito a puntare i riflettori sull’esistenza del referendum, ma, per contro, hanno anche politicizzato la questione, spostandola dal merito dei singoli quesiti allo schieramento secco tra voto o non voto: “E’ un peccato che la polarizzazione politica abbia impedito di entrare nel merito dei temi, questo non consentirà a tanti di fare una scelta consapevole. Ma è stata una bellissima campagna, e stamattina non c’era una sola persona a Roma che non sapesse dell’esistenza del referendum, a prescindere poi se voteranno o meno e cosa”.
Nel silenzio pressoché totale di media e tv, siete riusciti comunque a farvi sentire. Come avete fatto?
All’antica: le assemblee, i comizi di quartiere e i porta a porta ci hanno permesso di parlare a tantissima gente, volantinare fuori dalle metro di capire, attraverso i pendolari, il polso del paese. Ma la vera scommessa vinta è stata quella dei comitati territoriali, che si sono rivelati aggregatori non solo di sindacato, ma di associazioni, di cittadini qualunque, di persone di orientamenti diversi, tutti pronti a dare una mano. Tanto che ormai i comitati vivono di vita propria, moltiplicando le iniziative al di là di quelle organizzate dalla Cgil. Per esempio: due associazioni come Auser e Nonna Roma si sono proposte per accompagnare ai seggi elettorali le persone anziane o fragili, e ora stanno ricevendo decine e decine di messaggi da altri cittadini che si offrono a loro volta come volontari. Abbiamo deciso che questi stessi comitati, dopo il referendum, non si scioglieranno: saranno la base per altre battaglie, in primo luogo contro l’autonomia differenziata e in difesa della sanità pubblica.
Un riappropriarsi del territorio che una volta era dei partiti: potrebbe sembrare che puntiate a sostituirli.
Partiti e associazioni si fidano di noi proprio perché sanno che non vogliamo mettere il cappello su nessuna battaglia. Perfino i materiali che distribuiamo, i volantini, i manifesti attaccati in ogni comune, sono senza il simbolo Cgil: il referendum è dei cittadini, il concetto di base è ‘’io posso contare’’, ci rivolgiamo a tutti, non solo a chi la pensa come noi. Però la Cgil è la “colla” che lega tutti questi mondi. Siamo credibili, e siamo per un modello di sindacato che supera i propri confini, li allarga, ma non invade campi altrui. Anche l’interrompersi dell’unità sindacale, del resto, ha liberato uno spazio più largo e orizzontale dove ci si unisce per fare le cose, e non per appartenenza.
Avete fatto, in questa campagna, anche gesti al limite della spericolatezza, come appendere uno striscione sui referendum durante la parata del 2 giugno ai Fori.
E come si può capire, in quel contesto non è stato affatto semplice. Infatti, ci hanno identificato tutti. Ma del resto ci identificano sempre, quando facciamo i volantinaggi, i comizi di quartiere, le varie iniziative. Anche lo striscione che ignoti hanno appeso davanti alla sede Cgil di Via Buonarroti, con la scritta ‘’andate al mare’’, è un segno del peso che abbiamo.
Tornando ai referendum. Dal contatto quotidiano coi cittadini che sensibilità emerge nei confronti dei cinque quesiti?
Quello che riscuote massimo consenso è il quesito sugli appalti, perché riguarda la sicurezza sul lavoro e tutti sono consapevoli di che tragedia enorme sia. Anche per questo nei giorni scorsi abbiamo dato vita a una associazione per assistere le famiglie delle vittime di infortuni sul lavoro. L’altro tema che emerge con forza dal dialogo diretto coi cittadini è il salario.
Che tuttavia non fa parte dei referendum.
È però al centro della nostra mobilitazione, e continuerà ad essere così. Da un lato incalzando il governo per ridurre la pressione fiscale sui redditi da lavoro, dall’altra la contrattazione. Tanti contratti si stanno rinnovando bene, anche se chiaramente non basta, perché nel frattempo ne scadono molti altri e il salario non regge il caro vita. Il lavoro, da ascensore sociale, si è trasformato in sabbie mobili, dove si resta prigionieri tra salari bassi e precarietà.
E sugli altri quesiti, quelli appunto relativi alla precarietà e al Jobs act, che sensazione c’è tra la gente?
Le nuove generazioni sono molto sensibili sul tema della precarietà ma dobbiamo dirci che è impegnativo sradicare la retorica della gavetta, che poi non è altro che sfruttamento, che si è affermata nel nostro paese. Sul Jobs Act anche c’è sensibilità da più parti, per ragioni diverse: ad esempio chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015 vive sulla sua pelle una discriminazione. Ma sicuramente il quesito sulla salute e la sicurezza, che salva letteralmente la vita delle persone, è sentito con più forza.
E sulla cittadinanza?
Noi ci stiamo impegnando molto, ed è un tema caro alle nuove generazioni, ma lì c’è stato purtroppo un dibattito tossico: è stato inteso come un provvedimento rivolto agli immigrati irregolari e clandestini, cosa che assolutamente non è.
Tirando le somme, cosa pensa che succederà dopo lunedì? Come uscirà da questa campagna la Cgil?
Da lunedì saremo sicuramente più forti. Questa campagna ha reso popolare la Cgil e ha aumentato la nostra credibilità. Siamo una forza sociale che è stata in grado di costruire un progetto di paese e di influenzare le scelte politiche. Questo ci rende più forti nelle vertenze, nella contrattazione, nei confronti dei nostri interlocutori istituzionali e delle decisioni che si metteranno in campo. La militanza, in un paese fermo e in una società piena di paura, è l’antidoto alla rassegnazione. E questa campagna bellissima, che ci ha dato cosi tanto, non la dimenticheremo mai.
Nunzia Penelope



























