A leggere la relazione di Daniela Fumarola in apertura del XX Congresso della Cisl si nota, prima ancora che i contenuti, ciò che manca e che invece si troverebbe magari in eccesso in una qualsiasi riunione di un altro sindacato. In parole povere la relazione di ieri potrebbe essere stata svolta, più o meno con i medesimi concetti, se il governo del Paese fosse diverso da quello attuale. La valutazione del quadro politico del Paese non solo è assente, ma è persino ininfluente nell’orientare e condizionare l’azione del sindacato che è il solo protagonista delle sfide dei nuovi tempi. Si dirà – come si è già cominciato a fare – che la Cisl si è accasata a Palazzo Chigi.
Ma ad esprimere un giudizio siffatto sarebbe fare un torto ad una grande organizzazione che ha fatto dell’autonomia la sua caratteristica genetica. La realtà – lo vedremo nei prossimi mesi – è diversa: in un’epoca in cui è dominante la prassi dello scaricabarile, dal XX Congresso viene una indicazione diversa: un’assunzione di responsabilità. ‘’ Partecipare, in ogni ambito – sul lavoro, nella contrattazione sociale, con la concertazione – significa rientrare in campo.
Significa – ha puntualizzato Fumarola – non accettare che siano altri a scrivere le pagine che ci riguardano. Significa immaginare e costruire il futuro su uno spartito non già scritto, non imposto dall’esterno, ma frutto di un’azione collettiva, libera, democratica, consapevole’’. Proseguendo nella relazione la segretaria generale della confederazione di via Po, ha chiarito meglio il pensiero che aveva già anticipato: “Questo – lo diciamo a chi si ostina a strumentalizzare – non significa archiviare il conflitto, che nelle fabbriche come nei rapporti sociali resta una articolazione spesso inevitabile dell’azione sindacale. Ma significa comprendere che esiste una dimensione di progresso condiviso, un orizzonte comune verso cui procedere in modo cooperativo. E vuol dire, questo sì, fare ogni sforzo per cacciare dai cancelli l’antagonismo, il collateralismo, l’estremismo ideologico, le tare culturali che confondono la partecipazione con la compromissione”. Ho trovato poi un altro aspetto singolare rispetto al più generale dibattito della sinistra politica e sindacale.
I “mostri” che popolano la narrazione di altri dirigenti sindacali (non occorre fare nomi per capirsi) nella descrizione di Fumarola non scompaiono, rimangono presenti in tutta la loro importanza nel definire le condizioni dei lavoratori e dei cittadini, ma vengono sottratti alla malasorte di un destino inesorabile che non ammette miglioramenti, se non mediante la palingenesi di una “rivolta sociale” che, alla fin dei conti, si rivela un ruggito di un gattino spaventato. I problemi, anche i più difficili, possono essere affrontati attraverso l’esercizio della contrattazione. “La via maestra (queste parole le abbiamo già sentite in un altro contesto) resta quella contrattuale. Bisogna rinnovare tutti i contratti nazionali, pubblici e privati, trovando soluzioni eque per riallineare i salari all’inflazione reale, evitando però automatismi fuori dal tempo che rischierebbero di innescare pericolose spirali inflazionistiche. Bisogna porre le condizioni per accrescere la produttività, redistribuendola sia su buste paga più pesanti, sia su orari più leggeri”. Per quanto riguarda il tema della qualità dell’occupazione, Fumarola non nasconde i problemi: “Di sicuro c’è che l’occupazione fatica a esprimere alto valore aggiunto, con ampie aree di marginalità – soprattutto tra giovani e donne. Troppi giovani sono intrappolati tra impieghi precari, part-time involontario e bassi salari, con il risultato di una drammatica emigrazione qualificata all’estero e un numero ancora troppo elevato di Neet. C’è un divario generazionale da colmare con urgenza”. La strada da battere non è quelle dei referendum che tendono ad introdurre vincoli normativi raccolti da un passato trascorso per sempre, bensì: prima ancora della precarietà, allora, bisogna intervenire sulle competenze. È uno dei grandi temi di oggi. È il compito che dobbiamo assumerci: realizzare il più grande investimento di sempre nella formazione e nell’orientamento. Vuol dire rafforzare le politiche attive, pubbliche e sussidiarie, rilanciare i centri per l’impiego, valorizzare e integrare gli enti di formazione professionale, finalizzare maggiormente le risorse dei fondi interprofessionali all’innovazione delle strutture produttive’’. Quanto ai temi della rappresentanza Fumarola ridimensiona la bufala dei contratti pirata a sostegno di una legge in materia. Anzi sbaglia persino nella indicazione della percentuale dei lavoratori interessati che non è del 4% ma dello 0,4%.
La Cisl ha una ragione in più per essere contraria ad una legge sulla rappresentanza che non servirebbe a tutelare nel suo insieme il sindacalismo confederale di fronte all’assalto dei sindacati fasulli, ma che, nelle condizioni date dei rapporti unitari, si tradurrebbe in una conta all’interno del sindacalismo confederale stesso con l’obiettivo delle ex consorelle di emarginare proprio la Cisl, la Confederazione che non ha inseguito la Cgil (e la Uil?) nel percorso che l’ha resa un sindacato in transizione verso una nuova forma di partito. Per concludere sarà bene notare – perché si tratta di un aspetto significativo – che nella relazione di Fumarola non viene richiamata mai – neppure per un omaggio rituale – la prospettiva dell’unità sindacale.
Giuliano Cazzola