Antico, attuale e dimenticato si mescolano nei sedici racconti che compongono l’antologia “Con la testa e con le mani. Quando la classe si fa racconto”, di Edizioni Alegre, che ha partecipato alla prima edizione del premio letterario Giuseppe Di Vittorio. La digitalizzazione, il lavoro da casa, l’impatto dell’intelligenza artificiale sembravano aver fatto superare la fatica fisica del lavoro, le fabbriche, gli ingranaggi e i bulloni, l’oscurità e il freddo dei turni di notte, il sole dei campi che brucia la pelle. Aspetti relegati a pochi settori o che balzano tristemente agli onori della cronaca quando scoppiano le vertenze o si registra l’ennesimo incidente o decesso sul luogo di lavoro.
In questi sedici racconti, scritti da delegate e delegati e sottoposti al giudizio non di critici letterali ma dei loro colleghi, il protagonista indiscusso è il lavoro che plasma, piega e ridisegna il corpo e l’anima di chi il lavoro lo vive quotidianamente. Movimenti abitudinari, schiene indolenzite, occhi stanchi, pensieri, amori, affanni, preoccupazioni si compenetrano a vicenda, facendo decadere la rigida divisione cartesiana tra rex extensa e res cogitans.
Nella raccolta emerge l’ansia causata dalla precarietà del lavoro, la costante rincorsa ad arrivare a fine mese con le bollette pagate e l’affitto saldato. Ma ci sono anche storie che raccontano un cambio di vita e la possibilità, grazie allo smart working, di trasferirsi a Tenerife e poter dedicare più tempo alla famiglia e alla tavola da surf. Storie che parlano di riscatto personale come quello della centralinista, con tanto di laurea, master e soggiorno all’estero, intrappolata in un call center ai margini della città che, dopo un’epifania in una notte insonne, si riappropria dei propri desideri e passioni, in una parola della propria esistenza, e la mattina dopo, arrivata in ritardo al lavoro, stanca delle continue lavate di testa del suo superiore gli vomita addosso tutta la sua voglia di libertà. Così lascia tutto, si rifugia in Trentino nella baita dalla nonna, della quale porta il nome, e diventa guida turistica e giornalista naturalista. Storie di lotta e resistenza, di chi cerca di conciliare i tempi troppo stretti dell’essere lavoratrice e mamma, difendendo la propria carriera da quegli sguardi, soprattutto di altre donne, che le rimproverano la maternità.
Scorrendo i racconti dell’antologia si ha la sensazione di essere trasportati nella ambientazioni di Verga. Tozzo di pane, novello Rosso Malpelo, lavora in miniera per portare un po’ soldi alla madre e ai fratelli. Nonostante il fisico mingherlino, il suo spirito non si piega e non sopporta le angherie che il suo controllore, armato di frusta, riserva a persone e animali. Una ribellione che lascia tutti basiti e che gli fa guadagnare, da parte dei suoi superiori, il titolo, in tono dispregiativo, di sindacalista.
Storie sulle quali aleggia anche la morte. L’operaio che di mattina presto si alza per andare in fabbrica, saluta con uno sguardo moglie e figli ancora immersi nel sonno, poi risucchiato nel buio asfissiante di una cisterna. O la vicenda di Marco, personaggio di fantasia, per ricordare il diciottenne Giuliano, morto schiacciato da uno stampo metallico di una tonnellata durante uno stage previsto per l’alternanza scuola-lavoro.
Tommaso Nutarelli
Titolo: Con la testa e con le mani. Quando la classe si fa racconto
Autore: AA.VV.
Editore: Edizioni Alegre
Anno di pubblicazione: 2025
Pagine: 128 pp.
ISBN: 979-1255600480
Prezzo: 10 euro