Con Giorgio Armani se ne vanno la grazia e la bellezza che come nessun altro sapeva trasferire nei suoi abiti; ma non è del suo straordinario contributo all’eleganza che qui si vuole parlare, quanto della sua grandezza di imprenditore. Armani era l’ultimo rappresentante di quel fantastico team di creativi che inventò il fenomeno del made in Italy, Versace, Valentino, Krizia, Gianfranco Ferré. Erano gli anni Ottanta, erano gli anni Novanta, e le passerelle internazionali parlavano tutte italiano. Nessuno era come loro, eppure tutti sono spariti. Alcuni morti, altri ancor falliti, ma soprattutto venduti; ad altri produttori, quasi sempre francesi. La grande moda che dopo Chanel e YsLParigi non sapeva più creare, a un certo punto bastava venire a comprarla in Italia, dove tutto era in vendita, se non svendita.
L’unico dei grandi che ha testardamente proseguito l’avventura, che non ha mai ceduto di fronte a un assegno con moltissimi zeri, è stato Armani. Non è un caso che nelle molte pagine di necrologi pubblicati sul Corriere della Sera spicchino quelli di banche d’affari come Goldman Sachs o Rothschild, ma soprattutto il ricordo del numero uno della modo e del lusso mondiale, quel Bernard Arnault che ha arricchito il portfolio del suo gruppo LVMH acquisendo il meglio del nostro made in Italy, e che dedica a Re Giorgio queste parole: “Giorgio Armani era l’ultimo rappresentante della generazione d’oro dei creatori, coloro che hanno plasmato, anno dopo anno, i canoni della più alta eleganza. La sua eredità vivrà a lungo nel cuore e nell’immaginario di oggi e di domani. I collaboratori delle Maison del gruppo LVMH porgono le loro più sentite condoglianze alle équipe del gruppo Armani’’.
Ecco, la sua eredità. Armani, da vero imprenditore, ha sempre badato anche al conto economico, in parallelo con la creatività. Un esempio perfetto di come si dovrebbe amministrare un gruppo industriale, e lo sottolinea ancora Arnault nel necrologio: “Armani ha creato uno stile unico, trasformandolo in un grande e riuscito percorso industriale, che ha portato l’eleganza italiana su scala globale”. Purtroppo di questa capacita’ di tenere assieme creatività’, bellezza, e conti in ordine, nel nostro paese si è smarrita da tempo la capacità. Perché non solo i marchi delle nostre Maison sono scomparsi o volati Oltralpe, ma anche praticamente tutte le aziende che costituivano la spina dorsale dell’Italia industriale, e che avevano portato il nostro paese al sesto posto tra le potenze mondiali. Oggi non resta più nulla o quasi: il capitalismo famigliare venduto o estinto, quello pubblico ridotto a poca cosa, mentre sono in crisi le grandi imprese, dall’ Ilva, o a Stellantis, e infine non abbiamo nulla che guardi alle industrie del futuro.
Il gruppo Armani invece è solidissimo. Il valore attuale è di circa 13 miliardi, con 27 società controllate, 2.700 negozi nel mondo e 8.700 dipendenti. il giro d’affari dell’ultimo anno dichiarato, il 2024, è di 2,4 miliardi, con 51 milioni di utile: in calo sul 2023, ma pur sempre utile. E soprattutto non ha un centesimo di indebitamento, malgrado non abbia mai lesinato gli investimenti per innovazioni o acquisizioni, che ha addirittura, nell’ultimo anno, raddoppiato fino a quota 332 milioni. Una lezione di imprenditorialità assoluta. Portare avanti tutto questo sarà responsabilità di coloro che sono stati designati dallo stesso Armani a succedergli: il suo compagno e braccio destro Leo Dell’Orco, il fondatore di Yoox Federico Marchetti, e soprattutto la famiglia, numerosa e coesa. Per capire meglio quale sarà l’assetto futuro del gruppo, naturalmente, occorrerà attendere l’apertura del testamento, dove sarà indicato a chi toccherà il controllo di quel 99,9% della Giorgio Armani Spa che governa tutto l’impero; e che ruolo avrà, in questo ambito, la Fondazione Armani. Dal punto di vista della tenuta economica e industriale, comunque, ci sono buone probabilità che il gruppo prosegua il suo percorso di successo.
Altro discorso è lo stile: si immagina, e si spera, che Armani abbia allevato eredi anche per quanto riguarda la parte creativa, ma certi talenti naturali non si tramandano. La bellezza che Re Giorgio sapeva costruire nelle sue giacche, nei suoi abiti, nei dettagli degli accessori, è una magia che difficilmente si potrà ripetere. Guardandosi attorno, guardando al mondo della moda, alle passerelle, ai red carpet, ma anche alle strade delle città, viene da pensare che oggi, morto l’ultimo imperatore, ci restano solo gli stracci, e la nostalgia.
Nunzia Penelope

























