Dalla metà degli anni Novanta “l’Italia ha iniziato ad accumulare un ritardo nella crescita della produttività, mostrando una dinamica più debole rispetto ai principali partner europei: nel periodo 1995-2024, vale a dire gli ultimi tre decenni, l’incremento medio annuo si è attestato attorno allo 0,2%, a fronte dell’1,2% registrato nell’Ue27 (1% in Germania, 0,8% in Francia, 0,6% in Spagna). È quanto emerge dal Rapporto Cnel sulla produttività 2025.
Nel primo quinquennio post-crisi finanziaria (2009-2014) la produttività ha segnato in Italia un parziale recupero (+0,6%). Nel quinquennio 2014-2019 la crescita della produttività italiana si è invece fermata a un +0,1% e così anche nel quinquennio successivo.
“Tra il 2022 e il 2024 l’Italia – si legge nel rapporto – ha registrato risultati positivi su crescita economica, occupazione ed export, in particolare se rapportati al complicato contesto internazionale e alla performance di altri paesi europei. Eppure, le dinamiche della produttività non sembrano riflettere l’andamento delle grandezze macroeconomiche. Questa apparente contraddizione si può spiegare con l’interazione tra alcune caratteristiche strutturali della nostra economia (forza lavoro poco qualificata e in rapido invecchiamento e ampia presenza di imprese di piccola dimensione) e lo shock dei prezzi del 2022-23, che ha ridotto i salari reali e ha incentivato l’investimento delle imprese nel fattore lavoro, a discapito del capitale”.
“L’ultimo quinquennio (2019-2024) si è caratterizzato per il buon andamento dell’occupazione (+4,4%), la cui dinamica è rimasta marcata anche negli anni interessati dallo shock energetico: tra il 2022 e il 2024 – spiega il Rapporto – l’occupazione è aumentata a un tasso quasi doppio rispetto alla media Ue, trainata dall’espansione in alcuni settori ad alta intensità di lavoro ma anche a produttività media più bassa, come costruzioni, ristorazione, sanità e assistenza. Favorita da una dinamica salariale contenuta, l’occupazione è quindi cresciuta, ma prevalentemente in attività a basso valore aggiunto”.
In Italia il costo d’uso del capitale è progressivamente aumentato. “Ne risulta che le imprese negli ultimi anni hanno preferito espandere il fattore lavoro, relativamente più conveniente, piuttosto che investire in beni capitali, in particolare quelli funzionali ai processi di digitalizzazione. Di conseguenza, è aumentata l’occupazione (+1,6% nel 2024), ma al costo di una riduzione della produttività del lavoro (-0,9% per occupato nello stesso anno)”.
Un più alto livello di competenze è associato a una produttività del lavoro più alta: circa il 25% del divario tra la media Oecd e i paesi più performanti in termini di produttività del lavoro è spiegata dal diverso livello di competenze. “L’Italia soffre di un ritardo strutturale nelle competenze digitali della manodopera: solo il 16% dei lavoratori ha competenze Ict elevate, contro il 30% circa in Germania e Francia; solo il 15% dei laureati lo è in discipline Stem, a fronte di una media europea del 26%. Questo frena l’adozione di tecnologie digitali nel nostro Paese, con ricadute sulla produttività”.
Inoltre la produttività è legata alla dimensione aziendale, a sua volta correlata con tre fattori chiave: propensione all’export, digitalizzazione e innovazione. “Le grandi imprese sono oltre il 70% più produttive delle medie e nei servizi Ict il divario è ancora più marcato, a testimonianza della complementarità tra scala e capitale intangibile. Ma in Italia il 94,7% delle imprese ha meno di 10 addetti, una quota molto superiore a Germania o Francia. Questa forte presenza di microimprese frena la produttività aggregata”, spiega il Report.
Il Rapporto offre raccomandazioni in termini di investimento in competenze, capitale intangibile e tecnologie digitali; miglioramento delle condizioni per avviare, gestire e finanziare le imprese orientandole alla crescita dimensionale; riduzione dei divari territoriali, attraverso strategie localizzate e rafforzamento della capacità implementativa delle politiche pubbliche. “Non esiste una soluzione miracolosa per rilanciare la produttività nel nostro Paese. È necessario piuttosto un approccio sistemico e coordinato a diversi livelli di governo”.