La discussione sulla manovra entra nel vivo e a prendere parola, questa mattina, sono i sindacati nel corso dell’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Apre il giro il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, che parla di una manovra che segna il ritorno all’austerità, con un miglioramento del quadro di finanza pubblica pagato da lavoratori dipendenti e pensionati che “non solo hanno vissuto un brutale impoverimento a causa di una inflazione da profitti, lasciata completamente libera di scaricarsi sulle loro spalle ma hanno anche subìto tutto il drenaggio fiscale conseguente alla mancata indicizzazione dell’Irpef all’inflazione”. I salari, sottolinea la Cgil, hanno subito perdite nell’ultimo triennio “ben superiori ai vantaggi ottenuti con gli interventi realizzati sull’Irpef, sulla decontribuzione e sulla sua successiva fiscalizzazione”. E aggiunge Ferrari: “Quanto riconosciuto con una mano è stato sottratto con l’altra, in una mera partita di giro a saldo zero”.
Nodo critico per la Cgil è poi la sanità pubblica “il cui finanziamento, o per meglio dire: il definanziamento, passerà da un rapporto sul pil del 6,15% il prossimo anno al 5,93% nel 2028: il livello più basso di sempre. Un livello, per intenderci, che mette a rischio l’aspettativa di vita delle persone in carne e ossa” ma “lo stesso discorso vale anche per l’Istruzione, per la non autosufficienza, per la casa, per l’intero sistema pubblico dei servizi”.
Secondo Ferrari “l’altra grande vittima segnata dal ritorno alle politiche di austerità” è la previdenza “con l’aumento generalizzato dell’età pensionabile (che colpirà quasi il 99% delle lavoratrici e dei lavoratori); l’azzeramento di ogni forma di flessibilità in uscita (comprese le già insufficienti “opzione donna” e “quota 103″); il totale tradimento della solenne promessa elettorale di superare la Legge Monti/Fornero, che invece viene perfino peggiorata” mentre “ad altri si garantiscono flat tax, condoni, sanatorie”.
La Cgil chiede di “andare a prendere i soldi dove sono (profitti, extra-profitti, grandi ricchezze, evasione fiscale), anche chiedendo un contributo di solidarietà, come abbiamo proposto, all’1% della popolazione più ricca, per finanziare politiche a beneficio del restante 99%” oltre a “rinunciare ad un’insostenibile corsa al riarmo”.
Più cauta la Cisl, che alla manovra dà un “giudizio articolato” che è positivo per il risanamento dei conti pubblici e per gli interventi sulle aliquote e sui premi di produttività e salario accessorio, mentre è negativo su rottamazione e misure previdenziali. È “certamente positivo”, spiega il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga, “che prosegua il percorso di risanamento della finanza pubblica” che “ha portato a migliorare i giudizi delle società di rating sulla sostenibilità del nostro debito, alla diminuzione dello spread e a contenere, in prospettiva, il costo del debito”. Sotto questo aspetto, rileva il sindacalista, “la manovra appare ampiamente positiva”, anche se “nelle dimensioni quantitative (0,8% del Pil, 18,7 miliardi) è tuttavia la manovra più piccola dal 2014” pari “in rapporto al Pil, a metà della dimensione media del periodo 2014/2025”. Secondo la Cisl “sarebbe stato necessario, quindi, procedere per tempo ad interventi strutturali su spesa ed entrate per avere più risorse a disposizione ed ampliare le misure espansive”.
Nel merito delle misure, la Cisl “giudica positivamente la distribuzione delle risorse con gli interventi principali a favore della riduzione dell’imposizione fiscale sui lavoratori (4,9 miliardi nel 2026), con la riduzione della seconda aliquota Irpef, la riduzione della tassazione sui premi di risultato legati alla produttività, sul lavoro scomodo (notturno, a turni e festivo), sul salario accessorio del pubblico impiego, sugli aumenti contrattuali, con gli aiuti alle famiglie (1,6 miliardi nel 2026) e con il rifinanziamento della spesa sanitaria (ulteriori 2,4 miliardi nel 2026)”.
“Con questo rifinanziamento – ha sottolineato Ganga – la spesa sanitaria torna al 2,6% del PIL, misura raggiunta nel periodo pre Covid. È un buon risultato, ma ancora insufficiente rispetto alle prospettive demografiche e sociosanitarie del Paese che per la nostra Organizzazione richiedono una spesa maggiore e quindi un riesame delle fonti di finanziamento del SSN”.
Il giudizio negativo arriva invece “all’ennesima rottamazione delle cartelle esattoriali (1,6 miliardi nel 2026). È la quinta rottamazione delle cartelle dal 2016 – aggiunge il segretario -, cui si aggiungono tre operazioni di stralcio (nel 2018, 2021 e 2022) e un condono nel 2023. In pratica, secondo l’UPB, è l’incentivo, per chi evade, a continuare a farlo. Parte delle risorse per manovre più robuste possono essere trovate tramite una più incisiva lotta all’evasione e all’elusione fiscale”. Ma negativo è anche quanto riguarda le norme in materia di pensioni “e sul mancato rifinanziamento della legge sulla Partecipazione”.
Per parte propria, la Uil festeggia la valorizzazione della contrattazione collettiva nella manovra, che “per la prima volta” vede riconosciuto il suo valore “economico, sociale e politico collegando in modo diretto lo strumento fiscale ai rinnovi contrattuali. “È un fatto positivo – ha detto il segretario confederale della Uil, Santo Biondo -, frutto del confronto tra Governo e parti sociali, che accogliamo con favore”. Tuttavia non mancano criticità,soprattutto nei capitoli relativi a fisco, pensioni e sanità.
“L’articolo 4, che prevede la detassazione dei rinnovi contrattuali e la riduzione dell’imposta sui premi di produttività, va nella direzione che la Uil chiede da anni: sostenere i salari attraverso la contrattazione. Ora – ha precisato Biondo – serve renderla una misura strutturale e circoscritta ai contratti sottoscritti dalle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ed estendere la soglia di reddito fino a 40 mila euro, oltre a recuperare i ratei del 2024 ed estendere questa misura anche al pubblico impiego. Inoltre, è necessario, da un lato, rafforzare la contrattazione di secondo livello, ancora troppo debole nelle piccole imprese e, dall’altro rendere strutturali tutele come la Cigs per cessazione”.
“Sulla sicurezza sul lavoro – ha proseguito Biondo – i 247 milioni previsti devono essere destinati al potenziamento degli Spisal, per garantire un’effettiva prevenzione nei luoghi di lavoro. Inoltre, la manovra tocca ambiti strategici come energia, agricoltura, edilizia e incentivi alle imprese, ma continua a mancare una vera strategia industriale capace di guidare la crescita. La Uil chiede politiche strutturali, non proroghe o bonus a pioggia, per favorire occupazione, innovazione e qualità del lavoro. Solo una visione condivisa tra istituzioni, imprese e sindacati può trasformare la transizione ecologica e digitale in una reale opportunità di sviluppo sostenibile per il Paese”.
Per l’esponente della Uil “l’aumento del Fondo sanitario nazionale è un passo avanti, ma le risorse restano insufficienti. Servono più assunzioni, personale e investimenti. Bene i fondi per gli infermieri, ma vanno resi stabili con il contratto. Mancano risorse per la non autosufficienza e la manovra cancella strumenti come Quota 103 e Opzione Donna: chiediamo il ripristino di quest’ultima e un confronto serio sulla previdenza”.
“Serve un sistema progressivo – ha concluso Biondo – che tassi di più gli extraprofitti, le grandi eredità e le rendite, per tassare meno lavoro e pensioni e investire in sanità e istruzione. La manovra contiene segnali positivi, ma resta ancora molto distante da un vero progetto di equità e sviluppo sostenibile”.




























