Dopo la morte dell’operaio rumeno Octav Stroic, coinvolto nel crollo della Torre dei Conti a Roma, i sindacati si sono uniti in un coro unanime di cordoglio. Non solo per la vittima, ma “per tutti lavoratori deceduti ieri mentre stavano facendo il proprio dovere”, come sottolineano Mauro Franzolini, segretario generale della FenealUil, e Agostino Calcagno, segretario Feneal Roma e Lazio. “È stata una giornata tragica in varie parti d’Italia culminata con la morte di Octav”, un iscritto Feneal a cui mancava solo un anno alla pensione. “Aveva 66 anni – spiegano i due sindacalisti –, ma continuava a lavorare in un cantiere rischiando la vita ogni giorno, come molti lavoratori sono costretti a fare”. Per questo Franzolini e Calcagno puntano il dito contro il Governo, ricordando l’aumento dell’età pensionabile – come adeguamento all’aspettativa di vita – inserito nella manovra 2026, a esclusione dei lavori gravosi. “Il lavoro edile è un lavoro usurante e non capiamo come ancora non si riconosca questa condizione a tutti i lavoratori del settore, condizione che permetterebbe giustamente di accedere a tutele differenti che oggi mancano”.
Nell’ora del cordoglio, il pensiero resta rivolto alle famiglie delle vittime “per le quali chiediamo giustizia, una giustizia che spesso arriva troppo tardi o addirittura mai. Ogni morte sul lavoro è una sconfitta di tutti e vanno chiarite responsabilità e dinamiche, perché il caso non ha nulla a che vedere con queste morti”. E ancora una volta la richiesta è che il governo continui a investire in salute e sicurezza, rilanciando i tavoli di discussione con le parti sociali, formazione e controlli – “armi irrinunciabili ma inutili senza qualificazione delle imprese” – e non ultimo il tema della certezza delle pene” per restituire giustizia e verità alle vittime e alle loro famiglie.”
Il segretario generale della Fillea Cgil, Antonio Di Franco, insiste sul tema del controlli nel solco della battaglia della Cgil sugli appalti. “Si accertino le responsabilità, si guardi alla progettazione, al ruolo della stazione appaltante”, afferma, ma che “non si parli di incidente o di una cosa prevedibile, che poteva succedere”.
Stroici, aggiunge Di Franco, è un “eroe contemporaneo”, una “vittima del dovere mentre contribuiva alla tutela dello straordinario patrimonio artistico del nostro Paese” e per questo il Governo dovrebbe riconoscre i morti sul lavoro come vittime del dovere integrando l’art. 18 della n.68 del 1999. “Sarebbe un gesto concreto di rispetto e riconoscimento soprattutto per quelli che rimangono. La responsabilità delle azioni imporrebbe oggi la necessità ‘riconoscere il gratuito patrocinio a tutti i familiari’ e di istituire una Procura nazionale che si occupi dei reati in materia di salute e sicurezza. Per salvare altre vite è necessario capire cosa è successo realmente in questa ennesima strage”, afferma il segretario degli edili”. E ancora chiosa Di Franco, “servono le migliori competenze e professionalità ma soprattutto tempi certi. L’ordinamento giudiziario dovrebbe dare una risposta immediata, in grado di imporre comportamenti omogenei e prescrittivi, atti a salvaguardare tutti coloro che ancora oggi operano nelle stesse condizioni. Così si salverebbero vite e si rafforzerebbe il legame fra la politica e Paese reale, irrobustendo la fiducia e la partecipazione democratica. Di tutto questo non parla la riforma della Giustizia. I familiari delle vittime sono costretti ad aspettare almeno tre anni prima che inizino i processi. Non hanno la possibilità di aver riconosciuto nessun risarcimento del danno provvisionale”.
“Intervenire e riformare la giustizia in questa direzione, rappresenta la priorità. Destinare le risorse del bilancio dello Stato a questi temi dimostrerebbe di voler agire, oltre la retorica dei numeri e il semplice cordoglio. Destinare miliardi per sanare le cartelle esattoriali di cronici evasori è immorale a fronte di oltre mille vittime del lavoro e decine di migliaia di familiari che aspettano giustizia e a cui spesso è negato un futuro”, conclude Di Franco.
“Nel cuore della Capitale ieri si è rischiata una tragedia immane, sia tra gli operai edili che tra i Vigili del Fuoco. Per questo ci appelliamo nuovamente, con forza, alle istituzioni: la priorità deve essere sempre il lavoro di qualità, non c’è opera o intervento che valga una vita umana”. Lo dichiarano Ottavio De Luca, segretario generale aggiunto della Filca-Cisl nazionale, e Nicola Capobianco, segretario generale della Filca-Cisl Roma.
“Fa molto riflettere – aggiungono De Luca e Capobianco – che l’incidente abbia interessato la ristrutturazione della Torre dei Conti, un lavoro finanziato dal Pnrr e previsto dal programma Caput Mundi. È la dimostrazione che non esistono cantieri sicuri, ma che è necessario mettere in pratica sempre e comunque, nei cantieri privati come in quelli pubblici, tutte le procedure per la messa in sicurezza del cantiere, a prescindere dalla grandezza dello stesso e dalla modalità di intervento. Inoltre – proseguono – l’età dei due lavoratori coinvolti, entrambi ultrasessantenni, deve indurre a una riflessione sulla necessità di anticipare l’età pensionabile per i lavoratori edili, una richiesta che abbiamo già fatto da tempo e che è giustificata dal lavoro nei cantieri, che è usurante, gravoso e pericoloso. In attesa di capire la dinamica dell’incidente e di individuare le responsabilità, come primo atto chiediamo l’immediata convocazione del tavolo in Prefettura sulla sicurezza”.
“Potenziare il sistema bilaterale e praticare partecipazione, confronto, contrattazione, responsabilità, sono gli strumenti per garantire il lavoro di qualità nei cantieri. Noi – proseguono De Luca e Capobianco – continuiamo a ribadire che è necessario un cambio di passo sulla cultura della sicurezza, che comporta un impegno su formazione, prevenzione, sensibilizzazione. La Patente a crediti e il recente decreto sicurezza sono di fondamentale importanza per garantire la sicurezza nei cantieri, ma non bastano. Ci vuole l’impegno di tutti: professionisti, aziende, istituzioni sindacato”.
“A Roma dal 2013 sono 92 gli operai che sono morti per incidenti sul lavoro, 151 compresa la provincia con un aumento anche degli operai feriti e delle malattie professionali. Negli ultimi 5 anni si sono verificati 32 infortuni mortali a Roma e provincia. Una scia di sangue drammatica e inaccettabile”, concludono i sindacalisti cislini.



























