“Una manovra, del valore complessivo di 18,8 miliardi di euro che, pur concentrandosi su famiglie e imprese, presenta effetti espansivi limitati. Il quadro macroeconomico, seppur positivo – con inflazione in calo, occupazione ai massimi storici e redditi reali in crescita – è frenato da consumi deboli e bassa fiducia di cittadini e imprese. Occorrono, quindi più risorse e misure più adeguate per sostenere competitività e crescita”. Così Donatella Prampolini, vice presidente di Confcommercio con incarico alle politiche fiscali e di bilancio, in audizione sulla manovra in Commissione Bilancio del Senato.
La rappresentante di Confcommercio ha espresso forte preoccupazione per la detassazione dei rinnovi contrattuali limitata al biennio 2025-2026, una misura che esclude oltre 5 milioni di lavoratori del terziario e dei servizi, chiedendo con forza di collegare il beneficio alla data di erogazione dell’aumento retributivo, e non a quella di firma del contratto, per evitare discriminazioni tra comparti e garantire un’applicazione equa della norma. Fondamentale, inoltre, inserire il riferimento ai contratti collettivi comparativamente più rappresentativi, come previsto dalla normativa vigente, per tutelare i lavoratori e contrastare la proliferazione di contratti “pirata”. Oltre a questo intervento prioritario, Confcommercio sollecita: sgravi fiscali e credito agevolato per le imprese giovanili, riconoscimento della contribuzione figurativa per l’ISCRO dei professionisti autonomi, proroga dello sgravio INPS per artigiani e commercianti, rafforzamento della previdenza complementare e dei fondi sanitari contrattuali.
Sulla riforma fiscale, Confcommercio giudica positivo il taglio della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi fino a 50mila euro, ma chiede di estendere la misura fino a 60.000 euro. Occorre inoltre rendere strutturale l’IRES premiale e superare l’IRAP, prevedere l’esenzione dall’imposta del 21,25% sulle polizze anti-catastrofali per le imprese, innalzare il limite dei ricavi per il credito d’imposta sulle commissioni Pos, superare il payback sui dispositivi medici con un tetto di spesa realistico e rateizzazione degli oneri.
Positive le misure su premi di produttività, buoni pasto, pace fiscale e rinvio di plastic e sugar tax, ma preoccupano la stretta sui crediti d’imposta e la riduzione dei fondi ai Caf.
Sul versante degli investimenti e Pnrr Confcommercio sottolinea l’urgenza di rilanciare la crescita attraverso la piena attuazione del Pnrr e più investimenti infrastrutturali (logistica, porti, Ponte sullo Stretto), ricostituzione del Fondo per l’autotrasporto e incentivi per il rinnovo delle flotte, rafforzamento del turismo con il coinvolgimento delle associazioni rappresentative e revisione della “bancomatizzazione” dell’imposta di soggiorno, rifinanziamento del Fondo Impresa Femminile, revisione della Transizione 5.0 a misura di PMI e terziario, mantenimento del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo. In materia di credito Confcommercio propone una riforma del Fondo di Garanzia per le PMI, legando l’intervento pubblico alla rischiosità effettiva dell’impresa, per sostenere l’accesso ai finanziamenti in una fase di forte contrazione del credito. Sul tema energia, la Confederazione evidenzia che, pur in attenuazione della crisi, i prezzi italiani restano superiori a quelli di Francia e Spagna chiedendo pertanto di disaccoppiare i prezzi di elettricità e gas, rinnovare la sterilizzazione degli oneri di sistema, stabilizzare i bonus per riqualificazione ed efficienza energetica.
Infine, Confcommercio accoglie positivamente l’impostazione pluriennale del finanziamento della Zes Unica, che rappresenta un’occasione strategica per la coesione territoriale, la crescita e l’attrazione di investimenti, ma necessita di risorse adeguate e di procedure semplificate per garantire piena operatività e accesso agevolato alle imprese. Confcommercio chiede inoltre che venga rivista la stretta sulla compensazione dei crediti d’imposta, prevedendo l’esclusione degli investimenti Zes dal divieto di compensazione, una misura che, se confermata, penalizzerebbe gravemente la competitività dei territori del Mezzogiorno e le imprese impegnate nei programmi di sviluppo locale.




























