In una risoluzione adottata giovedì 27 aprile, i deputati del Parlamento europeo hanno chiesto norme Ue per obbligare i fornitori di tessuti e di abbigliamento a rispettare i diritti dei lavoratori.
Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio, più del 70% delle importazioni di tessuti e vestiti dell’Ue arriva dall’Asia, con Cina, Bangladesh, India, Vietnam, Cambogia e Indonesia tra i maggiori produttori. La maggior parte degli acquirenti sono marchi globali che cercano prezzi bassi e tempi di produzione stretti, le cui conseguenze di solito cadono sui lavoratori molti dei quali sono giovani donne e bambini che soffrono a causa di lunghi turni di lavoro, bassi salari, incertezza, violenza e condizioni di lavoro pericolose.
Nella risoluzione non vincolante adottata con 505 voti in favore, 49 voti contrari e 57 astensioni, i deputati rilevano che queste pratiche danneggiano anche l’industria dell’Ue, in quanto provocano “dumping” sociale.
Nel tentativo di aiutare a prevenire tragedie come il crollo della fabbrica di Rana Plaza in Bangladesh, avvenuto ad aprile 2013 e nella quale sono morte più di 1.100 persone, si suggeriscono una serie di misure, a partire da obblighi vincolanti di trasparenza: la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta legislativa per un sistema vincolante di “diligenza”, basato sulle linee guida dell’Ocse, simile a quello adottato per i cosiddetti diamanti insanguinati, in grado di coprire copre tutta la catena d’approvvigionamento; preferenze commerciali condizionate: l’Ue dovrebbe garantire che i Paesi esportatori di prodotti tessili con accesso preferenziale all’Ue rispettino gli standard sociale e producano tessuti sostenibili, mentre gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente i diritti dei lavoratori con i Paesi partner; etichette: rendere visibile “l’impatto sociale della produzione” sugli stessi vestiti, per contribuire a creare un cambiamento duraturo; esempio delle istituzioni: le istituzioni Ue dovrebbero dare il buon esempio nei loro appalti pubblici sui prodotti tessili.
“Non possiamo far finta di niente se i nostri vestiti sono fatti a costo di una grande sofferenza umana – ha dichiarato la relatrice Lola Sánchez Caldentey -. Solo un quadro vincolante, si potrebbe garantire che i prodotti venduti sui mercati europei non violino la dignità e i diritti di milioni di lavoratori. L’Ue ha i mezzi per agire e chiediamo alla Commissione di farlo.”