Secondo quanto emerge da uno studio della Camera di Commercio di Milano, le imprese che operano nei comuni più soggetti a terremoti sfiorano quota 240 mila, impiegando 439 mila addetti (il 3% del totale nazionale) e generando un fatturato da 26 miliardi.
L’economia di queste aree è aumentata nell’ultimo anno, con circa mille imprese in più (in crescita dello 0,4% rispetto alla media italiana che registra un incremento 0,2%). In salita anche il numero di addetti: + 5% nel giro di un anno. La ripresa è trainata soprattutto dal settore del turismo, con 400 imprese in più nel settore alloggio e ristorazione, il 2,5% in più dell’anno scorso. L’economia dei territori a rischio sismico è più agricola (24% delle imprese dell’area, il 9% in più che in Italia) e commerciale (primo settore con 30% delle imprese dell’area, il 2,7% in più che in Italia). Minore, invece, il peso delle costruzioni (12,4%, il 2,3% in meno della media italiana) e del manifatturiero (8%, 1,7% in meno).
Il primo comune italiano per numero di imprese nelle aree più soggette a terremoto è Messina con quasi 14 mila aziende attive.
Seguono Reggio Calabria con circa 13 mila, Cosenza, Lamezia Terme e Potenza con 6 mila, Benevento e Foligno con circa 5 mila. Primi comuni per fatturato sono Messina e Melfi con quasi due miliardi, mentre Benevento, Osoppo, Foligno e Potenza hanno fatto registrare un giro d’affari superiore al miliardo. Tutti calabresi, invece, i Comuni che hanno fatto registrare i maggiori ritmi di crescita per numero di imprese nell’ultimo quinquennio: Reggio Calabria, con circa 600 imprese in più, Lamezia Terme e Rende con 400.