A Genova centinaia di lavoratori dell’Ericsson sono scesi nuovamente in piazza questa mattina per protestare contro i 147 esuberi annunciati dall’azienda. I manifestanti, dopo aver sfilato per le strade del ponente cittadino causando gravi disagi al traffico, hanno bloccato le uscite e gli accessi al casello autostradale di Genova Ovest.
La multinazionale svedese prevede di tagliare entro pochi mesi circa 4 mila posti di lavoro su 150 mila sparsi in tutto il mondo. In Italia, l’Ericcson un piano di 332 esuberi (di cui, appunto, 150 a Genova), cui se ne sommano altri 53 entro il primo semestre del 2017, per un totale di 385 lavoratrici e lavoratori licenziati nei prossimi 12 mesi.
Le organizzazioni sindacali di categoria, che hanno indetto il settimo sciopero in poche settimane nel capoluogo ligure, chiedono al governo la convocazione di un tavolo nazionale nella sede del Mise a Roma alla presenza di rappresentanti dell’azienda.
“La posizione dell’azienda che rifiuta il confronto anche con il governo sui temi del potenziamento di sviluppo e ricerca è inaccettabile e penalizza fortemente il territorio, sacrificando le sue risorse migliori” spiega un comunicato della Slc Cgil genovese: “È paradossale che una multinazionale presente sul nostro territorio, che dichiara di voler concentrarsi sul business derivante dagli investimenti del governo sulla banda ultralarga, si possa rifiutare di sedersi a un tavolo di confronto con il ministero dello Sviluppo economico. Questa situazione dimostra i disastri che può produrre la mancanza di una vera politica industriale in questo paese”.
“Ericsson – spiega una nota Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil – aveva presentato il piano industriale e la necessità di adottare un nuovo modello organizzativo, visto lo scenario competitivo del settore delle telecomunicazioni, che vedono i soliti concetti di economia debole in Italia, mancanza di investimenti, scenari piatti di business, consolidamento degli operatori di telecomunicazioni, con il calo della redditività dei servizi offerti dall’azienda”.
Da qui la dichiarazione di apertura di una procedura di licenziamento collettivo che l’azienda ha formalizzato il 13 giugno scorso, nonostante la ferma richiesta dei sindacati a non procedere. “Una decisione unilaterale – conclude il comunicato – che evidenzia riflessioni molto preoccupanti sul futuro di questa multinazionale: quale modello di responsabilità sociale e di etica aziendale intende adottare l’impresa? le risorse umane sono ‘risorse’ o costi su cui intervenire in maniera lineare? Tali argomenti saranno sollevati, unitamente alla ricerca di ogni soluzione alternativa utile, nell’ambito del prossimo incontro in sede sindacale”.