211ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Cassano.
La seduta inizia alle ore 15,30.
IN SEDE CONSULTIVA
Le priorità dell’Unione europea per il 2016 (Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016, Programma di 18 mesi del Consiglio (1° gennaio 2016 – 30 giugno 2017) e Relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea 2016) (n. 674)
(Parere alla 14a Commissione. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 3 febbraio.
Il relatore BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) dà conto di una proposta di parere, di segno favorevole con osservazioni, allegata al resoconto della seduta.
La senatrice PAGLINI (M5S) sottolinea la necessità di far funzionare le istituzioni europee senza appesantirle di nuovi compiti o addirittura dar loro la possibilità di imporre tributi a cittadini già vessati dal fisco italiano e da Equitalia. L’Europa dovrebbe semmai intervenire in modo più efficace in tema di diritti sociali, in modo da garantire prestazioni uniformi, prendendo a modello quei Paesi virtuosi dell’Unione, nei quali ad esempio è presente il reddito di cittadinanza, ancora ben lungi dall’essere introdotto in Italia. Ritiene invece che il sussidio di disoccupazione, secondo il modello proposto dal Ministro Padoan, non permetterà di garantire quella protezione sociale a cui il Movimento 5 Stelle aspira. Si interroga inoltre sulle ragioni per le quali, anziché istituire organismi ad hoc, non vengano potenziati gli strumenti relativi alla partecipazione parlamentare previsti dall’articolo 12 TFUE. Dubita infine che il Piano Juncker possa giovare all’economia nazionale italiana e alla lotta alla disoccupazione e alla povertà.
La senatrice CATALFO (M5S), nell’illustrare una proposta di parere contrario, allegata al resoconto della seduta, lamenta in particolare le insufficienze registrate dal programma europeo Garanzia giovani, sottolineando la necessità di servizi per l’impiego efficienti e di un reale coinvolgimento del mondo delle imprese e della scuola. Aggiunge altresì che anche in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro occorrerebbe l’attivazione di politiche mirate più efficaci. Stigmatizza ancora una volta che, in materia di disoccupazione di lunga durata, sia stata cancellata dalla legge di stabilità per il 2015 l’unica misura finalizzata, rappresentata dalla legge n. 407 del 1990. Infine, sottolinea la necessità che anche in Italia, come negli altri Paesi UE, venga introdotto il reddito di cittadinanza, per il quale il suo Gruppo si sta impegnando dall’inizio della legislatura. A livello sovranazionale è invece possibile portare un’istanza relativa all’introduzione di un reddito minimo europeo, in linea con quanto indicato nella risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010.
La senatrice MANASSERO (PD) ringrazia il relatore per lo sforzo compiuto nel raccogliere all’interno della sua proposta di parere le indicazioni provenienti dai componenti della Commissione. Riterrebbe tuttavia preferibile che, anziché sollecitare l’adozione di una politica di deregolazione, nel parere si facesse riferimento semmai all’opportunità di flessibilità. Il termine “deregolazione” farebbe infatti pensare ad un abbattimento delle regole, che sono poste anche a garanzia del prestatore di lavoro.
Il senatore ICHINO (PD) ritiene opportune alcune precisazioni con riferimento a taluni incisi contenuti nella proposta di parere illustrata dalla senatrice Catalfo. In proposito, segnala che, quando si parla di bilancio degli effetti occupazionali della riforma contenuta nel cosiddetto Jobs Act, non va dimenticato che ci si riferisce sempre all’effetto della riforma sui flussi di nuova occupazione; non è infatti pensabile che una legislazione entrata in vigore in diverse tranches, per effetto delle successive adozioni dei decreti attuativi, abbia un effetto rilevante sullo stock di occupazione. E’ dunque assai più corretto ragionare sul flusso, che si è riscontrato ed è stato molto robusto, probabilmente uno dei più rilevanti cui una riforma abbia dato corso; dire che ciò è dovuto allo shock economico è naturalmente possibile, ma si tratta di un’affermazione da verificare.
Quanto all’invito, contenuto nella proposta di parere stilata dal relatore, a valutare l’opportunità di adottare una politica di deregolazione, che tenga conto dell’obsolescenza e della rigidità di molte regolazioni UE, sottolinea che l’ipertrofia di regolazione comunitaria è un dato incontrovertibile, e che l’inciso si riferisce a tanti aspetti per i quali si può pensare a modelli più snelli e meno analitici.
La senatrice SILVESTRO (PD) interviene brevemente sul punto, mettendo in guardia dalla pericolosità di un riferimento alla flessibilizzazione di regolazioni riguardanti l’orario di lavoro e sottolineando come, in particolare in ambito sanitario, l’esempio risulti particolarmente distorcente.
Il presidente SACCONI osserva che l’esempio della regolazione UE in materia di orario di lavoro è stato inserito anche perché la Commissione si accinge ad affrontare la tematica del cosiddetto lavoro agile, che introduce novità tali da modificare profondamente il concetto stesso di modalità delle prestazioni di lavoro. La tradizionale disciplina degli orari, che come parametro aveva essenzialmente la sicurezza del lavoratore, si deve oggi confrontare con le innovazioni tecnologiche, che inevitabilmente comporteranno modalità diverse e muteranno profondamente la tradizionale concezione della prestazione lavorative. Nel prosieguo, la proposta di parere del relatore contiene invece un appello più generale ad evitare il recepimento delle direttive UE facendo ricorso a una tecnica aggiuntiva.
La senatrice D’ADDA (PD) sollecita l’inserimento nel parere di una sollecitazione al Governo ad un più efficace sostegno alle politiche attive, anche attraverso la predisposizione di quelle infrastrutture in assenza delle quali nessuna dichiarazione di principio può essere tradotta in realtà.
La senatrice PARENTE (PD) riterrebbe opportuno modificare l’invito all’adozione di una politica di deregolazione nell’auspicio ad una politica di maggiore flessibilità. Quanto alla tecnica aggiuntiva di recepimento delle regolazioni UE, sottolinea che esse sono sempre precedute e contornate da un forte dialogo sociale, che, lungi dal rischiare di ingenerare concorrenza tra i singoli Stati, consente semmai all’Europa di presentarsi unita. In materia di orario di lavoro ritiene invece necessaria una flessibilità, in relazione alle situazioni nuove create dallo smart working. Conviene infine sull’opportunità di inserire un richiamo finalizzato a garantire la reale efficacia delle politiche attive.
Il senatore SERAFINI (FI-PdL XVII), premesse forti perplessità sui recenti attacchi che il Presidente del Consiglio ha rivolto all’Europa, posta a confronto con l’orchestra del Titanic, auspica che il presidente Sacconi possa mediare tra le due proposte di parere all’attenzione della Commissione, in modo che si possa pervenire ad un documento unitario.
Il senatore DIVINA (LN-Aut) osserva che il Presidente del Consiglio in carica ha sull’Europa un’idea bivalente e alterna affermazioni di piena adesione ad atteggiamenti fortemente critici. Osserva altresì che molto spesso componenti del Governo prendono impegni a livello sovranazionale per smentirli successivamente in Italia e ritiene che ciò denoti scarsa serietà istituzionale.
Replicando agli intervenuti, il senatore BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) prende atto con soddisfazione di una discussione che è stata partecipata e motivata ed evidenzia che la proposta di parere non può che avere a riferimento la competenza della Commissione, lasciando considerazioni a carattere più generale alla Commissione di merito. In questo quadro, la sua proposta è stata stilata sulla base della illustrazione da lui svolta e di quanto emerso nella precedente seduta. Conviene sulla considerazione che il funzionamento del Piano Juncker si sia rivelato finora al di sotto delle aspettative e si dice certo che il punto verrà preso in considerazione presso la 14a Commissione permanente. Quanto ai dubbi sollevati in ordine all’invito ad adottare una politica di deregolazione, sottolinea che l’espressione si riferisce all’opportunità di disporre di meno regole e alla necessità di diminuzione o di flessibilizzazione della regolamentazione esistente, e non all’auspicio di un’assenza di regole. Infine, concorda sull’opportunità di inserire un inciso riguardante l’efficace garanzia in materia di politiche attive.
Il presidente SACCONI apprezza l’invito alla mediazione rivoltogli dal senatore Serafini, ritenendo tuttavia inevitabile l’emergere di diversità allorché si passa al giudizio su determinate politiche. In questo senso, la bozza di parere a prima firma della senatrice Catalfo è incentrata su un punto qualificante, l’introduzione del reddito di cittadinanza, che non è condiviso dall’unanimità della Commissione; è anche sua opinione che le politiche di contrasto alla povertà si realizzino semmai attraverso interventi mirati e prossimi. Propone conclusivamente di recepire le istanze avanzate nel corso del dibattito, riformulando conseguentemente la proposta di parere in un nuovo testo, favorevole con osservazioni, allegato al resoconto della seduta.
Nessun altro chiedendo la parola, mette quindi ai voti tale nuovo testo, che è approvato a maggioranza. Risulta conseguentemente precluso il voto sulla proposta di parere contrario a prima firma della senatrice Catalfo.
La seduta termina alle ore 16,30.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO N. 674
La Commissione lavoro, previdenza sociale, esaminato l’affare assegnato in titolo, premesso che i documenti in esame contengono la tabella di marcia dei lavori delle istituzioni dell’Unione europea e dell’Italia per i prossimi 18 mesi, incentrati sul rilancio dell’occupazione, la crescita economica, la crisi dei rifugiati e i cambiamenti climatici;
valutato che la Commissione europea nel 2016 si concentrerà su una serie di iniziative per combattere la disoccupazione, in particolare quella giovanile e quella di lunga durata, e per promuovere gli investimenti nel capitale umano, nonché per la revisione della Strategia UE 2020 in modo da assicurare la crescita economica e la sostenibilità sociale oltre l’orizzonte temporale del 2020;
sottolineato che il rafforzamento degli interventi per favorire l’occupazione e la crescita, il potenziamento del coordinamento dei sistemi di sicurezza e il sostegno all’inclusione sociale e la lotta alla povertà rientrano tra gli obiettivi del Governo italiano,
esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni.
A livello generale, si auspica che, data la natura degli atti in esame, l’orientamento che emergerà dal dibattito parlamentare possa conseguire una reale incisività sulle decisioni future delle Istituzioni europee. Considerato poi l’andamento negativo del quadro macroeconomico in Europa, a distanza di oltre sette anni dall’esplosione della crisi economico-finanziaria e anche a seguito anche del rallentamento dell’economia statunitense, andrebbe anzitutto valutata l’opportunità di adottare una politica di semplificazione normativa, che tenga conto dell’obsolescenza e della rigidità di molte regolazioni UE, a partire da quelle riguardanti l’orario di lavoro, che rischia di trasformarsi da strumento di tutela in un potenziale impedimento rispetto ai vantaggi traibili dalle nuove tecnologie. In tema di occupazione e di sviluppo tecnologico, si suggerisce inoltre alla Commissione di merito di sollecitare il Governo ad effettuare una ricognizione sui provvedimenti legislativi che si discostano dalle direttive dell’UE, in modo da armonizzare la normativa nazionale con quella europea.
Con riferimento all’impegno del Governo di rilanciare la politica industriale per favorirne la competitività, si segnala alla Commissione di merito e al Governo stesso la necessità di un’armonizzazione legislativa a livello comunitario in campo previdenziale e fiscale, nonché in tema di salute e sicurezza dei lavoratori.
In considerazione poi dei mutati scenari economici e sociali, si suggerisce altresì un rafforzamento dell’iniziativa “Agenda per le nuove competenze per l’Europa”, allo scopo di modernizzare i mercati occupazionali attraverso una rivisitazione delle competenze, promuovendo gli investimenti nel capitale umano durante tutto l’arco della vita al fine di sostenere lo sviluppo delle qualifiche in modo da aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, conciliando meglio l’offerta e la domanda di manodopera, anche tramite la mobilità dei lavoratori e sostenendo in generale le politiche attive del lavoro.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL RELATORE SULL’ATTO N. 674
La Commissione lavoro, previdenza sociale, esaminato l’affare assegnato in titolo, premesso che i documenti in esame contengono la tabella di marcia dei lavori delle istituzioni dell’Unione europea e dell’Italia per i prossimi 18 mesi, incentrati sul rilancio dell’occupazione, la crescita economica, la crisi dei rifugiati e i cambiamenti climatici;
valutato che la Commissione europea nel 2016 si concentrerà su una serie di iniziative per combattere la disoccupazione, in particolare quella giovanile e quella di lunga durata, e per promuovere gli investimenti nel capitale umano, nonché per la revisione della Strategia UE 2020 in modo da assicurare la crescita economica e la sostenibilità sociale oltre l’orizzonte temporale del 2020;
sottolineato che il rafforzamento degli interventi per favorire l’occupazione e la crescita, il potenziamento del coordinamento dei sistemi di sicurezza e il sostegno all’inclusione sociale e la lotta alla povertà rientrano tra gli obiettivi del Governo italiano,
esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni.
A livello generale, si auspica che, data la natura degli atti in esame, l’orientamento che emergerà dal dibattito parlamentare possa conseguire una reale incisività sulle decisioni future delle Istituzioni europee. Considerato poi l’andamento negativo del quadro macroeconomico in Europa, a distanza di oltre sette anni dall’esplosione della crisi economico-finanziaria e anche a seguito anche del rallentamento dell’economia statunitense, andrebbe anzitutto valutata l’opportunità di adottare una politica di deregolazione, che tenga conto dell’obsolescenza e della rigidità di molte regolazioni UE, a partire da quelle riguardanti l’orario di lavoro, che rischia di trasformarsi da strumento di tutela in un potenziale impedimento rispetto ai vantaggi traibili dalle nuove tecnologie. In tema di occupazione e di sviluppo tecnologico, si suggerisce inoltre alla Commissione di merito di sollecitare il Governo ad effettuare una ricognizione sui provvedimenti legislativi che si discostano dalle direttive dell’UE, in modo da armonizzare la normativa nazionale con quella europea.
Con riferimento all’impegno del Governo di rilanciare la politica industriale per favorirne la competitività, si segnala alla Commissione di merito e al Governo stesso la necessità di un’armonizzazione legislativa a livello comunitario in campo previdenziale e fiscale, nonché in tema di salute e sicurezza dei lavoratori.
In considerazione poi dei mutati scenari economici e sociali, si suggerisce altresì un rafforzamento dell’iniziativa “Agenda per le nuove competenze per l’Europa”, allo scopo di modernizzare i mercati occupazionali attraverso una rivisitazione delle competenze, promuovendo gli investimenti nel capitale umano durante tutto l’arco della vita al fine di sostenere lo sviluppo delle qualifiche in modo da aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, conciliando meglio l’offerta e la domanda di manodopera, anche tramite la mobilità dei lavoratori.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI CATALFO, PAGLINI E PUGLIA SULL’ATTO N. 674
La commissione 11a del Senato, nell’ambito dell’ Affare assegnato n. 674 – Le priorità dell’Unione europea per il 2016 (Programma di lavoro della Commissione europea per il 2016), Programma di 18 mesi del Consiglio (1° gennaio 2016 – 30 giugno 2017) e Relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea 2016;
considerato che:
a fronte degli impegni programmatici della strategia UE 2020 (tasso di occupazione al 75 per cento per la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni; 3 per cento del PIL la spesa per ricerca e sviluppo;miglioramento dei livelli d’istruzione, in particolare riducendo i tassi di dispersione scolastica al di sotto del 10 per cento;promozione dell’inclusione sociale, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione), gli Stati membri, e l’Italia con essi, hanno registrato risultati deludenti:
– il tasso di occupazione nel 2014 ha raggiunto il 69,2 per cento nell’UE a 28; in Italia il 59,9 per cento;
– la quota di PIL investita nel settore ricerca e sviluppo nell’ UE a 28 è pari al 2,03 per cento del PIL. In Italia la quota risulta pari all’ 1,29 per cento (in calo dello 0,01 per cento rispetto al 2013);
– la quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale nell’UE-28 è aumentata dello 0,7 per cento; in Italia del 3,3 per cento;
– la disoccupazione di lunga durata tra il 2008 e il 2014 è praticamente raddoppiata a livello UE-28, passando dal 2,6 per cento della popolazione attiva al 5,1 per cento;
il Consiglio europeo ha deciso di istituire un Gruppo di Alto livello, composto da membri non eletti ma designati (tra cui il senatore Mario Monti) con il compito di rivedere l’attuale sistema UE delle risorse proprie con le quali si prevede a finanziare il funzionamento dell’UE stessa. Per quanto concerne il lavoro di questo Gruppo si auspica che esso sia finalizzato ad una revisione realmente virtuosa dell’attuale sistema UE delle risorse proprie vigilando che esso non comporti un aggravamento di oneri a carico dei contribuenti europei;
in tema di disoccupazione di lungo periodo, la Commissione ha recentemente presentato una proposta di raccomandazione del Consiglio intesa a sostenere l’inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo (COM (2015) 462) con la quale si intende promuovere gli investimenti nel capitale umano lungo tutto l’arco della vita, che si tratti di formazione professionale, istruzione superiore, competenze digitali e di alta tecnologia. Viene quindi preannunciata una iniziativa (Agenda per le nuove competenze per l’Europa) diretta a promuovere lo sviluppo delle competenze, compreso il riconoscimento reciproco delle qualifiche, a sostenere la formazione professionale e l’istruzione superiore e a sfruttare appieno il potenziale dei posti di lavoro digitali;
tra le proposte attualmente in sospeso, elencate nell’Allegato n. 3, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad una rete europea di servizi per l’impiego, all’accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e ad una maggiore integrazione dei mercati del lavoro COM (2014) 6 è volta a potenziare il portale europeo della mobilità professionale (EURES) e la cooperazione tra i servizi per l’impiego;
a tal proposito, per quanto riguarda il contesto italiano non si può non rilevare come sul tema dei servizi per l’impiego l’Italia sia ancora ben lontana dal pieno raggiungimento degli standard europei. Risulta infimo il numero di operatori (8.000 Addetti, uno ogni 364 Utenti) soprattutto se confrontato con quello dei principali paesi comunitari (64.000 in Germania, uno ogni 49), e neppure le ultime normative nazionali in materia (su tutte il decreto legislativo 14/09/2015, n. 150) sembrano idonee a colmare tale divario. Peraltro la decisione del Consiglio e Parlamento europeo 2013/0202 del 17 Giugno 2013 imponeva all’Italia la riorganizzazione dei servizi per l’impiego nell’interesse pubblico facente capo a ministeri, enti pubblici, o società di diritto pubblico;
l’Implementazione del Programma Europeo “Garanzia Giovani” sul territorio nazionale registra parecchie insufficienze. Nonostante un tasso di disoccupazione giovanile al 38 per cento, con punte del 50 per cento nel sud, secondo l’ultimo rapporto del programma (aggiornato al 4 febbraio 2016) su una platea potenziale di beneficiari di azioni pari a 2,4 milioni, sono solo 955.000 i giovani che si sono registrati al programma (il 39,9 per cento della potenziale platea) di cui soltanto 604.000 (il 63,3 per cento del totale degli iscritti) sono stati presi in carico dai servizi per l’impiego. A 276.000 di essi è stata proposta una misura prevista dal piano (il 28,9 per cento del totale degli iscritti), di cui al 61,6 per cento sono stati avviati a tirocini; il 21,2 per cento sono azioni formative e azioni di accompagnamento al lavoro; il 13,9 per cento sono bonus occupazionali; il 3,1 per cento servizio civile;
così come ha rilevato la Corte dei Conti Europea in un recente rapporto, sembra mancare una valutazione qualitativa delle offerte fatte ai ragazzi a partire da quale sbocco al lavoro hanno prodotto le esperienze lavorative e/o di tirocinio. È necessario, alla luce del dato che vede proprio i tirocini in testa alle offerte fatte ai ragazzi, mettere in campo un attento monitoraggio sugli esiti di queste esperienze per valutarne gli sbocchi lavorativi e, soprattutto, se vi sono stati palesi abusi;
inoltre, come rilevato nello stesso rapporto, è fondamentale per la buona riuscita di Garanzia Giovani, che a monte vi siano servizi per l’impiego efficienti ed efficaci e che vi sia il reale coinvolgimento del mondo delle imprese e della scuola;
purtroppo questa scelta non sembra quella messa in campo, fino ad oggi, dal Governo italiano;
la spesa e gli investimenti in tema di politiche attive e di potenziamento della rete dei servizi per l’impiego resta insufficiente e, assolutamente, sottodimensionata rispetto alle funzioni che vengono assegnate;
appare inoltre necessaria la previsione di interventi specifici per favorire l’occupazione femminile secondo standard minimi comunitari cui tutti gli stati membri siano chiamati ad uniformarsi;
nei documenti in esame si sottolinea l’attenzione delle istituzioni all’equilibrio tra vita professionale e vita privata per le famiglie che lavorano, nella prospettiva di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. In linea con le priorità politiche della Commissione Juncker, il Governo dovrebbe puntare a favorire una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, al fine di aumentare l’occupazione femminile e contribuire al conseguimento del tasso di occupazione totale;
in Italia, tuttavia la struttura economica, l’organizzazione del lavoro, gli stereotipi di genere sono ancora strettamente correlati a quanto lavoro di cura ci si aspetta che venga svolto dalle donne nelle case, al tipo di welfare a cui hanno accesso e alle possibilità che hanno di entrare nel mercato del lavoro. Le donne italiane sono considerate come le principali referenti e responsabili del lavoro domestico e di cura. L’attuale situazione italiana vede ben 2,3 milioni di donne che risultano inattive per motivi di famiglia (di queste il 40 per cento ha un diploma di scuola superiore o un titolo universitario e il 45 per cento vive al sud). Emerge tutta la persistente inadeguatezza dei servizi preposti: il tasso di copertura dei servizi per la prima infanzia risulta inferiore al 13,5 per cento (uno dei più bassi in Europa) ed inoltre a causa delle politiche di austerità molti servizi (tra cui il tempo pieno a scuola, i servizi di assistenza domiciliare agli anziani, ecc.) sono stati tagliati;
appare quindi necessaria un azione coordinata a livello comunitario e a livello nazionale sia per quanto riguarda i servizi per l’impiego, con un accrescimento e una valorizzazione delle competenze in modo da renderle occupabili, sia dal punto di vista dei servizi alla persona;
tutto ciò naturalmente non sarà realizzabile se da parte delle istituzioni sia comunitarie che nazionali non saranno stanziate risorse in misura finalmente adeguata agli obiettivi enunciati;
più in generale i dati sull’occupazione trionfalmente riportati dal Governo italiano dopo l’approvazione del cosiddetto Jobs Act oltre che palesemente sopravvalutati non sono stati accompagnati da una corrispondente crescita in termini di prodotto interno lordo;
nel 2015 con il Jobs Act si sono creati 109.000 nuovi posti di lavoro. Nel 2014, prima della nuova riforma dell’attuale Governo, i nuovi posti di lavoro furono 88.000. In pratica, a fronte di un investimento di 12 miliardi di euro i posti creati sono solo 21.000 in più;
la Legge di Stabilità per il 2015 ha inoltre eliminato uno strumento strutturale molto utilizzato che erano le assunzioni effettuate ai sensi della legge 407/90 per sostituirlo con uno temporaneo. La legge 407/90, che per quasi 25 anni ha rappresentato uno degli incentivi più richiesti ed efficaci, è stata abolita in modo definitivo e sicuramente troppo frettoloso.Occorre ricordare che, questa legge permetteva di assumere disoccupati di lungo periodo (più di 24 mesi) in qualsiasi momento e senza limiti di spesa:prevedeva infatti lo sgravio del 50 per cento e, in alcuni casi, l’esonero totale dai contributi Inps ed Inail per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate in qualsiasi momento;
dalla relazione programmatica emerge che nell’ambito delle politiche volte a favorire l’integrazione europea, l’Italia solleciterà la costruzione di una proposta di sussidio di disoccupazione europeo. Tale misura come affermato dal Ministro Padoan andrebbe a sostituire completamente ogni necessità di “reddito di cittadinanza” o “sostegno alla disoccupazione” gestito dai singoli Governi. I tempi per la sua realizzazione a livello europeo appaino decisamente lunghi. Si ha la sensazione che sia l’ennesimo tentativo di procrastinare una decisione definitiva e concreta del Governo su questo tema;
già la raccomandazione del Consiglio Europeo del 2 giugno 2014 sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia, invitava il Paese a adoperarsi per una piena tutela sociale dei disoccupati e a favorirne la riallocazione e a migliorare l’efficacia dei regimi di sostegno alla famiglia e la qualità dei servizi a favore dei nuclei familiari a basso reddito con figli;
per quanto riguarda il contrasto alla povertà ad oggi sono state attuate misure sperimentali, non omogenee e palesemente inadeguate;
come più volte ribadito per attuare un’efficace ed efficiente lotta all’emarginazione sociale è indispensabile semplificare il welfare e renderlo al contempo più certo ed essenziale, più concretamente presente nella vita dei cittadini molti dei quali sono costretti a sopravvivere al problema occupazionale dovendosi al contempo confrontare con un sistema eccessivamente frammentato e non in grado di fornire certezze;
tra le misure da attuare deve ritenersi compreso il reddito di cittadinanza essendo anch’esso rientrante nel complesso di o misure finalizzate al sostegno del reddito di coloro che si trovano involontariamente in una situazione di non occupazione;
il reddito di cittadinanza, oltre ad essere una misura universale per il contrasto alla povertà è uno strumento di politica attiva del lavoro che assicura, in via principale e preminente, l’autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà ed condizionato all’inserimento lavorativo, alla riqualificazione e alla ricerca attiva del lavoro;
l’Italia e la Grecia sono ad oggi gli unici paesi in Europa a non aver previsto nel proprio welfare misure stabili a contrasto della povertà e dell’emarginazione sociale;
tuttavia la proposta per l’introduzione anche in Italia del reddito di cittadinanza langue da un anno presso questa Commissione, tra continui rinvii ed un inerzia, causata in primo luogo dall’atteggiamento passivo dei partiti di maggioranza, che appare tutt’altro che casuale. Le misure recentemente annunciate dal Governo italiano appaiono più finalizzate a bloccare questa iniziativa che a dare concrete risposte. Esse appaiono infatti insufficienti sia dal punto di vista sostanziale che dal punto dei vista dei soggetti potenzialmente interessati. Per dare reale efficacia la platea degli aventi diritto dovrebbe considerare come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa calcolata nei 6/10 del reddito mediano equivalente pro capite, come peraltro già previsto dal Modello sociale europeo e indicato dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010;
infine, una misura di sostegno al reddito come quella sopra illustrata non può essere disgiunta dall’introduzione in tutti i paesi dell’Unione di apposite legislazioni volte a prevedere un salario minimo secondo una misura che se pure dovrà essere modulata sulla base delle singole situazioni nazionali ma comunque calcolato in maniera da essere almeno superiore del 30 per cento alla soglia di povertà. Anche per tale finalità l’unione deve essere in grado di fornire appositi incentivi anche mediante lo stanziamento di apposite ed adeguate risorse;
esprime, per quanto di competenza, parere contrario.