Il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, venerdì 15 gennaio, ha inviato al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, una lettera in merito all’ “applicabilità del Codice dei contratti pubblici ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua” e alla “qualificazione giuridica” dei fondi stessi.
Al centro della polemica sulla natura pubblica o privata dei fondi, in corso da tempo, anche se mai, prima d’ora, con toni così diretti, l’origine del gettito: il contributo integrativo dello 0,30 per cento delle retribuzioni, soggette, secondo la legge n. 845/1978, all’obbligo contributivo. In pratica i datori di lavoro che aderiscono a un fondo interprofessionale, effettuano il versamento all’INPS che provvede poi a trasferirlo, una volta dedotti i meri costi amministrativi, al fondo indicato dal datore di lavoro. È inoltre lo stesso INPS a disciplinare le modalità di adesione ai fondi e di trasferimento delle risorse agli stessi, nonché a fornire ai fondi le informazioni relative alle imprese aderenti e ai contributi integrativi da esse versati. Infine, per i datori di lavoro che non aderiscono ai fondi, resta fermo l’obbligo di versare all’INPS il contributo integrativo, ma senza la possibilità di accedervi per i servizi di formazione.
Secondo il presidente dell’ANAC, dal punto di vista giuridico, “non vi è dubbio che i fondi siano soggetti di diritto privato, a base e struttura negoziale”, essendo costituiti “a seguito di accordi collettivi di livello interconfederale stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nelle forme tipicamente privatistiche, o del soggetto giuridico di natura associativa, o come soggetto dotato di personalità giuridica privata”. Tuttavia, prosegue Cantone nella missiva, “il dato formale della veste giuridica privatistica dei fondi non è di per sé sufficiente ad escludere la possibilità di qualificare giuridicamente i suddetti fondi come organismi di diritto pubblico, tenuti al rispetto delle procedure di aggiudicazione imposte dal diritto comunitario e nazionale in materia di appalti pubblici, in presenza di una disciplina normativa, come quella richiamata in premessa, che presenta molteplici elementi di pubblicizzazione.
La lunga e dettagliata lettera, infine, sentenzia: “si ritiene che detti fondi possano considerarsi organismo di diritto pubblico. Da tale qualificazione giuridica discendono, come diretta ed immediata conseguenza, da un lato, l’obbligo per i suddetti fondi di applicare la normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici; dall’altro, i poteri di vigilanza dell’ANAC sugli affidamenti di appalti pubblici da essi disposti”. In altre parole, i fondi saranno tenuti ad applicare le procedure di aggiudicazione previste dal Codice dei contratti pubblici e ad essere vigilati dall’ANAC “sia quando selezionano soggetti prestatori di beni e servizi necessari per la loro organizzazione e per il loro funzionamento, sia quando procedono all’affidamento di contratti di formazione professionale che si possa configurare giuridicamente, sotto il profilo oggettivo, come affidamento di appalto pubblico di servizi”.