I quattro paesi del Gruppo di Visegrad (V4), riunitisi oggi a Praga per un vertice dei loro ministri dell`Interno, hanno nuovamente detto no, con un memorandum comune, al sistema delle quote di accoglienza dei profughi proposto dalla Commissione Ue. La loro contrarietà è stata quindi espressa in un documento unitario che i quattro ministri hanno sottoscritto su richiesta del rappresentante polacco, Mariusz Blaszczak; un modo anche per sottolineare come Repubblica ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria, sul tema delle crisi migratoria, vogliono trattare in modo compatto con Bruxelles.
Il cosiddetto blocco dell`Est ha poi posto l’accento sulla necessità di difendere le frontiere esterne della Ue, di rendere efficiente il funzionamento degli hotspot e di attuare la politica dei rimpatri, come comunicato durante la conferenza stampa pomeridiana dal padrone di casa Milan Chovanec, ministro dell`Interno della Repubblica ceca.
In particolare per quanto riguarda gli hotspot – le strutture allestite nei luoghi di arrivo in Ue dei profughi per identificare, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti – il V4 chiede che funzionino anche come centri di detenzione, “dai quali i profughi non possano uscire prima della loro identificazione” ha detto Chovanec.
Al suo fianco il collega slovacco Robert Kalinak, il quale ha confermato che “sarebbe impossibile combattere contro la immigrazione clandestina senza dei centri di detenzione efficienti”. Lo stesso Kalinak ha sottolineato che “gli hotspot devono evitare i casi in cui lo stesso migrante risulta registrato in località diverse con nomi differenti, così come i casi in cui non risultano identificati in alcun modo”. Ha chiesto inoltre che sia ridotto il fenomeno della utilizzazione abusiva dei passaporti siriani contraffatti.
“I nostri quattro paesi continuano comunque a essere contro il sistema delle quote obbligatorie di ricollocazione dei profughi, come abbiamo precisato nel nostro memorandum” ha ribadito Chovanec, precisando che la redazione del documento è stata richiesta dall`omologo polacco Blaszczak, con l`accordo degli altri tre rappresentanti.
Al vertice di oggi non ha partecipato il ministro dell`Interno ungherese Sandor Pinter, sostituito all`ultimo momento dall`ambasciatore a Praga del suo paese, Tibor Peto. Sandor Pinter – secondo quanto dichiarato da Chovanec – è stato trattenuto in patria da questioni di politica interna che ne hanno impedito la partenza.
Al vertice odierno hanno anche partecipato – oltre all`ambasciatore olandese, paese che ha appena inaugurato il semestre di presidenza europea – anche i rappresentanti di Slovenia, Serbia e Macedonia, coi quali si è discusso della possibilità di rafforzare la cooperazione in relazione alla crisi migratoria e alla sorveglianza della frontiere dei Balcani.
Il governo austriaco ha intanto ordinato il dispiegamento di 500 militari al principale valico di frontiera con la Slovenia, per effettuare un controllo sistematico dei migranti in ingresso nel Paese: lo hanno reso noto fonti della polizia austriaca. Il provvedimento si inserisce nel quadro di un dispositivo di rafforzamento delle misure di sorveglianza alle frontiere: il valico di Spielfeld diverrà l’unico punto di transito con la Slovenia e i militari potranno controllare fino a 6mila persone al giorno.
Nel corso del 2015 l’Austria ha visto triplicare il numero di richieste di asilo, numero che ha raggiunto le 90mila unità: circa 36mila sono state già esaminate e 14mila hanno ricevuto una risposta positiva dalle autorità.

























