Il Global Estimate of Forced Labour 2012 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro indica che oltre 21 milioni di persone prestano attività lavorativa sotto minaccia, impossibilitate a lasciare un lavoro svolto sostanzialmente senza alcuna forma di retribuzione.
Nel 68% dei casi questa moderna schiavitù risulta strutturaleallo svolgimento di attività economiche. Su quali mercati se ne riversa il prodotto? Quale la committenza all’origine della filiera produttiva? Che relazioni ci sono tra queste evidenze e le delocalizzazioni che, nelle più diverse forme, abbattono i costi di produzione sfruttando il minor costo di approvvigionamenti da strutture operative in Paesi che non assicurano alcuna tutela del lavoro? Dal crollo del Rana Plaza in Bangladesh, dove in migliaia realizzavano la produzione delle multinazionali occidentali del tessile, ai tanti suicidi negli stabilimenti cinesi che producono per i più noti marchi dell’elettronica, ai casi del distretto del mobile imbottito di Forlì, fino al rogo di Prato e al riemergere del fenomeno del caporalato, vengono gravi e pressanti interrogativi; in primis per il mondo del lavoro, che non sembra trovare risposte da far valere nelle vertenze al ribasso che subisce.
Al giurista d’impresa il compito di cercare di decifrare questa situazione, che solo all’apparenza è da valutare come una conseguenza inevitabile della competizione sul mercato globale, ma che richiede invece di ricercare e tracciare con rinnovati sforzi e strumenti la linea di demarcazione tra ciò che all’imprenditore è consentito e quanto invece deve essergli precluso. La ricerca propone una ricognizione e una lettura sistematica di regole sparse in diversi settori dell’esperienza giuridica – talune frutto di recenti interventi, soprattutto a livello comunitario –, mirata ad implementare un’efficace azione di contrasto, primariamente attraverso un rovesciamento della cinica logica del vantaggio economico legato allo sfruttamento del forced labour.
Francesco Buccellato è ricercatore di Diritto commerciale all’Università degli Studi di Perugia.
Matteo Rescigno è professore ordinario di Diritto commerciale all’Università degli Studi di Milano ed è tra i fondatori dell’Associazione Disiano Preite per lo studio del diritto dell’impresa.
Contributi di: Adriana Addante, Francesca Benatti, Francesco Buccellato, Giuseppe Casale, Alberto Caselli Lapeschi, Paolo Cassinis, Giovanni Domenichini, Vittorio Giorgi, Federico Lenzerini, Stefano Liebman, Antonella Madeo, Matteo Rescigno, Pietro Rescigno, Roberto Sacchi, Caterina Tomba e Giuseppe Tucci.


























