Nel 2014, pure in presenza di un ulteriore calo del Pil, il numero degli occupati ha avuto una “piccola crescita”, dovuta però essenzialmente per effetto dell’aumento del lavoro a termine e del part time involontario.
E’ quanto rileva l’osservatorio sul mercato del lavoro della Cisl, che sottolinea “andamenti poco soddisfacenti sia dal punto di vista quantitativo che soprattutto della qualità del lavoro”.
Il bonus occupazionale e lo sgravio Irap sui rapporti a tempo indeterminato hanno comunque rafforzato le attese delle famiglie sull’occupazione. “Le nuove convenienze per i rapporti a tempo indeterminato dovrebbero nei prossimi mesi rafforzare la stabilità dei rapporti – spiega il rapporto della Cisl – ci sono al momento alcune evidenze in tal senso provenienti da fonti amministrative, che necessitano però di una verifica”. Un’idea più chiara si potrà avere a giugno, quando l’Istat pubblicherà i dati di consuntivo del primo trimestre 2015.
Secondo la confederazione di via Po una serie di fattori pone le condizioni per una ripresa, “ma fino a quando la crescita del Pil sarà bassa, come nelle attese dello stesso Governo, poco si potrà sperare sull’aumento dell’occupazione”. La Cisl indica in una via europea “più favorevole alla crescita” per la ripresa dell’occupazione, mentre “l’Italia deve utilizzare tutti gli spazi di flessibilità”.
Il sindacato guidato da Annamaria Furlan chiede che il bonus per i nuovi assunti sia previsto anche oltre il 2015. “Le obiezioni, che sono state fatte allo strumento, che porterebbe le imprese a licenziare per poi riassumere, non appaiono consistenti in presenza di un’indennità di licenziamento adeguata – aggiunge – soprattutto se vi è un buon investimento in formazione per il nuovo assunto, che rafforza il rapporto tra dipendente e impresa”.
In tema di formazione, la Cisl sottolinea che “la crescita delle competenze degli addetti, la loro esperienza e la formazione specifica nell’impresa costituiscono il miglior salvagente contro il licenziamento, una garanzia per non retrocedere nella propria condizione di lavoro, uno strumento per la realizzazione personale”.
Purtroppo l’Italia era molto indietro per la formazione per gli adulti e in questi anni le distanze con l’Europa si sono allargate. “Cenerentola non sembra aver trovato il suo principe azzurro – dice la confederazione – siamo con un tasso di partecipazione alle attività di istruzione e di formazione per la popolazione tra 25 e 64 anni del 7,6% nel 2014 (6,2% nel 2007), lontanissimi dall’obiettivo fissato per il 2010, che era del 12,5%. Gli altri Paesi, che già erano davanti a noi, hanno ulteriormente accelerato. Se ci abbiamo messo sette anni per arrivare al 7,6% rischiamo di raggiungere il 15% dell’Europa 2020 solo intorno al 2050. Una prospettiva intollerabile per la competitività delle nostre imprese e del sistema.