La stagione contrattuale deve ancora cominciare, ma già le polemiche salgono alle stelle. Archiviato, si fa per dire, il tema dell’aumento salariale (o meglio delle anticipazioni salariali da restituire), nel senso che da parte sindacale si è assicurato che gli impegni saranno rispettati, salvo poi vedere come, adesso si è passati a litigare sul possibile superamento delle regole del Jobs Act. Non è un mistero che i sindacati vogliano usare la chiave contrattuale per rivedere quelle norme. In parecchi lo hanno detto immediatamente dopo l’approvazione della legge, affermando che sarebbero stati proprio i contatti l’arma per ritoccare, magari cancellare per uno o più settori alcune indicazioni della legge. Ma la parte imprenditoriale non sembra assolutamente d’accordo, anzi è stato subito sottolineato che ciò non potrà avvenire.
Il caso è venuto alla luce con il contratto degli alimentaristi. Le trattative sono ancora di là dall’iniziare, ma già Lorenzo Colavita, il vicepresidente di Federalimentare, l’associazione datoriale, ha stoppato una richiesta contenuta nella piattaforma rivendicativa che in vista del rinnovo contrattuale i sindacati del settore di Cgil, Cisl e Uil hanno messo a punto e si preparano ad approvare a fine maggio a Cervia. In questa piattaforma, non ancora definitiva, ma già circolata (Il diario del lavoro la riporta integralmente) si afferma infatti di voler rivedere le norme relative alla videosorveglianza, alla parità dei diritti per lavoratori con contratti differenti, al demansionamento. Colavita è stato esplicito affermando che ad avviso della categoria la riforma del mercato del lavoro costituisce un passo importante per riacquisire competitività, per cui è da escludere qualsiasi revisione di quelle norme.
La trattativa non è ancora iniziata, ma già si complica. Ed è un peccato perché proprio sul contratto degli alimentaristi in molti facevano conto per rasserenare in qualche modo il clima contrattuale. Il settore dell’agroalimentare ha risentito meno della crisi e la speranza di molti è per un rinnovo più facile, sicuramente veloce, magari anche generoso verso le richieste salariali dei lavoratori. Un esito reso più possibile dalla presenza di numerose aziende multinazionali che, si sa, guardano più al sodo, meno ai problemi ideologici. La speranza, specie in campo sindacale, ma non solo, era che ancora una volta questo contratto agisse da battistrada, spianando la strada a una stagione contrattuale nel complesso meno difficile di quanto non si abbia ragione di temere. Le dichiarazioni di Colavita invece spengono in qualche modo questa aspettative anche se solo il confronto diretto, quando avverrà, potrà dare indicazioni precise.
Intanto si rafforzano le indicazioni positive in merito al superamento della fase di crisi più acuta. Le difficoltà permangono, ma i segnali positivi si rafforzano e infoltiscono. Tra tutti quello, cruciale, dell’occupazione. I dati del ministero del lavoro relativi al mese di marzo sono certamente indicativi. In questo mese i nuovi accordi sono stati 641.572, quelli cessati 549.273. c’è un saldo attivo di 92.000 posti di lavoro. Non è cosa di poco conto. Il fatto che questo dato si riferisca al mese di marzo, quello in cui è entrato in vigore il Jobs Act, ha indotto il ministero del Lavoro ad attribuire all’applicazione di questa legge il merito della crescita. In effetti è difficile negare il collegamento, ma forse è bene guardare più da vicino cosa sia effettivamente accaduto. Il merito maggiore resta infatti sempre da attribuire alla defiscalizzazione attuata per 8.060 euro dalla legge di stabilità sui nuovi contratti a tempo indeterminato, una misura molto forte che ha dato senza alcun dubbio una spinta decisiva alla crescita dell’occupazione. Il Jobs Act anche ha influito, indubbiamente, ma non nella stessa misura. C’è infatti da considerare che molte imprese, aspettando le novità, sia dalla legge di stabilità, che dal Jobs Act, per non sbagliare avevano rinviato di qualche mese assunzioni che dovevano fare, per cui in questi primi mesi dell’anno, quando ormai il quadro delle convenienze è divenuto preciso, si sono addensati molti nuovi contratti. Il sindacato, o buona parte del sindacato, contrario alla riforma di Matteo Renzi, nega invece l’importanza di questa crescita, ma con argomentazioni che non convincono. Si fa notare infatti che le assunzioni sono sì cresciute, sia a gennaio che a febbraio e a marzo, ma per effetto di una defiscalizzazione che durerà solo tre anni per poi finire e quindi dare luogo a un’ondata di licenziamenti resi più facili dalle nuove norme. Osservazioni deboli perché comunque è importante che in questo momento le aziende abbiano ripreso ad assumere. Solo per tre anni? Non è detto, sia perché la norma può essere stabilizzata, sia perché in tre anni in un’azienda possono cambiare tante cose, anche un salto di competitività che consenta di mantenere un’occupazione allargata.
Si comincia a capire meglio il senso della decisione salarialista di Sergio Marchionne che ha disposto premi di rendimento che potrebbero portare nelle tasche dei lavoratori nel giro di quattro anni anche più di 10mila euro. Una lunga nota di Fernando Liuzzi su Il diario del lavoro chiarisce il senso di queste decisioni inquadrandole nel più vasto ambito delle relazioni industriali tenute dal Ceo di Fca in questi anni. Sempre su Il diario del lavoro il testo dell’accordo che Marchionne ha raggiunto in merito con i sindacati firmatari del contratto di gruppo.
Contrattazione
Settimana intensa dal fronte delle vertenze industriali. Particolarmente significativo il traguardo raggiunto nel settore dell’industria alimentare, con l’approvazione, da parte dei sindacati di categoria, dell’ipotesi di piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Conclusasi positivamente, con conseguente revoca dello sciopero indetto dai sindacati, la vertenza del gruppo E.On, che conferma la continuità occupazionale per tutti i suoi 900 dipendenti. Buone notizie anche dal fronte tessile; è stato infatti firmato il primo accordo integrativo aziendale di Zara Italia che interessa circa 3500 dipendenti. Per la New Holand, del gruppo Fca, è stato firmato, con la regione Torino, l’accordo per un anno di cassa integrazione per lo stabilimento di San Mauro, mentre per il gruppo Ntv è stato raggiunto l’accordo che scongiura 246 licenziamenti, assicurando il contratto di solidarietà per 929 lavoratori.
La trattativa dell’azienda meccanica Franco Tosi, invece, è a rischio, soprattutto a causa delle nuove regole introdotte dal Jobs act nel mercato del lavoro. Conclusasi con il mancato accordo la vertenza relativa all’azienda di telecomunicazioni Acg, mentre una battuta d’arresto si è registrata in quella relativa all’acquisizione da parte del colosso americano Whirlpool del marchio Indesit, dopo che l’azienda ha confermato il piano che prevede la chiusura di tre stabilimenti.
La nota
All’indomani della prima visita ufficiale del primo ministro italiano a Washington, Nunzia Penelope analizza, mettendoli a confronto, i dati sui due sistemi economici: quello Usa e quello Ue. Maurizio Ricci è invece autore di un articolo di approfondimento su quegli effetti della crisi che ricadono sulla qualità del lavoro, e dei lavoratori, in Italia. Inoltre, Fernando Liuzzi spiega il senso del sistema retributivo voluto da Marchionne per la Fca e basato su due premi salariali relativi al quadriennio 2015-2018.
Interviste
Il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo, in un colloquio con Fernando Liuzzi, spiega i motivi della lettera, inviata alla Fim-Cisl, sulla creazione di una federazione dei sindacati “partecipativi”. Fabiana Palombo ha intervistato, invece, il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli sulla delicata vertenza Whirlpool-Indesit.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il testo dell’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto nazione degli Studi Professionali, il testo dell’accordo quadro del gruppo E.On, il rapporto Istat sulle retribuzioni contrattuali, il testo della Congiuntura Flash di Confindustria, le ipotesi di accordo dell’industria, cooperazione alimentare e panificazione, il testo dell’audizione Panucci (Confindustria) e della Cgil sul Def, il testo dell’accordo di New Holland di San Mauro.