Lavoro nero, bilateralità, previdenza integrativa, made in Italy, burocrazia. Sono questi i punti sui quali il sindacato degli lavoratori agrolientari Uila vuole accendere i riflettori nel corso del V congresso nazionale del sindacato. Il dibattito congressuale, che si terrà dal 27 al 31 ottobre, vuole portare alla luce l’operato del sindacato, che negli ultimi 4 anni, ha portato a casa 16 contratti nazionali, 97 contratti provinciali agricoli, 24 accordi di gruppo e centinaia di accordi aziendali. “Mancano solo altri due contratti – ha dichiarato il segretario generale della Uilca Stefano Mantegazza – che chiuderemo entro novembre e poi possiamo considerare chiusa la stagione dei rinnovi del nostro settore”.
Il segretario, durante la conferenza stampa odiera, non nasconde la soddisfazione di aver chiuso, in un periodo di crisi del paese, tutti i contratti nazionali. Risultato ottenuto, secondo il segretario, grazie a “una forte unità” sindacale. “Non dico che facciamo tendenza, ma sicuramente il nostro lavoro è emblematico delle capacità relazionali del sindacato. Rinnovare i contratti – sottolinea Mantegazza – è una delle ragioni d’essere del sindacato”.
Durante il congresso si discuterà dei problemi legati al lavoro agricolo, come quello della tempistica della semina legata alla possibilità di accedere ai contributi europei riferiti al Pac (Politica Agricola Comune). Inoltre, verranno esaminate le difficoltà burocratiche oggi esistenti per essere riconosciuti come agricoltori attivi. “Per essere riconosciuto come agricoltore attivo – spiega Mangegazza – il lavoratore deve possedere vari documenti, come certificati catastali, dall’Inps, dalla Camera di Commercio, da Age. Il problema è che l’esistenza di questi documenti, in possesso di ogni singolo ufficio pubblico elencato prima, non sono condivisi dai vari enti. In pratica, i vari uffici non sanno dell’esistenza di un documento in possesso dell’altro ufficio, per via di una mancanza di comunicazione, nonostante facciano tutti parte della pubblica amministrazione. Con il risultato che spetta al lavoratore, in caso di controlli, andare personalmente in ogni ufficio a prelevare la documentazione necessaria per dimostrare di essere un agricoltore attivo. E questo non è giusto – sottolinea il sindacalista – non solo perchè viola il buonsenso, ma anche perché si ruba tempo e pure soldi al lavoratore. Provate per esempio a chiedere un documento alla Camera di Commercio: è facile, ma non è gratis”.
Al Congresso, prosegue Mantegazza, si parlerà anche di una proposta, già discussa con il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e sottoscritta da 90 parlamentari, su il marchio made in Italy. “ Vorremmo un marchio – sottolinea il sindacalista – che contraddistingua la produzione effettuata in Italia, che esalti le aziende a Km zero, che favorisca una vera tracciabilità dei prodotti e metta al centro le aziende che rispettano realmente i lavoratori”.
Emanuele Ghiani


























