Era prevedibile che accadesse. Passata la prima euforia, che spingeva tutti a lodare il decisionismo di Matteo Renzi, sono arrivate le critiche. Ed è stato un diluvio. Tutti si sono messi a fare le pulci, a dire cosa manca in quella manovra, chi è stato lasciato da parte, quante coperture difettano. Poi è arrivata l’Unione europea a dire che non andiamo bene per il deficit e il debito e le critiche sono salite di tono, a ricordarci che abbiamo dei doveri e non possiamo far finta di niente. Appunto, tutto scontato.
Del resto, Matteo Renzi a molti non è simpatico, non fa nulla per apparire quello che non è, non poteva che essere così. Ma, per non cadere nello stesso errore, è bene tenere i piedi per terra e valutare per bene cosa ha fatto il governo. Mercoledì è stata varata una grande manovra economica. Che ha toccato moltissimi argomenti e innovato tante materie, anche profondamente. Non è stata una manovra classica, come negli anni se ne sono viste tante, questa non ha tolto, non ha aumentato le tasse, ha dato, ha restituito. Soprattutto ha fatto sperare e sognare. E per un paese che è al sesto anno di crisi, che vede crollare l’occupazione, che non riesce a imboccare la via della ripresa, come invece hanno fatto altri, nostri concorrenti, non è davvero cosa sa poco.
Ma il mugugno come sempre vince. Siamo diventati tutti genovesi. Vai a Genova e fa qualcosa di buono, regala anche qualcosa, ai genovesi non andrà mai bene, mai fino in fondo, avranno sempre da criticare, appunto, da mugugnare. Ma così non solo si vive male, ma non si coglie il bene che ci viene dato e si rischia anche di perdere per questo delle opportunità. E’ il rischio che corriamo anche noi.
Il governo mercoledì ha deciso cose di grande rilevanza. Ha disposto perché a tutti coloro che guadagnano fino a 1.500 euro arrivino nel giro di un anno 1.000 euro in più in busta paga, che sono 80 euro al mese in più. Dato che chi guadagna fino a 1.500 euro non se la passa bene, fatica ad arrivare alla fine del mese, quando ci arriva, avere qualche decina di euro in più al mese può fare la differenza. E soprattutto consente un innalzamento dei consumi, arrivati a minimi storici.
Sarebbe bastato questo per dover esprimersi in termini più che lusinghieri. Ma non è finita qui, tutt’altro. Renzi ha dato una scossa alla spesa pubblica mettendo risorse vere a disposizione di chi vuole ristrutturare le scuole e lavorare per il riassetto idrogeologico. Tutti si lamentano che le scuole sono fatiscenti e il territorio devastato, bene, l’esecutivo ha fatto qualcosa, dando così anche l’opportunità di imprimere una svolta all’edilizia, la grande malata della nostra economia, il settore che più ha sofferto dalla crisi.
Ma, a favore delle imprese, ha fatto ancora di più. Ha disposto la riduzione dell’Irap del 10% e, sempre del 10%, ha promesso di ridurre il costo dell’energia, appunto a favore delle imprese. Ha disposto delle risorse anche a beneficio delle aziende del terzo settore, quelle, non è un caso, che negli anni della crisi hanno continuato ad assumere e anche in percentuali importanti. E riducendo la cedolare secca per gli affitti dal 20 al 10% ha ridato fiato al mercato immobiliare, anche questo al suo minimo storico.
Non ha alzato le tasse, tranne che in un solo caso, ha aumentato la tassazione sulle rendite finanziarie, dal 20 al 26%. Monti aveva già fatto un passo in questa direzione, aumentando l’imposta dal 13 al 20%: Renzi è andato avanti, portando la tassa ai livelli dell’Europa. Una misura che tutti indistintamente, tranne i possessori di grandi capitali, chiedevano da tempo. Ha favorito salari e profitti a scapito delle rendite.
Io credo che sia una massa di misure impressionante, che proprio per questo debbano essere lodate. E non è un caso se nella prim’ora le lodi siano giunte da destra e da sinistra, dal lavoro come dall’impresa. Viene da chiedersi perché finora tutto ciò non è stato fatto, perché i governi precedenti non hanno avuto la capacità di imprimere una svolta del genere. Eppure abbiamo avuto presidenti del consiglio bravi, capaci certamente, desiderosi di far bene. Evidentemente non bastava aver voglia di cambiare, qualcosa loro mancava.
Davanti a interventi così ampi non ci si può poi lamentare se qualcosa non funziona o sembra non funzionare. E’ evidente che in alcuni casi di tratta di annunci, che per altri provvedimenti non ci sono gli articolati già pronti, ma non è questo un giustificato motivo per criticare la manovra. Le azioni verranno, gli articolati saranno presentati, importante è aver indicato il senso di marcia, aver detto cosa si vuole fare. Del resto, nelle prime settimane di governo Renzi ha già mostrato di saper far seguire l’azione alla parola, alla promessa. Forse basta solo saper attendere. Il premier ha detto che su queste misure lui misurerà la sua attività politica, che è pronto ad abbandonare se fallirà. In passato ci siamo accontentati di molto meno. Abbiamo creduto a Giulio Tremonti quando con Berlusconi ci diceva che tutto andava bene e l’Italia era forte, abbiamo consentito a Mario Monti di avvilirci con manovre quelle davvero lacrime e sangue, possiamo bene permettere a Renzi di farci sperare di aver finalmente cambiato passo.
L’impossibilità di comunicazione tra Renzi e i suoi critici sono spiegati bene nell’Opinione che Il diario del lavoro pubblica di Rino Caviglioli, che descrive i misteri della retorica del sogno.
Il diario del lavoro naturalmente ha seguito con grande attenzione l’iter della manovra del governo, pubblicando il testo del documento presentato da Palazzo Chigi e riferendo delle diverse prese di posizione che sono seguite. In un resoconto dell’andamento di un workshop della Federazione dei cavalieri del lavoro ha anche dato notizia del giudizio, molto positivo, che in questa occasione hanno espresso il neopresidente dei cavalieri del lavoro Antonio D’Amato e Maurizio Sacconi. Da rilevare anche l’editoriale firmato da Massimo Mascini sul rapporto, subito difficile, tra il governo Renzi e le parti sociali.
Prima delle indicazioni su quanto Il diario del lavoro ha pubblicato in tema di contrattazione ed altro, vogliamo ricordare a tutti che domenica prossima alle 15 a Roma all’Auditorium della Musica verrà presentato l’Annuario del lavoro 2013 nell’ambito della bellissima iniziativa culturale Libri Come, curata da Marino Sinibaldi. La presentazione sarà effettuata da Massimo Mascini, Mimmo Carrieri e Marco Marazza. Tutti sono invitati a partecipare.
Contrattazione
E’ stato firmato nel corso della settimana un accordo sul tema del welfare firmato dalla Selex Es con l’Ugl metalmeccanici. Sempre nel corso della settimana la Electrolux ha confermato i contratti di solidarietà per tutti gli stabilimenti, compreso quello di Forlì; Federalberghi e la Rete nazionale degli istituti alberghieri hanno formato un accordo per la realizzazione di un’alternanza scuola lavoro e favorire l’occupazione giovanile; è stato sottoscritto anche un protocollo per intraprendere azioni comuni a sostegno dell’edilizia sostenibile tra l’Ordine degli architetti e i sindacati delle costruzioni.
Opinioni
Tre le opinioni pubblicate in settimana da Il diario del lavoro. Oltre a quella di Rino Caviglioli, un approfondimento di Maurizio Ricci sul divario di inflazione tra Italia e Germania, dal quale si rileva le difficoltà del nostro paese nell’eliminare il gap esistente in tema di produttività. Ancora, la rilevazione, a cura di Fernando Liuzzi, del parallelo tra l’iniziativa per la casa di Matteo Renzi e i precedenti del Piano del lavoro di Di Vittorio e dell’azione di Roosevelt per uscire dalla grande depressione degli inizi degli anni trenta.
Documentazione
Oltre alla documentazione della manovra, le slides presentate in conferenza stampa da Matteo Renzi e il documento integrale di Palazzo Chigi, su Il diario del lavoro è possibile leggere la bozza dell’Accordo di partenariato mandate in novembre a Bruxelles dal governo Letta, il report di un’analisi condotta da Ipsos per lo Spi Cgil sulle priorità dei pensionati del nostro paese e il verbale dell’accordo del rinnovo del contratto nazionale lapidei piccola industria.