Michel Martone è stato viceministro del Lavoro nel governo di Mario Monti. Spesso al centro di polemiche, per sue uscite che sono state criticate, ha fatto scalpore il suo rapporto almeno burrascoso con la ministra Elsa Fornero. Ha accettato di parlare della sua esperienza con Il diario del lavoro, indicando tra l’altro l’opportunità di un intervento per modificare la riforma del mercato del lavoro dove si riferisce alla flessibilità in entrata, procedura a suo avviso troppo burocratica. Ma non cambierebbe l’ossatura della riforma. Il paese, dice, deve guardare avanti,
Martone, come si sente adesso che questa avventura è terminata?
Più leggero, di colpo i problemi che devo affrontare sono più piccoli, soprattutto si sono ridotte le responsabilità. Più consapevole delle difficoltà delle persone e del paese. E più esperto dei meccanismi della politica e del funzionamento della macchina statale. Come hanno riconosciuto gli stessi funzionari del Parlamento, credo di essere diventato un esperto di regolamenti parlamentari.
Insomma, una bella esperienza?
Di più, una straordinaria esperienza di vita. E’ stato un grande onore servire il mio paese.
E’ stato molto faticoso?
Molto duro, mi ha colpito non tanto la fatica necessaria ad affrontare questioni complesse come quelle che ho dovuto gestire, quanto la loro durezza. Ho potuto sperimentare in prima persona che il bello e il brutto del diritto del lavoro è che riguarda da vicino la vita delle persone, di migliaia, anzi di milioni, di persone.
Che giudizio ha tratto dell’operato del governo e del ministero del Lavoro?
Il governo ha avuto il merito di affrontare i problemi del paese chiedendo agli italiani sacrifici inevitabili per difendere la ricchezza costruita in 60 anni di vita repubblicana. Quando si è insediato il governo Monti lo spread aveva superato quota 500 e dovevamo convincere i partner europei a venire in soccorso del nostro paese per contrastare la speculazione finanziaria. Ora, che si è insediato il governo Letta, lo spread è sotto quota 250, si sta già parlando di “stoppare” l’Imu e le trattative per far cambiare linea politica all’Europa sembrano a buon punto.
Ha commesso anche errori.
Oltre a quello della comunicazione, perché non siamo stati in grado di spiegare adeguatamente le ragioni per le quali stavamo chiedendo tanti sacrifici agli italiani, l’errore principale è stato quello di non chiedere alla politica sacrifici analoghi a quelli richiesti agli italiani. Doveva essere fatto subito, quando è stato varato il decreto Salva Italia.
E il ministero del Lavoro?
Abbiamo lavorato tantissimo, con risultati più o meno buoni. La riforma delle pensioni è stata importante, è la prima riforma delle pensioni che non scarica sulle nuove generazioni il costo dei diritti garantiti alle precedenti, ma anche dura e, in alcuni casi sbagliata, come dimostra la vicenda degli esodati.
E quella del mercato del lavoro?
Ha avuto un pregio, quello di intaccare alcuni tabù, e un difetto, di essere troppo burocratica e pro ciclica. In un momento di recessione, in cui aumentava la disoccupazione, ha reso più complesse le assunzioni pensando che questo potesse essere sufficiente per combattere la precarietà,. Insomma, la parte della flessibilità in entrata è troppo farraginosa.
Lei ha detto alla Fornero queste cose?
Certo, ma il potere di indirizzo politico spetta al ministro, che non ha ritenuto di condividerlo con me.
Ma lei era un viceministro.
Si, ma in un momento di crisi così drammatico, ho ritenuto che fosse giusto rispettare il ruolo del ministro, come peraltro mi veniva richiesto. Ho seguito tutta l’attività parlamentare della riforma delle pensioni e di quella del mercato del lavoro, in quest’ultimo caso di trattava di un disegno di legge e ho trattato personalmente tutti gli emendamenti, 1.800 al Senato, 1.500 alla Camera, cercando di migliorare per quanto possibile la riforma, anche grazie al contributo delle straordinarie competenze presenti nelle commissioni, ex ministri, esperti ed importanti sindacalisti. E’ stato un dibattito che mi ha arricchito molto, sotto il profilo umano e professionale.
Si è parlato di un rapporto burrascoso tra lei e la Fornero.
In effetti ho dovuto aspettare mesi per avere le deleghe. Lei non ha ritenuto opportuno ascoltare i miei consigli e io ho pensato che, di fronte alla gravità e all’urgenza dei problemi degli italiani, non ci fosse spazio per una polemica pubblica Fornero-Martone. Per il resto abbiamo avuto un rapporto di leale collaborazione, come era necessario che fosse.
Adesso si vuole rivedere la riforma del mercato del lavoro. Lei che farebbe?
Credo siano necessari dei correttivi per la flessibilità in entrata, per semplificare le assunzioni, e che debba essere risolto il problema degli esodati. Per il resto credo che il paese debba andare avanti e non tornare indietro.
Lei ha seguito anche vertenze importanti al ministero.
Dopo i primi sei mesi, nei quali ho seguito l’iter parlamentare delle riforme, ho potuto dedicarmi alla gestione delle crisi aziendali e alle trattative per il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro.
Ed è stato interessante?
E’ stata la parte più difficile e costruttiva di questo lavoro. Mi ha dato l’occasione di confrontarmi direttamente con i problemi durissimi delle persone. E in diverse occasioni, grazie al senso di responsabilità delle parti sociali, siamo riusciti a dare risposta ai problemi concreti dei lavoratori. Conserverò gelosamente le loro lettere di apprezzamento.
Quindi un’attività di grande soddisfazione?
Per me è stata una grande esperienza professionale e di vita, che mi ha dato modo di conoscere un’Italia che non ha paura della globalizzazione, che di fronte ai problemi si rimbocca le maniche e va avanti. Un’Italia di cui i media parlano troppo poco.
Una delle tante vertenze che ha seguito?
Quella dell’Ilva, dove, grazie alle parti sociali, siamo riusciti a scongiurare cassa integrazione e licenziamenti sottoscrivendo con tutti i sindacati un innovativo contratto di solidarietà difensiva che ha spalmato tra tutti i lavoratori il sacrificio della riduzione d’orario necessaria a far partire i lavori di bonifica degli impianti. Un accordo che minimizza i sacrifici dei lavoratori che se, da un lato, hanno accettato una maggiore flessibilità delle mansioni, dall’altro, faranno formazione durante le pause di lavoro e potranno controllare gli investimenti dei Riva, per essere sicuri che si facciano davvero.
E dei contratti nazionali di lavoro? Quale è stato il più interessante?
Forse quello del trasporto pubblico locale. Una trattativa complessa, per il rinnovo di un contratto scaduto da più di cinque anni, per la quale erano state fatte 326 ore di sciopero nazionale. Ci abbiamo lavorato per mesi, siamo riusciti a evitare gli ultimi tre scioperi nazionali, a novembre, dicembre e febbraio scorsi e l’abbiamo chiusa l’ultimo giorno di governo, con le parti sociali sedute nel mio ufficio sugli scatoloni pronti da portare via. E’ stata una corsa, ma dovevamo chiudere la vertenza, era troppo alta la paura che si aprisse con il nuovo governo un nuovo ciclo, che magari avrebbe rimescolato tutte le carte. E abbiamo fatto un buon accordo, che ha dato 700 euro ai 116mila lavoratori del settore e che consentirà una lotta serrata all’evasione tariffaria, i cui proventi andranno ai lavoratori come premi di produttività.
Martone, lei in questi 18 mesi è stato al centro di tante polemiche e ha ricevuto tanti attacchi, anche personali.
Credo sia questo il prezzo da pagare per chi ricopre una carica di grande responsabilità. E io, per la mia giovane età, ero forse l’anello debole della catena. Quello che mi è dispiaciuto è che per contrastare le mie idee hanno attaccato la mia persona con falsità che sono finite persino sulle prime pagine dei giornali. Falsità che, purtroppo, hanno avuto più risalto del positivo esito di trattative difficili, complicate e importanti per migliaia di persone e per il paese. Detto ciò, credo che il lavoro abbia pagato. Sono mesi che non leggo più quelle falsità.
Massimo Mascini