L`inserimento lavorativo degli immigrati in un mercato del lavoro profondamente mutato e caratterizzato da livelli crescenti di precarietà e segmentazione, non è più sufficiente a garantire livelli soddisfacenti di integrazione e coesione sociale. È quanto emerge da uno studio del Cnel e del ministero del Lavoro, ‘Dall`ammissione all`inclusione: verso un approccio integrato?’.
Dalla ricerca emerge che “ha preso invece gradualmente piede l`idea che un grado minimo di comunanza culturale e di padronanza della lingua del paese di destinazione fosse un requisito essenziale ai fini della ‘integrabilità'”. I requisiti individuali determinanti ai fini dell’acquisizione della cittadinanza variano profondamente da un paese all’altro.
“La conoscenza della lingua è considerata decisiva da una quota importante di tedeschi, ma solo da una piccola di italiani e spagnoli. Per converso, non deve sorprendere che il rispetto delle leggi sia ritenuto essenziale da robuste maggioranze nei due paesi mediterranei i quali, pur non essendo noti per un particolare attaccamento al principio di legalità, conoscono tassi elevati di immigrazione irregolare. In generale l’affinità culturale è percepita come un attributo decisivo da meno del 15% degli europei e l’anzianità di residenza è percepita un pò dappertutto come scarsamente influente”. (LF)
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