Stamane, delegazioni di donne dei sindacati, partiti, associazioni, comitati Senonoraquando hanno consegnato ai prefetti di tutta Italia una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, al ministro del Lavoro, ai presidenti di Camera e Senato e a deputate e senatrici per chiedere un intervento legislativo urgente contro il fenomeno delle dimissioni in bianco. Cioè le dimissioni fatte firmare al momento dell’assunzione ma senza data, una pratica che colpisce soprattutto le giovani donne ma non solo. Hanno aderito all’appello già 188 donne del sindacato, del mondo dell’informazione, della cultura, della politica, delle istituzioni e della società civile: “188 donne per la legge 188 (la legge del 2007 contro le dimissioni in bianco, approvata da un ampio arco di forze politiche, ma poi abrogata dal Governo Berlusconi a pochi mesi dall’entrata in vigore)”.
“Grazie all’impegno delle donne, finalmente, è maturata una grandissima condivisione nel
dibattito pubblico intorno alla legge contro le dimissioni in bianco, provata dalla piena accoglienza della nostra iniziativa “188 firme per la legge 188”. Questo il commento di Liliana Ocmin, segretario confederale Cisl, rilasciato al termine della conferenza stampa delle 14 firmatarie dell’appello ‘188 firme per la legge 188′, promosso per chiedere norme efficaci contro le dimissioni in bianco.
“Noi donne del sindacato, del giornalismo, della società civile, della politica, noi che abbiamo promosso quella legge nel 2007- continua Ocmin- chiediamo al Presidente del Consiglio, ai Presidenti di Camera e Senato, alla Ministra Fornero ed alle parlamentari di tutti i gruppi presenti alla Camera ed al Senato, di assumere un impegno concreto per un intervento legislativo urgente ed efficace contro le dimissioni in bianco. Chiediamo norme che prevengano e contrastino l’abuso nei confronti di giovani lavoratrici e lavoratori al momento dell’assunzione quando capita che venga richiesto loro di firmare una lettera di dimissioni volontarie, definite ‘in bianco’ perché senza data, messa successivamente, per mandare via la lavoratrice o/e il lavoratore di fronte ad una gravidanza, un matrimonio, un infortunio, una lunga malattia o perché terminato il periodo di incentivi per la loro assunzione”- conclude Ocmin.