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Home - Approfondimenti - Analisi - Il contratto è davvero “a rischio”?

Il contratto è davvero “a rischio”?

22 Novembre 2011
in Analisi

1. La “nobiltà operaia” contesta UAW?
Riprendendo una notizia pubblicata nei giorni scorsi dal «Detroit Free Press» anche la stampa italiana ha parlato di possibili rischi per la validità della ratifica del nuovo contratto di lavoro Chrysler. In particolare «Il Manifesto» non si è lasciato sfuggire l’occasione per mettere in evidenza che “mentre in GM e in Ford tutto è andato liscio” l’ultimo dei rinnovi contrattuali del settore automobilistico USA, quello siglato fra Chrysler e UAW il 12 ottobre e ratificato il successivo 26 ottobre dai lavoratori iscritti al sindacato, avrebbe invece “aperto questa volta una contraddizione dentro il sindacato dei metalmeccanici americani (…). È una storia che potrebbe portare anche a cancellare l’intesa e a precipitare la vicenda in un lungo e costoso arbitrato per azienda e lavoratori”.
La storia, in breve, è questa. Un gruppo di oltre 200 operai specializzati ha sottoscritto un ricorso contro la decisione dell’esecutivo di UAW di considerare ratificata l’ipotesi di accordo senza tener conto che la maggioranza degli operai specializzati (gli skilled trades, considerati la “nobiltà operaia”) aveva votato contro.
È comprensibile l’attenzione con la quale viene seguita nel nostro Paese l’avventura americana della Fiat, e che possa quindi “fare notizia” la prospettiva della possibile riapertura delle trattative di un rinnovo contrattuale reso complesso dall’esigenza condivisa tra le parti di non pregiudicare il non ancora del tutto consolidato equilibrio finanziario dell’azienda; ed è di indubbio interesse la scoperta che anche all’interno del sindacato che piace tanto a Marchionne emergano problemi di democrazia sindacale. È tuttavia indispensabile qualche approfondimento.
Non va innanzitutto dimenticato che, come detto, a differenza di GM e di Ford, Chrysler non ha ancora del tutto superato la crisi finanziaria dalla quale aveva rischiato di essere travolta, e che sul suo stato di salute gravano gli oneri assunti per il pagamento del prestito che le ha consentito di evitare la bancarotta. A ciò si deve la maggior prudenza, rispetto ai rinnovi GM e Ford, nelle concessioni economiche (sia dal punto di vista dell’entità del bonus, sia da quello delle modalità di erogazione in due tranches) proposte dall’azienda e accettate dal sindacato; i conseguenti malumori tra i lavoratori per il rinnovo economico; e le reazioni negative che hanno accompagnato il concreto avvio della radicale rivisitazione del sistema classificatorio degli operai specializzati (Skilled Trades Rationalization) per la quale azienda e sindacato si erano impegnati con il Governo per garantire la riduzione del costo del lavoro.
E sono proprio queste le motivazioni del voto contrario degli specializzati: i modesti benefici economici e la ridefinizione del sistema di classificazione; anche se per quanto riguarda quest’ultimo si tratta, come detto, di un accordo attuativo di un impegno incluso nelle intese per il risanamento nel 2009, e come tale già a suo tempo ratificato dai lavoratori.

2. Qualche dato, numerico ma non solo
I lavoratori delle unità produttive Chrysler delle quali UAW ha la rappresentanza sono in totale circa 26.000. Per essi sono previsti due distinti contratti di lavoro: quello per i 3.000 tecnici e impiegati (che hanno approvato l’ipotesi di accordo a larga maggioranza: 68,80% “sì” contro 31,20% “no”) e l’altro per i 23.000 operai. Anche l’ipotesi di rinnovo del contratto per gli operai è stata approvata a maggioranza, ma il margine fra i “sì'” (54,75%) ed i “no” (45,25%) è molto più ridotto; se poi si concentra l’attenzione sulla volontà espressa dai 5.000 operai specializzati la situazione si rovescia: i “no” sono il 55,59% mentre i “sì” sono in minoranza (44,41%): un risultato però che in valore assoluto, per il numero dei voti espressi, non è sufficiente a ribaltare quello favorevole espresso dalla maggioranza dei 18.000 operai comuni; comunque non irrilevante, dato che si tratta dell’élite operaia.
È vero che negli Stati Uniti le decisioni relative alla rappresentanza sindacale ed alla contrattazione collettiva si prendono a maggioranza semplice, ma è anche vero che lo Statuto UAW prevede – a tutela degli interessi specifici di questa minoranza – che il voto degli specializzati venga conteggiato “a parte” al fine di evitare che la maggioranza approvi un contratto che contenga norme che li riguardano in modo diretto ed esclusivo e alle quali sono in maggioranza contrari.
È per questo che, subito dopo aver raccolto e registrato i dati del voto, l’organismo esecutivo di UAW International ha svolto un’inchiesta tra i lavoratori per accertare le motivazioni di chi ha votato contro, e ne ha dedotto che si trattava di motivazioni economiche a carattere generale. Non riguardando lo status degli operai specializzati o una disciplina ad essi riferita, la loro contrarietà è stata giudicata non rilevante. E così ha accertato l’avvenuta ratifica e ha provveduto a notificarla a Chrysler.
Questo è il punto su cui verte il ricorso presentato da George Windau e da altri 226 operai specializzati appartenenti a Autoworker Caravan: un gruppo di dissidenti, lavoratori e pensionati UAW. Su di esso dovrà pronunciarsi l’organismo al quale è stato presentati il ricorso, una sorta di collegio dei probiviri al quale è affidato il compito di esaminare le controversie sull’applicazione delle norme statutarie.

3. Il rinnovo Chrysler-UAW 2011 e sue particolarità rispetto ai rinnovi GM e Ford
Al di là del pur prevedibile esito del ricorso, esso ben rappresenta la difficile posizione del sindacato UAW di fronte a scelte difficili tra democrazia interna e partnership con l’impresa. Se il punto di equilibrio, non senza difficoltà, è stato individuato per i rinnovi sottoscritti con GM e con Ford, è logico che qualche problema in più si sia manifestato nelle trattative con Chrysler e nella loro conclusione.
Non vi è dubbio che i lavoratori della Chrysler sono quelli che hanno dovuto sopportare i maggiori sacrifici nella fase del salvataggio dalla bancarotta nel 2009, e che saranno gli unici tra i lavoratori delle Big Three a beneficiare solo parzialmente della migliorata situazione del mercato dell’automobile: se è vero infatti che il debito contratto con il Governo federale è stato ripagato (e con notevole anticipo sulla scadenza), è indubitabile che ciò ha richiesto un notevole impegno economico e finanziario, anche a carico dei lavoratori.
E in effetti il contratto collettivo Chrysler-UAW 2011, sia pur nel rispetto delle linee guida per il rinnovo del contratto definite a livello di settore, è risultato significativamente diverso dagli altri contratti che UAW ha sottoscritto con Ford e General Motors.
Il metodo del pattern bargaining – sia pur garantendo omogeneità di approccio ai problemi, una tendenziale uniformità nelle soluzioni e limitando gli effetti di una possibile gara al ribasso fra le imprese sul costo del lavoro – risente e, da un altro punto di vista, consente di tener conto delle differenze aziendali entro un quadro definito dalle caratteristiche del settore e del mercato di riferimento.
Si tratta d’altra parte di veri e propri contratti aziendali, negoziati tra controparti entrambe “aziendali”, anche se si tratta di aziende di grandissima dimensione e di un sindacato presente sull’intero territorio americano. La logica con la quale qui si affrontano i problemi non è quella del settore, e neppure quella politica generale, ma essenzialmente quella della rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
I caratteri distintivi del contratto Chrysler derivano, dunque, dalla diversa ability to pay dell’azienda, dall’esigenza di rispettare le condizioni imposte dal Governo federale per la concessione del prestito, ma anche dalla necessità di valorizzare l’apporto “non monetario” di Fiat al capitale azionario Chrysler. Quest’ultimo tratto è quello che più avvicina il caso Chrysler all’esperienza italiana.
Il primo elemento ha inciso sugli aspetti più propriamente economici del rinnovo del contratto e del trattamento dei lavoratori (investimenti e posti di lavoro, aumenti salariali, politica di sourcing, protezione sociale). Al secondo si deve la contestata applicazione del nuovo sistema di classificazione per gli operai specializzati. Mentre il terzo elemento si è tradotto nell’introduzione in azienda del nuovo sistema di produzione, il World Class Manufactoring (WCM), nella versione brevettata Fiat, uno dei punti di forza dell’apporto italiano al rinnovamento di Chrysler.
Ma consideriamo in modo più analitico questi tre aspetti.

4. I contenuti economici del contratto Chrysler (investimenti e posti di lavoro, aumenti salariali, politica di sourcing, protezione sociale)
È questa, come già detto, la parte per la quale il rinnovo Chrysler è meno dissimile da quelli di GM e Ford. Anche qui al primo posto sono gli investimenti e i nuovi posti di lavoro che l’azienda si è impegnata a effettuare nell’arco di vigenza del contratto: 4,5 miliardi di dollari e 2.100 posti di lavoro, cioè poco più del 10% dei circa 20.000 nuovi posti di lavoro acquisiti – secondo stime UAW – nel settore dell’automobile con questa stagione di rinnovi.
Ed anche qui i riconoscimenti economici hanno assunto prevalentemente la forma di erogazioni una tantum. La principale di esse è però in due soluzioni: alla prima – certa ed immediata – di 1.750 dollari se ne potrà aggiungere una seconda di pari importo se e quando verrà raggiunta una condizione di equilibrio finanziario misurata in termini di Ebitda. Anche le altre erogazioni previste nel contratto sono soggette a condizione: alcune hanno assunto la forma di premi legati al raggiungimento di obiettivi di qualità (importi da 500 a 1.000 dollari collegati a diversi livelli di risultato previsti dal sistema World Class Manufacturing del quale si dirà più avanti) o di particolari livelli di performance (1.000 dollari), o ne è collegata la corresponsione all’andamento dei profitti dell’impresa (fino ad un massimo di 2.500 dollari); un ulteriore premio di assiduità (attendance bonus) a carattere individuale (300 dollari a persona) per tutti quelli che rispettano l’orario di lavoro.
Se i trattamenti economici hanno tenuto quindi conto delle dell’ability to pay di Chrysler, il sindacato UAW non ha invece fatto sconti sul trattamento dei lavoratori assunti dopo il 2007: anche in Chrysler la loro paga oraria arriverà gradualmente a 19,28 dollari, e sono state effettuate operazioni di riallineamento dei trattamenti di assistenza sanitaria, di assicurazione sulla vita ed invalidità, nonché per le assenze retribuite, come in GM e Ford. Qui si tratta però di un onere rilevante (e con non trascurabili effetti sul costo fisso del lavoro) dato che la quota dei lavoratori New Hire Chrysler è notevolmente più elevata di quanto non sia in GM ed in Ford.
Segnali di una relativa inversione di tendenza in tema di sourcing si riscontrano anche qui: nel Memorandum d’intesa è stato confermato il metodo del confronto preventivo sulle decisioni di esternalizzazione delle attività (outsourcing) e si è ribadito l’impegno ad effettuare, alla scadenza dei relativi contratti di appalto, una valutazione comparativa di convenienza che possa dar luogo a decisioni di insourcing per attività di manutenzione e servizi oggi affidati all’esterno.
Last but not least, la protezione sociale. Anche in Chrysler si è provveduto a rifinanziare l’indennità aziendale di disoccupazione involontaria, a migliorare le prestazioni fornite dal fondo sanitario ed a ripristinare il programma di finanziamento per borse di studio che era stato sospeso nel 2007. Ma qui – a differenza di GM e di Ford (che pare ci avessero provato …) – Chrysler ha fatto inserire una sua dichiarazione circa la possibile futura esigenza di rivedere il piano pensioni – al quale oggi hanno accesso anche i familiari dei dipendenti – per ridurre il rischio finanziario, ovviamente solo se la situazione aziendale lo renderà necessario.

5. Il nuovo sistema delle qualifiche degli operai specializzati
Tra gli impegni definiti nel 2009 per ridurre il costo del lavoro, Chrysler aveva indicato anche, in accordo con il sindacato, l’introduzione di un nuovo e meno oneroso sistema di classificazione da applicare agli operai specializzati.
In applicazione di quell’impegno, con il rinnovo 2011 si è dato avvio ad un progetto di valutazione delle competenze e di formazione del personale operaio, da concludersi entro il 14 settembre 2014, data di scadenza del contratto collettivo appena ratificato. Gli operai specializzati saranno allocati in 3 gruppi professionali omogenei (Electrical, Mechanical, Tool & Die Technician Classification) in cui sono raggruppate 14 figure professionali; al di fuori dei gruppi sono previste 12 specifiche figure professionali (Stand Alone Classifications). 27 figure professionali previste dal precedente sistema di classificazione verranno eliminate ed i lavoratori interessati saranno riclassificati nei nuovi gruppi professionali come Journeyman se in possesso dei requisiti di esperienza e di formazione necessari (8 anni di esperienza nel mestiere o acquisizione di qualifica coerente in un formale percorso di apprendistato); in caso contrario potranno accedere ad un programma di apprendistato per ottenere la qualifica necessaria oppure restare nella qualifica esistente fino all’uscita agevolata.
Si capisce quindi come mai la maggioranza degli operai specializzati abbia votato contro l’ipotesi di accordo che conteneva un progetto orientato non già alla valorizzazione della loro professionalità, ma ad aumentare la flessibilità di impiego ed a ridurre i costi.
Si tratta per il sindacato di una materia assai delicata, perché la gestione del mercato interno del lavoro degli operai specializzati ha un ruolo assai importante nella definizione del potere del sindacato americano e di UAW. Negli Stati Uniti i percorsi di apprendistato, la formazione professionale nonché le procedure di accesso alle occasioni di lavoro (placement) – ovviamente nelle unità produttive dove la maggioranza dei lavoratori ha votato a favore della rappresentanza sindacale – sono materie nelle quali il sindacato svolge un ruolo attivo, in alcuni casi esclusivo, in altri casi attraverso una gestione congiunta sindacato-impresa. Quanto a Chrysler e UAW, l’apprendistato è gestito da organismi a partecipazione mista: una Commissione nazionale e comitati locali; 400 sono gli apprendisti che entreranno in azienda secondo gli impegni sottoscritti con il contratto 2011; i corsi di formazione vengono realizzati presso il National Training Center (NTC), gestito da UAW con il finanziamento Chrysler.

6. Word Class Maufacturing e World Class Employee Participation
Già si è ricordato che l’ingresso nel capitale azionario di Chrysler del Gruppo Fiat non è stato pagato in moneta, ma attraverso la cessione di tecnologie, di piattaforme produttive, di modelli di automobili di piccola cilindrata ed anche del sistema produttivo noto con il nome di Word Class Maufacturing (WCM). Alla sua applicazione in Chrysler è dedicata una parte rilevante dei documenti contrattuali sul rinnovo 2011.
Anche se molto se ne è parlato in Italia negli ultimi anni nel corso della vertenza legata agli stabilimenti Fiat, non è forse inutile ricordare di che si tratta.
Nel sito web della Fiat si precisa che il WCM « … è un sistema di produzione strutturato e integrato che abbraccia tutti i processi dello stabilimento, dalla sicurezza all’ambiente, dalla manutenzione alla logistica e alla qualità. L’obiettivo è quello di migliorare continuamente le performance produttive, ricercando una progressiva eliminazione degli sprechi, in modo da garantire la qualità del prodotto e la massima flessibilità nel rispondere alle richieste del cliente, attraverso il coinvolgimento e la motivazione delle persone che lavorano negli stabilimenti. Gli ambiti di intervento del WCM sono suddivisi in 10 pilastri tecnici e 10 manageriali, per ognuno dei quali sono previsti livelli incrementali di miglioramento, con risultati chiaramente identificati e misurabili.»
In Italia, quando nel 2010 – dopo una prima fase di sperimentazione nello stabilimento di Mirafiori – è stata annunciata la sua diffusione a tutti gli impianti Fiat, la notizia era stata accolta tiepidamente dalla Fim, che pur aveva espresso apprezzamenti per gli aspetti connessi al coinvolgimento e della partecipazione dei lavoratori. La Fiom, invece, dopo il rifiuto della Fiat di prendere in considerazione le proposte di “modifiche tecniche” al sistema elaborate da parte sindacale, decise di organizzare iniziative per contrastare un modello di organizzazione gestito unilateralmente e che – a suo giudizio – peggiorava le condizioni di lavoro, aumentava i ritmi di lavoro riducendo quelli di riposo. Il resto è storia nota.
Del tutto diversa l’esecuzione offerta da Chrysler e da UAW, che pure suonavano sullo stesso spartito. Ne è risultata tutt’altra musica. Da un lato UAW ha mostrato di essere pienamente convinta della validità dello strumento, tanto da richiedere l’intervento dell’azienda per far sì che il management degli impianti di produzione applicasse correttamente il nuovo sistema, rispettandone i principi ed occupandosi seriamente della qualità, ed ottenendone quindi la piena attuazione anche per la parte che riguarda il coinvolgimento dei lavoratori.
UAW ha inoltre chiesto e ottenuto alcune modifiche ed integrazioni al sistema, non dissimili da quelle richieste da Fiom e che Fiat si era rifiutata di prendere in considerazione. In Chrysler è stato riconosciuto, ad esempio, il principio che i lavoratori possano contribuire a modificare le istruzioni operative e l’organizzazione del lavoro. Inoltre l’azienda ha risposto positivamente alla richiesta di fornire tempestive e accurate informazioni sui dati di produzione e sull’andamento degli indicatori di performance; ha convenuto sulla necessità di formare i lavoratori; e si è impegnata ad attivare/introdurre dispositivi che consentano ai lavoratori di fermare la linea di produzione. Tutto ciò al fine supremo e condiviso di migliorare la qualità dei prodotti e la competitività dell’azienda, sola speranza di sicurezza del posto di lavoro.
L’adesione di UAW al WCM in quanto sistema di produzione fondato sulla qualità della produzione e sul coinvolgimento dei lavoratori è dunque priva di esitazioni, anche se evidentemente orientata alla tutela degli interessi degli associati. E’ forte di trent’anni di esperienza di partecipazione dei lavoratori nei team della qualità totale ma anche del sindacato, a livello di stabilimento e a livello nazionale; ben prima quindi dell’arrivo della Fiat.
Con il rinnovo del contratto le parti si sono impegnate a ridefinire il sistema di Employee Participation per renderlo aderente alle peculiarità del WCM. Tutta l’operazione verrà pilotata dal National World Class Partnerhip Council, organismo paritetico “ad alto livello” che si riunirà ogni due mesi, o anche più frequentemente se ve ne fosse la necessità, al quale è affidato il compito di fornire guida e supporto alle parti a livello locale nell’implementazione del sistema e di affrontare ogni tipo di problema relativo alla qualità.
Il World Class Manufacturing si avvia dunque, nell’intenzione delle parti, ad essere qualcosa di più di un nuovo capitolo nell’esperienza di gestione congiunta sindacato-impresa. È l’occasione per fare un salto di qualità: le parti si sono infatti impegnate a realizzare «un nuovo modello di joint partnership adeguato alle esigenze del 21° secolo» che vuole essere anch’esso World Class.
Non può sfuggire la consonanza di queste affermazioni con la nuova linea di indirizzo della strategia sindacale inaugurata un anno fa dal Presidente di UAW International, Bob King, e che vede nel management dell’impresa «non un nemico o un avversario ma un partner».
E, in effetti, UAW ha dimostrato nel corso delle trattative di non avere nessun problema ad accettare le regole di funzionamento del capitalismo e a giocare sullo stesso terreno del management dell’impresa, sia che si trattasse di negoziare condizioni economiche che rendessero più conveniente investire negli stabilimenti americani piuttosto che in Messico, o di ragionare su cosa occorresse fare per riportare all’interno dell’impresa i servizi e la manutenzione degli impianti. Le Big Three non si sono tirate indietro e hanno accettato di vagliare ogni ipotesi che potesse risultare, sulla base di una attenta analisi economico-finanziaria, conveniente per l’impresa e, per di più, in linea con le indicazioni del Governo federale. E’ stato questo il filo conduttore e la vera novità dei tre rinnovi contrattuali.
UAW ha preso molto sul serio l’impegno di Fiat-Chrysler per la qualità della produzione (lo stesso atteggiamento in Ford e GM, anche se qui con strumenti diversi) ma ha chiesto altrettanta serietà su investimenti e innovazione dei prodotti. Certo, ha chiesto di poter discutere su tutto, utilizzando ogni strumento disponibile nel campo delle relazioni sindacali (il confronto preventivo sulle scelte di insourcing/outsourcing, i gruppi di studio sui temi dell’ergonomia, le commissioni miste e paritetiche su qualità e salute e sicurezza, il collocamento interno e la formazione … ), ma senza mettere in discussione la bontà e la legittimità delle decisioni imprenditoriali; piuttosto chiedendo al management lo stesso rispetto delle regole di qualità e di buona gestione aziendale che condivide siano alla base del successo dell’impresa e sola garanzia di sicurezza del posto di lavoro.
Si tratta forse della ragionevolezza di chi è costretto a fare i conti con la crisi? È lo stesso Bob King ad ammetterlo: «Durante la crisi del settore auto – ha dichiarato il 2 giugno alla Camera di Commercio di Detroit, poco prima dell’avvio della tornata dei rinnovi contrattuali 2011 – il nostro sindacato ha imparato molte cose. Ora l’opinione pubblica ci osserva per capire se, superate le difficoltà, torneremo a comportarci come prima. (…) Durante la crisi abbiamo capito che non possiamo più comportarci come 20, 10 o solo 5 anni fa, e che dobbiamo realizzare un cambiamento radicale. (…) Il sindacato adotterà nel corso delle prossime trattative – ha aggiunto – un atteggiamento moderato, pragmatico e comprensivo, per assicurare ai produttori di automobili di avere successo». Questo è l’atteggiamento di un sindacato che si candida ad essere partner dell’impresa. E non si tratta di un cambiamento da poco.

Marianna De Luca

Tags: AziendeMetalmeccaniciAuto
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