La Fiom cambia pelle, da sindacato si trasforma in movimento. Pier Paolo Baretta, deputato Pd, che è stato segretario generale aggiunto della Cisl, non crede che la categoria dei metalmeccanici Cgil possa svolgere le due funzioni, e teme che necessariamente si affievolirà l’azione sindacale. A suo avviso, un comportamento fermo delle confederazioni, della Cgil come della Cisl, possono aiutare la Fiom a ritrovare la strada smarrita.
Baretta, cosa sta diventando la Fiom? Resta sindacato, si trasforma in movimento?
Questa è una storia che comincia da lontano, da quel congresso Fiom alla metà degli anni novanta, era segretario generale Claudio Sabattini, la cui parola d’ordine fu l’indipendenza. Indipendenza come qualcosa di diverso e di più dell’autonomia. Quel ragionamento partiva dall’idea che c’era un movimento sociale non riconducibile all’interno delle logiche sindacali in crisi di rappresentanza.
Allora però non accadde nulla.
No, l’idea rimase covata, soprattutto perché la sponda politica era coperta da Rifondazione. E’ riemersa con le elezioni del 2008, con l’uscita della sinistra politica dal Parlamento e la crisi che ne è seguita per questa parte politica. Si è creato un vuoto, ora la Fiom, sulla base di quella vecchia suggestione, pensa di riempirlo.
Questo significa che la Fiom non è più sindacato?
Non si vive più come sindacato, ma come un pezzo di un movimento più generale. Si spiegano così le mosse di questi ultimi mesi, la partecipazione a tutte le manifestazioni movimentiste, sempre in una chiave di appartenenza organica alla costruzione di un movimento politico alternativo.
Non si vive più solo come sindacato, ma continua a rappresentare i metalmeccanici della Cgil.
La Fiom non è più un sindacato secondo l’idea moderna che si ha di sindacato, pensa di poter tornare alle origini, di essere cinghia di trasmissione tra la società e la politica. Io penso che si trovi in una situazione dalla quale fatica a uscire, che abbia messo in moto un processo di cambiamento da sindacato a movimento dove però c’è un comprendere, non un sostituire. Insomma, pensa di poter essere allo stesso tempo entrambe le cose.
Intende dire che questo può provocare problemi all’azione di difesa degli interessi dei lavoratori che rappresenta?
Il problema è tutto qui, nel riuscire a inquadrare la difesa degli interessi dei lavoratori in questo movimento più ampio. Per la Fiom le due cose coincidono, ma è evidente che non è così. E nascono degli errori teorici di non poco conto. Come quello commesso nel confronto con la Fiat, quando la categoria ha voluto far coincidere i diritti dell’operaio di Mirafiori con i diritti generali, pensando che difendendo l’operaio di Mirafiori si difendessero gli interessi generali. Un clamoroso errore, commesso appunto nell’ansia di rappresentare un movimento più ampio.
La Fiom però mantiene una forte presa nei confronti dei lavoratori, tanto che il numero delle tessere non scende, qualcuno afferma che salga, e soprattutto ha ottenuto uno straordinario successo mediatico.
Sull’andamento del tesseramento non saprei dire, perché non ho notizie al riguardo e del resto la polarizzazione porta sempre una crescita delle affiliazioni. Sul piano mediatico sì, c’è stato un indubbio successo, ma significa poco.
Questo processo può avere un futuro?
Sindacalmente no, perché non corrisponde all’esigenza di rappresentare e difendere i lavoratori. Un sindacato che non fa accordi non è un sindacato. La lotta deve restare sempre un mezzo, per la Fiom è un fine.
Come movimento la Fiom ha un futuro?
Spazio ce n’è, ma il problema dei movimenti è sempre quello di come si riescono a trasformare in partiti, come si strutturano. e questo non è nelle facoltà di un sindacato. In Italia non c’è spazio per una Solidarnosc, il sindacato polacco che nacque in una crisi di sistema.
C’è pericolo che questa situazione procuri delle difficoltà alla Cgil?
Ne soffrirebbe se assecondasse la Fiom, meno se assumesse una linea strettamente sindacale, rigorosa ed esplicitamente sindacale.
Cosa che effettivamente Susanna Camusso ha fatto, firmando l’accordo di fine giugno.
Appunto. Io credo che se la Cgil tiene una linea diritta c’è uno spazio per il ripristino di un’unità d’azione. E se la Cisl a sua volta fa un passo in questa direzione, il cartello di carte messo in piedi dalla Fiom si smonterà e anche la categoria tornerà a pensare e ad agire come un sindacato. Importante è non commettere lo stesso errore che, da parti diverse, hanno compiuto sia il Governo, sia la Sel, Rifondazione comunista e la Fiom, cioe’ quello di puntare a un bipolarismo sindacale.
Massimo Mascini