Giuseppe Berta, storico dell’industria presso l”Universita’ Bocconi, conosce bene la Fiom e la sua tradizione. E oggi si dichiara ‘’stupefatto” dal cambiamento di pelle della categoria. Segnato, in particolare, dalla grande kermesse bolognese ‘’Tutti in piedi”, organizzata per i 110 anni delle tute blu Cgil, e caratterizzata da un programma ‘’all star” che ha visto schierati in palcoscenico personaggi come Michele Santoro, Roberto Benigni, Serena Dandini, ma anche giudici come Antonio Ingroia, o star del giornalismo militante come Marco Travaglio.
Da storico, che lettura ne da’?
‘’La deriva che si e’ vista a Bologna, la fascinazione per Michele Santoro, tutto questo segnala un allontanamento della Fiom dall’alveo sindacale. Mi stupisce che questa storica categoria butti a mare la sua tradizione di matrice industrialista, che disperda a cuor leggero un patrimonio culturale e sindacale importante.
La Fiom pero’ ha sempre avuto, nel suo Dna, venature radicali. E gia’ nel 2001, del resto, l’allora leader Claudio Sabattini dimostrava un grande interesse per il movimento no global.
Certo, e’ vero, certe tendenze le ha sempre avute, ma sempre con tendenza a chiudere i contratti. Invece oggi diserta il tavolo negoziale e riempie le piazze, il che e’ altro dalla missione del sindacato. Vedo meno attenzione nei confronti della fabbrica, dell’organizzazione del lavoro, che per certe iniziative popolari.
Iniziative che tuttavia riscuotono molto successo.
Ma quanto puo’ durare? E’ un successo effimero.
C’e’ chi sostiene che sia stato Sergio Marchionne il primo a legittimare Landini, riconoscendolo come proprio avversario e, quindi conferendogli uno status di leader. La convince questa interpretazione?
Secondo me Marchionne non ha proprio pensato a una cosa del genere. Ma certo ha sottovalutato la capacita’ che ha Landini di incidere dal punto di vista della comunicazione. Sicuramente e’ stato un errore, da parte dell’Ad della Fiat, non lavorare piu’ ‘’di fino” sul piano comunicativo. Questo ha consentito che la protesta dei metalmeccanici Cgil venisse presentata come una protesta di liberta’. Marchionne non ha tenuto conto del quadro italiano, che spesso premia il radicalismo.
Resta il fatto che la Fiom delle piazze sembra essere ormai un brand di successo, dopo anni di emarginazione.
Si, dal punto di vista mediatico: ma in concreto? Non vedo grandi risultati di cui rallegrarsi. Non firmare i contratti, per esempio, ha portato come conseguenza un impoverimento economico: non arrivano piu’ le quote, e questo ha mandato in rosso le casse della Fiom, che ora per sopravvivere deve appoggiarsi alla Cgil. Che se volesse, potrebbe perfino commissariarla.
Ma secondo lei la Fiom potrebbe costituire un brand di successo in una nuova politica movimentista, sul tipo di quella che ha portato alla vittoria inattesa della sinistra a Milano e Napoli, o dei referendum?
Non direi proprio. Alle recenti primarie per il sindaco di Torino , l’esponente locale della Fiom. Airaudo, appoggiava il candidato del Gruppo Abele, ma non ha preso voti. La base e’ molto tradizionalista, ed ha votato in massa per Piero Fassino, che viene dal vecchio Pci. Dove il movimentismo non e’ mai stato molto popolare…
Dove arrivera’ questa Fiom?
Non credo che andra’ lontano. O si propongono come movimento, ma allora, vanno a finire nella terra di nessuno. Terra molto affollata, peraltro.
Nunzia Penelope