Senza legalità, riconosciuta e affermata, non c’è convivenza civile e sviluppo economico che tenga. A sottolinearlo è la Cgil nel corso dell’iniziativa di lancio della campagna nazionale per la legalità, “condizione imprescindibile” che è il prodotto di una diffusa cultura del rispetto delle regole e dei diritti, così come del rafforzamento di tutto il sistema dei controlli: amministrativi, giudiziari e di polizia. Un processo di affermazione, prosegue il sindacato di Corso d’Italia, che richiede “una forte assunzione di responsabilità” e che la Cgil, per la sua parte, intende assumere facendone un tema contrattuale.
Non solo denuncia quindi ma un impegno ‘cogente’ che passa attraverso la negoziazione, assumendo l’affermazione del principio di legalità nel suo esercizio. Per queste ragioni la Cgil, in collaborazione con l’Istituto superiore per la formazione (Isf), avvierà un progetto formativo rivolto a diversi delegati sindacali con l’obiettivo di costituire un nucleo di esperti su norme, procedure e regolamentazioni in tema di legalità.
Un contributo per “rendere libero il lavoro dalle maglie dell’illegalità e occuparsi così del futuro del Paese”. La stima del solo fatturato della mafie nel nostro paese – ricorda il sindacato – è di circa 135 miliardi di euro e con un utile pari a 70 miliardi al netto degli accantonamenti e degli investimenti. Il resto dell’economia criminale nel nostro paese raggiunge così la quota del 10,9% del Pil che, con un ‘sommerso fiscale’ stimato intorno al 16,5%, porta il sommerso totale ad una mole pari al 27,4% del Prodotto interno lordo italiano. Dal punto di vista territoriale il peso dell’economia criminale registra però una differenziazione significativa: si attesta al 12,5% nel Centro-Nord, mentre scende al 7,3% nel Mezzogiorno. Anche per quanto riguarda il sommerso fiscale si rilevano differenze geografica dato che l’indicatore raggiunge il 18,5% nel Centro-Nord (31% il sommerso complessivo) e il 12% nel Mezzogiorno (19,3% il sommerso totale).
La diffusione capillare del concetto di legalità diventa quindi, in questo particolare momento del paese, una “condizione imprescindibile” per garantire la tenuta economica, la convivenza civile e lo sviluppo economico dell’Italia. “Un passaggio cruciale per garantire lavoro e futuro al paese”, spiega la Cgil che sul tema individua i primi realizzabili obiettivi: il ripristino della legge contro le cosiddette dimissioni in bianco; la cancellazione della legge Bossi-Fini; la revisione di tutte le leggi e le norme che rendono il lavoro instabile, precario e meno sicuro; l’approvazione della proposta di legge del sindacato sul caporalato; una politica coordinata sul controllo di legalità in tutto il ciclo economico pubblico e privato in cui tracciabilità e prescrizione sulla regolarità dei procedimenti siano assunti come punti di forza nella lotta alle mafie; affrontare la riforma della giustizia con un processo condiviso dagli operatori e ripristinare il rispetto dell’azione della magistratura e dei lavoratori pubblici come valore condiviso di fiducia verso l’azione pubblica e le Istituzioni; infine, abolire le leggi premianti dei comportamenti non virtuosi dai condoni all’elusione.
Per contrattare la legalità la Cgil investe sulla formazione dei suoi delegati. Il vasto orizzonte di temi e di obiettivi di cambiamento chiede all’azione contrattuale una prassi e una cultura rivendicativa diffusa, sistematica ed organica, parte di quei comportamenti virtuosi che agiscono positivamente in termini di legalità. La Cgil con l’Isf avvierà quindi un progetto formativo rivolto a 100 delegati sindacali. L’obiettivo è quello di costituire un nucleo di esperti su norme, procedure e regolamentazioni in tema di legalità e di avviare una prima ricognizione di tutta la contrattazione, accordi e protocolli di legalità. Uno strumento che può contribuire fattivamente alla lotta alle mafie e all’illegalità: la scelta di esercitare in campo economico e produttivo trasparenza e legalità garantisce sul lungo periodo qualità all’intero processo, che si declina in qualità del lavoro e delle produzioni.
Francesca Romana Nesci