E’ nato un network globale che riunisce i sindacati europei e americani di tutti i siti produttivi del gruppo Fiat-Chrysler. Obiettivo: mettere a punto una linea comune tra le due sponde dell’Atlantico. La formalizzazione della rete è giunta al termine di due giorni di lavori a porte chiuse, ai quali hanno partecipato Fim, Fiom e Uilm, per l’Italia, assieme ai sindacati degli stabilimenti Fiat e Chrysler di Francia, Germania, Spagna, Polonia, Repubblica Ceca, Serbia e Usa. La direzione del network sarà composta dal leader della Uaw (United Auto Workers) Bob King, da Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, Bruno Vitali, segretario nazionale della Fim ed Eros Panicali, segretario nazionale della Uilm. Al termine dei lavori è stata messa a punto una lettera a Sergio Marchionne, in qualità di amministratore delegato del Lingotto, per chiedere il riconoscimento del network.
Il diario del lavoro ha chiesto a uno dei protagonisti di questi due giorni, Bruno Vitali della Fim, di parlare degli obiettivi e dell’importanza di questa iniziativa.
Vitali, è stato un incontro importante?
Sì, un’esperienza significativa. Non solo dal punto di vista lavorativo ma anche sul piano delle relazioni tra le persone. I momenti di pausa hanno fatto la differenza, sono stati occasione di reciproca conoscenza. Poi è stato anche un modo per avere uno spaccato sulla Fiat nel mondo.
E cosa è emerso di particolare?
Ad esempio che negli Stati Uniti sono molto grati a Marchionne.
Perché?
Per gli investimenti. Per la prima volta in trent’anni sono state rinnovate le industrie, le fabbriche sono state modernizzate, rese più confortevoli. Loro sono orgogliosi della loro azienda. Poi c’è il discorso del world class manufacturing che prevede un miglioramento delle postazioni di lavoro per migliorare la produttività, produrre meno danni alla salute, aumentare la sicurezza sul lavoro.
E questo sistema di organizzazione del lavoro esiste anche in Italia?
Sì è previsto anche in Italia. E’ quello che ha scatenato il furore della Fiom contro Marchionne. Questo sistema in realtà migliora l’organizzazione del lavoro, il problema è come viene gestito. Il dato vero è che la Fiat lo gestiste molto unilateralmente e questo non va bene.
Cosa proponete voi?
Che siano coinvolti i sindacati, che ci sia più collaborazione e partecipazione nelle decisioni aziendali. Con questo network vogliamo creare una cooperazione a livello internazionale che migliori le condizioni in tema di salvaguardia dei posti dei lavoro, maggiore competitività per l’azienda, maggiore sicurezza sul lavoro.
Quali sono i contenuti della lettera che avete scritto a Marchionne?
In quel documento chiediamo il riconoscimento di un consiglio mondiale dei lavoratori come minimo comun denominatore tra le organizzazioni sindacali. L’obiettivo è che le trattative siano uguali per tutti, a partire dal sistema dell’organizzazione del lavoro e dell’incremento salariale, fino ad arrivare ai metodi partecipativi. Poi chiediamo anche che sia sottoscritto un accordo quadro internazionale.
A che servirebbe questo accordo?
Consentirebbe al sindacato di monitorare la situazione occupazionale e produttiva a livello globale. Ad esempio esistono standard internazionali come ad esempio il rispetto dei diritti fondamentali o il divieto di utilizzare lavoro minorile. La Fiat questi standard li rispetta, ma con un accordo ufficiale che fissa alcuni punti sarebbe possibile per il sindacato intervenire in caso di situazioni anomale che non garantiscono la tutela del lavoro.
Ci sono differenze sul piano economico, ma soprattutto storico-culturale, tra il sindacato italiano e quello americano.
Quali potrebbero essere i vantaggi di questa cooperazione?
Lavorare insieme aiuterebbe noi ad avere un approccio più positivo, basato sulla collaborazione. In America il sindacato collabora con le imprese senza fare sconti, hanno fatto accordi durissimi, molto più duri di Pomigliano e Mirafiori, eppure vedono comunque le cose in positivo. Noi potremo essere d’esempio, invece, su legislazione del lavoro, tutele e modello contrattuale. In Italia esiste il contratto nazionale, in America no e spesso manca anche quello aziendale. La cosa migliore sarebbe fondere queste due cose, avere cooperazione assieme a un modello contrattuale più strutturato.
E cosa potremmo imparare dal sindacato americano?
A non inquinare la lotta sindacale con la politica. La Fiom sembra più un movimento politico che sindacale.
Quando vi rivedrete e cosa farete nel frattempo?
E’ previsto un incontro internazionale il prossimo anno però utilizzeremo anche le riunioni del Comitato aziendale europeo, pagate dalle imprese, per incontrarci.
Francesca Romana Nesci