I quadri e i delegati di Cisl e Uil si sono riuniti sabato in assemblea a Roma. Nel corso dell’assemblea è stata approvata la piattaforma per la manifestazione nazionale del 18 giugno a Roma di lavoratori e pensionati per ottenere la legge di riforma fiscale e misure per la riduzione degli sprechi e dei costi della politica; la legge quadro per la non-autosufficienza; misure più efficaci per lo sviluppo e il lavoro e la riaffermazione della contrattazione nelle pubbliche amministrazioni.
“Qui c’è il sindacato unitario e riformatore”. Ha affermato il leader della Cisl, Raffaele Bonnanni, a margine dell’assemblea, ricordando che se “l’Italia ha salvato molti posti di lavoro lo deve alla Uil e alla Cisl, che hanno incontrato le parti, hanno ricercato le soluzioni, senza clamore”. “Se i redditi sono stati tutelati, ha aggiunto Bonanni, lo si deve al sindacato unitario e riformatore: alla Uil e alla Cisl insieme”. “Nessun altro sindacato in Europa, ha detto, può dire di aver rinnovato tutti i contratti come abbiamo fatto noi, in una situazione critica come quella che abbiamo vissuto: lo abbiamo fatto per i lavoratori iscritti alla Uil e alla Cisl, lo abbiamo fatto anche per i lavoratori iscritti alla Cgil”.
Il segretario ha poi elencato una serie di meriti che, a suo avviso, hanno distinto l’operato di Cisl e Uil. Innanzitto la scuola. “Abbiamo garantito gli scatti oltre all’assunzione di 67mila precari quest’anno, ha sottolineato Bonanni, e 16mila il prossimo: oltre 80mila nuove assunzioni”. Tra gli altri obiettivi raggiunti, un accordo sulle politiche di conciliazione su lavoro e famiglia, il redditometro, la tracciabilità, il credito d’imposta al Sud per le assunzioni delle categorie più deboli. “Abbiamo cambiato l’agenda fiscale del Paese, ha continuato il sindacalista, costringendo il governo a dire che avrebbe spostato la tassazione dalle persone alle cose. Il fatto che l’esecutivo lo abbia scritto in un documento destinato all’Unione europea è una nostra vittoria”, ha detto ancora Bonanni.
“Il sindacato unitario è qui, – ha aggiunto – noi aspettiamo anche gli altri, ma nessuno si metta in testa che quanto avvenuto in questi tre anni sia frutto di una svolta passeggera”.
Poi il leader della Cisl ha avvertito anche il governo: “Dobbiamo dimezzare il debito pubblico in breve tempo e servirà una politica di lacrime e sangue. Per questo ci prepariamo ad andare in piazza il prossimo 18 giugno”. Giornata in cui la Cisl, ribadisce Bonanni, non vuole nessuna bandiera di partito presente, perché “noi siamo orgogliosi di essere solo un sindacato”. A suo avviso, occorre semplificare i livelli decisionali e amministrativi.
Quanto alle relazioni industriali, “possibile – ha affermato il leader di via Po – che non si prenda coscienza dell’importanza di questo strumento per favorire o disincentivare un investimento. Come è successo in Fiat. Esse sono il nerbo di quanto accade nel nostro Paese. Ci prenderemo le nostre responsabilità anche in condizioni difficili, non ci faremo spaventare, non ci faremo insultare da fascisti vestiti di rosso. Le opinioni vanno rispettate, il pluralismo è questo. Vogliamo svelare che il re è nudo, ecco perché puntiamo alla certificazione degli iscritti”.
Infine, Bonanni, ha sostenuto la necessità, in questa crisi, di sostenere le persone più deboli. “Ecco perché – ha spiegato – chiediamo una legge per la non autosufficienza. Ma chiediamo anche interventi per sostenere i redditi medi e bassi. Chiediamo agli imprenditori di collegarsi meglio con noi per fare un discorso concreto sulle riforme da fare. Se ne possono fare molte a costo zero, togliendo risorse agli sprechi e alle ruberie “. “Anche per noi l’unità sindacale è importante, ha concluso, ma per fare delle cose, non per fare autocoscienza. Saremo uniti quando avremo tutti la stessa opinione o quando riterremo di poter convergere su una sintesi. E questo lo dico con vero spirito unitario”.
Cisl e Uil, secondo il segretario generale della Uil Luigi Angeletti che ha aperto l’assemblea con il suo intervento, rappresentano la maggioranza dei lavoratori che non hanno intenzione di rassegnarsi al declino, alla disoccupazione e alla povertà. “Abbiamo attraversato la più grande crisi degli ultimi 70 anni, ha osservato il sindacalista, e abbiamo fatto tutto quanto umanamente possibile per evitare disagi e sofferenze di lavoratori e pensionati e una valutazione realistica ci porta a dire che siamo riusciti a ridurre i danni economici e sociali più di qualunque altro paese europeo, proprio perché nessun altro paese ha visto riduzioni tali dei redditi.”
Angeletti ricorda poi la riforma del modello contrattuale, “e questo non è successo in altri paesi europei. Noi seguiamo le sorti e il destino della Ue, del mondo, e nostro compito è che i cittadini abbiano condizioni sempre migliori”. Poi il leader della Uil spende due parole sulla realtà politica italiana in relazione al sindacato: “La nostra realtà politica è drammatica ma non seria; più evolve negativamente la situazione politica più noi diventiamo punto di riferimento. E questo ci obbliga ad una sempre crescente responsabilità. E’ questo il salto di qualità che le nostre organizzazioni devono compiere”. Per il leader Uil, la società civile diventa così punto di riferimento ad ansie, dubbi e paure di milioni di italiani: “Questo è il senso profondo di ciò che il sindacato confederale sta facendo”.
Ma la confederalità sta diventando complessa. Cisl e Uil operano in una condizione non semplice, in due, “ma non siamo stati noi a sceglierlo”. Il riferimento è diretto alla Cgil, e il contesto è complesso.
Ancora c’è la necessità di una riforma del sistema fiscale, a suo avviso “indispensabile per l’equità”. Durissima la critica di Angeletti: “Il giorno in cui si ascolterà un sindaco che garantirà efficacia dei servizi ai cittadini piuttosto che la garanzia dei loro privilegi sarà un giorno eccezionale. Sono queste le questioni che frenano la crescita. E imporre una riforma fiscale è perciò necessario”.
Delicato ma vitale per la ripresa è il punto relativo allo spreco di risorse nella pubblica amministrazione, “che dipende da chi comanda e decide, non dai dipendenti. La classe dirigente è completamente inadeguata, soprattutto al Sud. Il potere pubblico viene usato contro l’interesse pubblico”. “Ed ecco che bisogna riscrivere la difesa delle persone deboli, sottolinea Angeletti, contrattare le condizioni di lavoro in sicurezza e garanzia”. Per il leader Uil le leggi, anche quando vanno in questa direzione, non sempre risolvono i problemi. Le leggi sono utili ma non sufficienti, bisogna esercitare il potere contrattuale, negoziare, trattare. Le leggi sono necessarie, come quelle sull’apprendistato, ma non bastano. E’ il sindacato che nei confronti delle istituzioni e delle imprese può intervenire a ridurre il precariato ed evitare scorciatoie alle imprese. Il rapporto con le aziende, a suo giudizio, resta fondamentale sul fronte competitività e produttività: accettando regole negoziate col sindacato le imprese potranno crescere perché il valore del lavoro non è solo un dato morale, etico o politico, ma un dato concreto.
Una parola anche per le imprese che, secondo il leader della Uil, “non devono illudersi di sfuggire alle regole col lavoro nero, lo sfruttamento o l’evasione fiscale ma rispettare gli investimenti sul fronte dell’occupazione, re-investendo gli utili. Non abbiamo nostalgie di lotte di classe, ma questa premessa è necessaria”.
Per Angeletti poi vanno ridotti i costi della politica, una “macchina costosa che cammina come un trattore. Una classe politica deve dare risposte e dare l’esempio, fare sacrifici prima di chiederli ai cittadini”.
Ma non mancano nuove critiche alla Cgil: “Il sindacato confederale dovrà essere credibile, non ci sono alternative, senza crisi di senso o di rappresentatività. Noi gli scioperi li faremo se e solo per raccogliere accordi. In questa fase di crisi i risultati e gli aumenti, alla fine, i lavoratori italiani li hanno raccolti grazie al lavoro di Cisl e Uil. Noi siamo rimasti gli unici a fare pochi scioperi, perché nel nostro dna c’è l’idea di non essere strumento di governo amico o meno, ma delle persone. Il sindacato non è un fine ma un mezzo per la dignità delle persone. E la gente sempre più capisce questa banale differenza. Il nostro paese dovrà assomigliare sempre più alla Svezia e non alla Grecia”.

























