Le questioni poste dall’articolo di Gaetano Sateriale su ” Patto sociale e rappresentanza ” permettono di puntualizzare in modo più approfondito quanto sostiene la Cisl in merito al tema della rappresentanza sindacale e alla necessità di pervenire rapidamente ad un Accordo Interconfederale tra le parti sociali che ne definisca nuove regole, come del resto richiesto dalle tre confederazioni nel 2008 con la piattaforma per la riforma della contrattazione che conteneva anche un corposo capitolo sulla rappresentanza e democrazia sindacale quanto mai attuale.
Contribuisce ad alimentare tensioni e aspettative sull’argomento, la scelta contenuta negli accordi di Mirafiori e Pomigliano di utilizzare in materia di rappresentanza le norme dello Statuto dei Lavoratori, che di per sé non esclude i Rappresentanti Sindacali di nessuna organizzazione ma pone il diritto alla rappresentanza in capo solo ai sindacati firmatari di accordi collettivi.
Questo episodio, al di là di ogni giudizio, è significativo dell’esigenza imprescindibile che le regole sulla rappresentanza sindacale siano in linea di principio e in via praticamente esclusiva finalizzate non solo al diritto di trattativa ma soprattutto alla stipula degli accordi, alla loro validità e conseguentemente ad essere vincolanti per le parti stipulanti.
E’ sotto questo profilo che va valutata la vicenda Fiat, resa più complicata dal fatto che la Fiom nel giugno 2010 non accettando di sottoscrivere l’accordo di Pomigliano, nemmeno dopo l’approvazione del referendum, ha indotto la Fiat, nel successivo accordo di Mirafiori, a cercare nello Statuto dei lavoratori il vincolo alla sottoscrizione degli accordi impegnativi per tutti.
Per definire un nuovo accordo interconfederale su rappresentanza e democrazia sindacale è necessario partire da questo punto, come definire cioè regole che diano piena legittimità alla stipula degli accordi sindacali da parte delle organizzazioni datoriali e sindacali che conseguentemente ne solo vincolati all’attuazione su tutti i temi pattuiti.
Questo è il punto decisivo anche in materia di accordi sulla produttività, cioè la definizione delle condizioni ad esempio per l’effettuazione di investimenti e di assunzioni, con la garanzia reciproca delle parti contraenti che gli impegni pattuiti vengano reciprocamente e da ognuno rispettati.
A tal proposito e con queste finalità fu definito nel 2008 un accordo tra le tre Confederazioni (dopo una faticosa ma autentica mediazione tra diverse concezioni sindacali) che risulta anche ad una lettura odierna particolarmente equilibrato e risolutivo dei problemi aperti, anche in riferimento alle questioni poste da Sateriale in ordine all’estensione degli RSU, alla rappresentanza certificata, alle modalità di decisione in caso di dissensi tra organizzazioni.
In particolare sono definiti, come lo stesso Sateriale riconosce, in modo condiviso i criteri per misurare in modo certificato la rappresentanza di ogni confederazione con una media tra iscritti, certificati presso l’INPS e voti raccolti nelle elezioni delle RSU. E’ auspicata nell’accordo del 2008 l’estensione dei RSU ai settori non ancora coperti, aspetto non marginale, visto che riguarda un’ampia parte del mondo del lavoro e dopo l’accordo Fiat particolarmente significativo sul piano politico per disegnare un percorso di possibile ricomposizione.
Si stabilisce, poi, un percorso per le trattative contrattuali che tiene insieme l’esigenza della partecipazione di iscritti e lavoratori, prevista nelle diverse fasi della trattativa e gestita dalle organizzazioni sindacali con la linearità e la tempestività della capacità decisionale nelle trattative stesse: le organizzazioni sindacali siglano l’ipotesi di accordo, l’approvano nei loro organismi, la sottopongono ad una consultazione certificata tra tutti i lavoratori prima della firma definitiva.
A questo punto Sateriale evidenzia quello che a suo dire è un limite dell’accordo del 2008, vale a dire l’inefficacia di fronte a dissensi tra le confederazioni, come accaduto nell’ultima tornata contrattuale, nel contratto dei metalmeccanici, con il rifiuto della Fiom (unico caso tra le Federazioni della Cgil) a riconoscere il nuovo impianto triennale della contrattazione nazionale.
Nel caso di divergenze tra i sindacati, diventerà decisivo poter disporre di un indicatore della rappresentanza di ogni organizzazione, certificato, riferito sia al peso degli iscritti che dell’insieme dei lavoratori, aggiornato annualmente come è previsto dettagliatamente nell’accordo del 2008. Sarà questo indicatore di rappresentanza “pesata” che, una volta condiviso nell’accordo interconfederale con le parti datoriali, permetterà di stabilire la legittimità ( e il conseguente vincolo per tutti ) dei contratti che siano sottoscritti dalle organizzazioni sindacali che rappresentino almeno la maggioranza (50%+1 ) dei lavoratori. Lo stesso criterio che, peraltro, è ormai prassi consolidata nel settore pubblico.
Potrebbe funzionare?
Se questo sistema fosse stato in vigore nel corso dei rinnovi contrattuali 2009-2010 avrebbe permesso non solo la firma unitaria dei contratti collettivi ma anche la consultazione dei lavoratori in modo esteso e condiviso, rafforzando complessivamente il ruolo del sindacato confederale..
Anche nell’unico caso in cui ci sono state divergenze per il rifiuto della Fiom di trattare il nuovo CCNL, ci sarebbero state comunque le condizioni per raggiungere la maggioranza e stipulare quindi il contratto.
Si può comprendere allora la freddezza con cui la Cisl ha valutato il documento della Cgil per nuove regole di rappresentanza, al di fuori dell’accordo del 2008 che pure essa aveva convintamente ricercato e sottoscritto, approvandolo con Cisl e Uil negli organismi direttivi nazionali e inviandolo come documento ufficiale a tutte le Associazioni Imprenditoriali in occasione del negoziato sulla riforma della contrattazione del 2008.
Si tratta quindi di un passo indietro inaspettato e inopportuno da parte della Cgil oltreché di una proposta molto complessa e impraticabile nel merito in quanto irrigidisce moltissimo il percorso di trattative e consultazione dei lavoratori , prevedendo votazioni nel corso dei negoziati e percentuali di maggioranza oltre il 50 % che servirebbero solo a rafforzare i poteri di interdizione e di veto di chi non volesse firmare un contratto.
Condividendo con Sateriale che il tema della rappresentanza sia oggi la priorità e il punto di snodo decisivo per la natura dei rapporti tra Cgil-Cisl -Uil, l’unica cosa da fare è riprendere l’accordo tra Cgil-Cisl-Uil del 2008, aprire rapidamente un confronto con le Associazioni Imprenditoriali, senza ulteriori tentennamenti e senza cambiare le carte in tavola per arrivare quanto prima ad un Accordo Interconfederale sulla rappresentanza, che aggiorni e sostituisca l’accordo del 1993.
Se si riuscisse a concludere questo accordo tra le parti, si metterebbe in condizione anche il Parlamento, dove sono stati presentati numerosi disegni di legge in materia, di svolgere non un ruolo sostitutivo delle prerogative delle parti sociali che la Cisl non auspica né accetterebbe, bensì di pervenire ad una eventuale legislazione di sostegno che avrebbe la funzione di generalizzare l’applicazione dell’accordo interconfederale sulla rappresentanza anche alle aree del lavoro e delle imprese ancora estranee all’azione sindacale.
di Giorgio Santini, segretario generale aggiunto della Cisl