Di Maulo, ma non siete un po’ delusi dall’annuncio di Marchionne? Non vi preoccupa l’ipotesi che la Fiat si trasferisca a Detroit?
No, per niente. Perché almeno tre cose ci sono molto chiare. La prima: la testa della Fiat è dove sta Marchionne. E quindi, un po’ di qua e un po’ di la. Come ha detto lo stesso Marchionne, nel discorso di San Francisco, in azienda ha 23 interlocutori diretti a Detroit e 25 a Torino, il che dimostra, se non altro, l’equilibrio tra le due sponde. La seconda: ci siamo lamentati per decenni del capitalismo italiano, eccessivamente familiare e provinciale, e adesso ci lamentiamo dell’eccesso di internazionalità della Fiat?
Per carità, no di certo; ma il problema è se questa internazionalità rischi di schiacciarne la dimensione nazionale italiana.
E qui vengo alla terza cosa che ci è molto chiara. Non ci sarà alcuna transumanza di intelligenze da Torino a Detroit, l’impegno in Italia è confermato e gli investimenti pure.
Come fa ad essere sicuro che Marchionne non finisca per cambiare idea? Vi fidate sulla parola?
Non ci fidiamo della parole ma dei fatti concreti: martedì abbiamo già in programma una riunione alla Sevel di Val di Sangro per stabilire 150 nuove assunzioni e sette sanati straordinari. Dal 7 marzo partono le assunzioni a Pomigliano. Infine, ed è una novità assoluta, la stragrande parte della componentistica per il Suv Chrysler che si farà a Mirafiori sarà torinese e non americana. Il che smentisce anche chi sosteneva che il Lingotto diventerà una fabbrica cacciavite. Inoltre, i motori del nuovo Suv verranno realizzati con tutta probabilità ad Avellino. Questi sono fatti. Il resto sono chiacchiere.
Lei è convintissimo, ma intanto il governo ha convocato Marchionne per avere chiarimenti.
Io non ho bisogno di parlare con Marchionne nelle fredde stanze di un ministero.
Cosa pensa dei nove milioni spesi per lo spot pubblicitario nel Superbowl?
Soldi ben spesi: il Superbowl è lo spettacolo con il più vasto pubblico del pianeta, un miliardo di spettatori. Un’altra mossa azzeccata dell’Ad Fiat.
Marchionne di qua, Marchionne di là. Ma la Fiat non rischia di essere, più che una multinazionale, un ‘one man show’?
E’ forse il solo punto debole di tutto quanto. Un grande gruppo affidato a un solo uomo è ovviamente del tutto dipendente da lui. Una situazione simile a quella della Apple, che infatti oggi da un lato vive una esplosione di nuovi prodotti, ma dall’altro paga il fatto che il suo ‘’guru”, Steve Jobs, ha nuovamente problemi di salute.
Nunzia Penelope


























