Nell’ambito del festival dell’Economia di Trento sono stati presentati due libri editi dal Diario: l’Annuario del lavoro 2009 e la recentissima inchiesta ‘’Call center: inferno o paradiso- il caso Vodafone”. Quest’ultimo tema e’ stato discusso nel corso di una tavola rotonda a cui hanno partecipato Manlio Costantini (direttore customer operations Vodafone Italia), Massimo Mascini (Direttore del diario del lavoro), Francesco Delzio (Direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne di Piaggio), Michela Murgia (scrittrice italiana, blogger) e Irene Tinagli (Docente di Economia delle imprese all’Università Carlos III di Madrid). Ad aprire il dibattito l’esperienza lavorativa personale di Michela Murgia, riportata nel suo primo romanzo di successo, Il mondo deve sapere. Murgia la ha ricordato che ‘’le imprese, per contenere i costi, tagliano proprio sugli stipendi degli operatori dei call center. Su di me non hanno usato frustini come nel caso della Kirby ma non esistevano diritti dei lavoratori. Vigeva il regime dello sfruttamento”. A riprova del fatto che i call center non sono tutti uguali, Manlio Constantini ha testimoniato che il successo dell’azienda deriva da quanto un cliente rimane soddisfatto dal servizio che riceve e dunque dal livello di professionalità dell’operatore del call center. “Il 70% dei dipendenti Vodafone lavora a contatto con i clienti per personalizzare l’offerta. Nel nostro settore vincerà non tanto chi ha la tecnologia migliore ma chi la sa confezionare meglio. È la strategia di un’impresa che fa la differenza. In tutti i settori vi sono comportamenti non etici. Noi abbiamo compreso che una buona formazione dei nostri operatori ci porta a ottenere maggiore fiducia nei clienti”. Il mercato odierno, ha aggiunto Delzio, ‘’è un mercato aperto in cui il consumatore è diventato sovrano e per riuscire ad accontentarlo è necessario formare sempre di più il personale, e dunque garantire delle opportunità di crescita ai lavoratori”. Il cliente appare quindi il tassello fondamentale per garantire uno sviluppo e un miglioramento non solo del mercato ma anche delle realtà lavorative. “C’è una miopia in due direzioni – ha spiegato Irene Tinagli- nell’incapacità di garantire dei sani diritti lavorativi agli operatori dei call center. Non solo perché il cliente è al centro del sistema e deve rapportarsi nel miglior modo possibile con l’utente, ma perché all’interno delle imprese l’investimento più importante e fruttuoso riguarda il personale. Infatti se in un’azienda il personale si trova bene allora è anche in grado di produrre di più”.
Alla presentazione dell’Annuario, domenica 6 giugno, hanno partecipato ancora Massimo Mascini, Nunzia Penelope e Tiziano Treu, coordinati da Tonia Mastrobuoni. I relatori hanno discusso di sindacato, politiche del lavoro, crisi economica, disoccupazione e rapporti industriali.
“L’Italia è attanagliata da diverse divisioni -ha spiegato Mascini- Tra nord e sud del Paese, tra lavoratori protetti, tutelati e lavoratori privi di ogni diritto e garanzia. A ciò si aggiunge una classe politica e dirigente storicamente incapace di indicare una traiettoria precisa e brillante”. Divisioni che, specie negli ultimi mesi, hanno coinvolto anche le sigle confederali, messe ancor più in crisi dal terremoto economico e finanziario dell’ultimo biennio. “Il sindacato è in difficoltà, e sembra incapace di capire dove e come affrontare i problemi. La divisione stessa consumatasi all’interno del mondo sindacale ne è testimonianza”.
“Nessun lavoratore, neanche quello a tempo indeterminato o del settore pubblico può considerarsi “protetto”, ha aggiunto Nunzia Penelope, anche riferendosi alla recente manovra finanziaria che va a colpire maggiormente proprio gli addetti del pubblico impiego. Lo stesso sindacato, ha proseguito, ‘’non rappresenta più la propria base sociale, di cui non è in grado neanche più di guidare le vertenze sindacali come testimonia quanto accaduto negli ultimi mesi”. Proprio il graduale e ormai definitivo scollamento che si è consumato tra mondo sindacale e lavoratori è stato il fulcro del dibattito. Uno scollamento che, a detta degli autori, è avvenuto per tutte le categorie di rappresentanza, compresa Confindustria. “Le classi dirigenti si sono staccate dalla loro base di rappresentanza e invece di discutere dei problemi con essa lo fanno tra loro – hanno denunciato -. Sindacati e Confindustria si sono trasformate in strutture di lobbies, collaterali al governo”.
Molto dell’attuale disegno l’ex ministro Treu lo attribuisce alla crisi che “ha squassato ogni equilibrio della vita economica e finanziaria” ha detto. “Il tradizionale tessuto di contrattazione è stato completamente stravolto e vigono confusione e incertezza tali che lo stesso sindacato non sa come muoversi”. Confusione e incertezza che hanno condotto alla disgregazione delle posizioni delle singole sigle confederali, “incapaci di reagire e di avere una visione, una prospettiva d’azione, di dare risposte concrete”. Come uscirne allora? Con la dichiarazione conclusiva di Mascini, che più che essere una teoria, ha il sapore di un auspicio, di una speranza. “Confidiamo nella capacità e nel dinamismo che caratterizzano i diversi territori del nostro Paese. Dai territori può ripartire l’impulso a che il sistema si rinnovi, cresca e si sviluppi creando nuove opportunità”.


























