34ª Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
Interviene il sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale Cecilia Donaggio.
La seduta inizia alle ore 10,17.
IN SEDE CONSULTIVA
(1184, 1184-bis e 1184-ter) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007 – 2009 e relative Note di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati
– (Tabb. 4 e 4-ter) Stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale per l’anno finanziario 2007
– (Tabb. 18 e 18-ter) Stato di previsione del Ministero della solidarietà sociale per l’anno finanziario 2007
(1183) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007 ), approvato dalla Camera dei deputati
(Rapporto alla 5a Commissione. Seguito dell’esame congiunto e rinvio)
Riprende l’esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta del 23 novembre scorso.
Il presidente TREU ricorda che nella precedente seduta sono state svolte le relazioni sullo stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e sullo stato di previsione del Ministero della solidarietà sociale, nonché sulle parti connesse del disegno di legge finanziaria.
Interviene quindi nella discussione il senatore DI SIENA (Ulivo), il quale rileva che l’avvio del confronto sulla manovra di finanza pubblica, positiva e condivisibile nella sua impostazione e nelle finalità perseguite, ha palesato una serie di problemi che il Governo e la maggioranza politica che lo sostiene dovranno affrontare senza indugi, e che riguardano, essenzialmente, le modalità di costruzione della manovra medesima, e degli strumenti normativi attraverso i quali essa viene attuata. Attualmente, infatti, tali modalità esaltano le spinte corporative e settoriali, suscettibili di contraddire, quando non di travolgere, indirizzi di fondo ed obiettivi elaborati dal Governo e dal Parlamento. In una certa misura, questa situazione è determinata anche dal persistere di aree di indeterminatezza per quanto riguarda alcune scelte di politica economica, sulle quali è necessaria una riflessione da parte dell’Esecutivo e delle forze politiche della maggioranza, in grado di approfondire e specificare strumenti ed obiettivi della stagione di riforme che dovrebbe aprirsi subito dopo il varo della legge finanziaria per il triennio 2007-2009, e per la quale è necessario sin da subito indicare alcune priorità.
Proseguendo nel suo intervento, il senatore Di Siena si sofferma quindi sul comma 696 dell’articolo 18 del disegno di legge finanziaria, avente ad oggetto il collocamento in mobilità lunga di 6.000 lavoratori: si tratta di una misura di per sé accettabile, ma desta forte perplessità la conseguenza che viene prospettata sul piano pensionistico. A questi lavoratori viene infatti applicato il trattamento più favorevole, già previsto dalla riforma pensionistica del 2004 per un contingente di 10 mila lavoratori beneficiari di trattamenti di mobilità e di sostegno del reddito, in base al quale l’accesso al pensionamento di anzianità è consentito, anche dopo il 1° gennaio 2008, a chi abbia maturato nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legislazione vigente. Al fine di evitare che si determini un’ingiustificata disparità di trattamento, suscettibile di penalizzare i lavoratori già collocati in mobilità e che sono integralmente assoggettati al regime pensionistico previsto dalla citata legge n. 243 del 2004, si dovrebbe prevedere l’estensione del regime previsto dal comma 696 a tutti i soggetti che si trovano a fruire di trattamenti di mobilità lunga: una tale estensione, oltre a realizzare un intervento dovuto sotto il profilo dell’equità, comporterebbe oneri finanziari piuttosto contenuti, poiché i lavoratori collocati in pensione cessano di percepire l’indennità di mobilità, che, come la pensione, è erogata dall’INPS. Queste considerazioni sono alla base dell’ordine del giorno n. 1, che il senatore Di Siena ritiene quindi di avere illustrato.
Il senatore NOVI (FI) osserva che per comprendere nei suoi tratti essenziali la manovra di finanza pubblica all’esame occorre ricondursi alla massiccia opera di disinformazione sulle condizioni economiche del paese, messa in atto, nei mesi conclusivi della passata legislatura, dalle forze politiche di centro-sinistra e sostenuta da autorevoli centri di ricerca pubblici e privati, come gli uffici studi della Banca d’Italia e della Confindustria. In questo clima di alterazione della verità si collocano le analisi catastrofiste sullo stato dei conti pubblici e il ricorrente richiamo ad un presunto declino dell’Italia, espressione peraltro presto caduta in disuso per la manifesta infondatezza delle valutazioni ad essa sottostanti. La stessa Confindustria, dopo avere aderito a questa impostazione, la ha sostanzialmente smentita, ammettendo che sin dall’estate del 2005 vi erano chiari segni di ripresa economica. Analoghe tardive ammissioni, peraltro, sono giunte dal Governatore della Banca d’Italia: a ridosso dell’apertura dei seggi, egli ammise l’inconsistenza delle argomentazioni basate su un presunto declino del paese, mentre sulla grande stampa apparivano contestualmente le prime notizie sul balzo in avanti delle entrate fiscali, da ascrivere, quindi, all’azione del Governo di centro-destra. Questa realtà è stata occultata nel periodo conclusivo della XIV legislatura, perché se l’elettorato ne avesse avuto sentore, probabilmente dalle urne sarebbe uscito un risultato diverso, non favorevole al centro-sinistra.
Sia la Confindustria, sia la Banca d’Italia non hanno mai voluto riconoscere che tra il 2002 e il 2005 l’intero sistema produttivo italiano ha attraversato un processo di ristrutturazione che lo ha riposizionato in termini di competitività sul mercato internazionale. Questi soggetti hanno sostenuto e sostengono un blocco sociale, che fa capo alle forze politiche di centro-sinistra, imperniato sulla grande industria, su alcune categorie di lavoratori, sul pubblico impiego e su tutti i soggetti che usufruiscono, a vario titolo, di benefici a carico della finanza pubblica. A tale blocco se ne contrappone un altro, facente capo alla coalizione di centro-destra, e basato essenzialmente sulla piccola impresa e sui lavoratori non assistiti dalla mano pubblica: in sostanza, si tratta di uno scontro tra garantiti e non garantiti, nel quale può compendiarsi la vicenda politica degli ultimi dieci anni e che è bene esemplificato dalla vicenda della crisi FIAT – durante la quale solo il governo Berlusconi contrastò con successo il progetto dell’azienda di avvalersi in modo parassitario dell’ausilio delle risorse pubbliche – o da un processo di privatizzazione delle imprese pubbliche dal quale è derivato, nel corso degli anni ’90, un vero e proprio saccheggio del pubblico erario a vantaggio di pochi gruppi affaristici, che ricambiano oggi con il loro sostegno l’aiuto a suo tempo ricevuto dall’attuale Presidente del Consiglio.
Il disegno di legge finanziaria – prosegue il senatore Novi – è coerente con le scelte politiche di fondo testé illustrate. In particolare, l’intervento sul cuneo fiscale avvantaggia esclusivamente la grande industria, sicuro sostegno dell’attuale Governo, mentre la maggior parte dei lavoratori, in particolare i lavoratori autonomi e i titolari dei redditi meno elevati, sono penalizzati da una manovra sulle aliquote IRPEF che colpisce in particolare i ceti sociali che hanno maggiormente sofferto le conseguenze di una crisi indotta da un cambio punitivo tra la lira e l’euro. Dalla manovra di finanza pubblica è poi del tutto assente qualsiasi intervento in materia di disoccupazione, mentre risulta invece evidente l’urgenza di una nuova e più salda rete di protezione sociale, indispensabile complemento dell’aumentata flessibilità del lavoro. A conferma del carattere classista della manovra all’esame, va poi sottolineato che viene cancellata un’importante misura contenuta nella legge finanziaria per il 2006, riguardante la possibilità di acquisire alloggi di edilizia popolare mediante mutui proporzionali al reddito familiare: piuttosto che creare nuovi proprietari, il Governo ha scelto la strada di conservare strutture inefficienti e clientelari come gli IACP.
Il senatore VIESPOLI (AN), dopo aver sottolineato il carattere rituale e didascalico dei reiterati richiami a rigore, sviluppo ed equità sociale con i quali gli esponenti del Governo continuano a presentare la manovra di finanza pubblica per il 2007, rileva che la dimensione quantitativa complessiva della stessa non può essere giustificata da esigenze attinenti al risanamento dei conti pubblici e al rigore. Tale argomentazione, fondata su un’impostazione “catastrofista” diffusa strumentalmente dalle forze politiche del centro-sinistra nel corso della campagna elettorale – e confermata nel Documento di programmazione economica e finanziaria per il 2007 – è risultata nel tempo sempre meno credibile, come emerge anche dalle più recenti dichiarazioni dello stesso Presidente del Consiglio e del Ministro dell’economia.
Una manovra orientata esclusivamente sull’esigenza di riallineamento dei conti pubblici ai parametri comunitari avrebbe sicuramente avuto una dimensione complessiva più contenuta – pari a circa 10 o 12 miliardi di euro – e conseguentemente appare evidente che il richiamo agli obblighi contratti in sede europea risulta meramente strumentale, atteso che l’intervento di finanza pubblica in discussione si giustifica esclusivamente alla luce di specifiche scelte politiche effettuate dall’Esecutivo attualmente in carica.
Peraltro va evidenziato che le misure contenute nel disegno di legge finanziaria all’esame risultano incompatibili con le linee guida che stanno emergendo in ambito europeo, specie per quel che concerne le politiche di sviluppo e le politiche attive del lavoro. In particolare, le misure adottate per favorire il turn over dei lavoratori di età superiore ai 55 anni con manodopera più giovane, attraverso il ricorso al rapporto di lavoro a tempo parziale, contraddicono la prospettiva di prolungamento della vita attiva dei lavoratori anziani, che costituisce invece un asse portante della politica comunitaria.
In realtà, il disegno di legge finanziaria non persegue coerentemente l’intento di favorire la trasmissione di esperienze dai lavoratori anziani a quelli recentemente assunti, come si può desumere dall’indifferenza che traspare in esso nei confronti dell’apprendistato, fortemente valorizzato invece dalla legge n. 30 del 2003 anche come strumento di raccordo tra generazioni di lavoratori: la manovra all’esame, infatti, non sembra orientata a contrastare l’inerzia delle regioni, che, non legiferando nelle materie di loro competenza, contribuiscono ad ostacolare il decollo dell’apprendistato medesimo, e a ridurre conseguentemente le opportunità di lavoro per i giovani. A questo proposito, occorrerebbe anche che il Governo chiarisse quali iniziative intende intraprendere per la formazione professionale, in particolare per quel che concerne le risorse stanziate a tal fine nel disegno di legge finanziaria, pari a circa 23 milioni di euro.
La misura inerente alla riduzione del cuneo fiscale è stata presentata come una componente essenziale della strategia volta al rilancio della competitività del sistema economico. Per questo aspetto – osserva il senatore Viespoli – il Governo sembra avere accolto un’impostazione che aveva a suo tempo duramente contestato, fondata sull’idea che un recupero di competitività del sistema produttivo debba fondarsi prioritariamente sulla riduzione del costo del lavoro, piuttosto che sull’innovazione, la ricerca, le tecnologie e la valorizzazione del capitale umano. In realtà, come peraltro hanno sostenuto anche alcuni autorevoli economisti politicamente vicini all’Unione, la riduzione del cuneo fiscale rappresenta una misura di carattere contingente, di corto respiro, priva di quella valenza strategica che le si vorrebbe attribuire, e paragonabile, nei suoi effetti, alle svalutazioni competitive che si sono succedute in Italia fino all’avvento della moneta unica.
Riguardo poi ai profili attinenti al Mezzogiorno, gli effetti delle misure volte alla riduzione del cuneo fiscale nonché quelle inerenti al credito d’imposta per investimenti – peraltro non cumulabili tra loro – rischiano di risultare fortemente ridimensionati dalla regola comunitaria de minimis, della quale però occorrerebbe precisare in maniera più analitica i risvolti e l’ambito di applicazione, soprattutto con riferimento all’abbattimento della base imponibile IRAP per i lavoratori occupati nel Mezzogiorno.
Va peraltro sottolineato che, fatta eccezione per taluni profili, è ravvisabile una sostanziale continuità tra il disegno di legge finanziaria in esame e quello approvato per l’anno 2006, relativamente alle misure concernenti deroghe o proroghe della cassa integrazione e dei trattamenti di mobilità, in quanto in entrambi i provvedimenti si prospettano interventi provvisori e frammentari, senza un approccio organico e complessivo rispetto alla tematica degli ammortizzatori sociali, che sarebbe invece fortemente auspicabile. A tale proposito, appare grave e non condivisibile una recente affermazione del ministro Damiano, circa la necessità di rinviare ogni intervento strutturale sugli ammortizzatori sociali al momento in cui saranno reperite le risorse finanziarie necessarie.
Non si può poi non sottolineare il carattere dirigista e autoritario della misura che, per le aziende con oltre cinquanta dipendenti, destina le quote del TFR maturando, non destinate alla previdenza integrativa, al Fondo istituito presso l’INPS: è inaccettabile che, a seguito di tale scelta, venga nei fatti stracciata un’intesa sottoscritta da 23 sigle sindacali, sulle compensazioni per le imprese, in spregio alle più elementari regole del sistema delle relazioni industriali, e si decida in modo unilaterale di orientare forzosamente parte delle retribuzioni dei lavoratori verso gli investimenti per le infrastrutture. Rispetto a tale anomalia non può essere sottaciuta una specifica responsabilità delle principali organizzazioni sindacali confederali che hanno accettato supinamente una misura contro la quale si sarebbero attivamente mobilitate, qualora fosse stata adottata dal precedente Esecutivo.
Il senatore PICCONE (FI), dopo aver sottolineato preliminarmente il carattere confuso e contraddittorio di gran parte delle misure contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2007, osserva che in esso le quote del TFR maturando, forzosamente devolute al Fondo istituito presso l’INPS, sono considerate, in modo del tutto infondato, come somme da iscrivere tra le entrate del bilancio dello Stato, mentre i rapporti in questione rivestono natura debitoria, dovendo comunque lo Stato provvedere alla liquidazione ai lavoratori di tali emolumenti.
L’impostazione complessiva sottesa alla manovra finanziaria all’esame si incentra da un lato sull’aumento delle entrate e dall’altro sull’incremento delle spese, con tutte le conseguenze negative di tale opzione, che hanno portato al recente declassamento dall’Italia da parte delle più autorevoli società di rating.
Dopo aver osservato che le misure introdotte relativamente alle procedure contabili inerenti all’ICI indeboliscono notevolmente le potenzialità finanziarie degli enti locali, il senatore Piccone si sofferma sulla politica seguita dall’Esecutivo attualmente in carica rispetto alle infrastrutture, che ha comportato l’inopportuno blocco delle procedure di realizzazione di talune importanti opere pubbliche. Sul versante fiscale, poi, si persegue in modo preoccupante la scelta di adottare misure di carattere retroattivo, già intrapresa con la manovra correttiva varata nell’estate, e colpevolmente proseguita in palese contrasto con i principi solennemente stabiliti nello Statuto del contribuente varato nel 2000 da un Governo di centro-sinistra.
Parimenti risulta eccessivamente rigida la disciplina fiscale e contributiva volta a incentivare il ricorso da parte delle imprese al lavoro subordinato a tempo indeterminato, suscettibile di compromettere le esigenze di flessibilità sottese all’attuale mercato del lavoro.
Le misure definite di stabilizzazione dei rapporti di lavoro – inserite nel disegno di legge finanziaria in seguito alle ben note vicende delle ispezioni condotte dai servizi competenti del Ministero del lavoro presso società di gestione dei call center – celano maldestramente dei condoni previdenziali, in palese contrasto con le vivaci critiche mosse al Governo dalle forze politiche di centro-sinistra nel corso della passata legislatura, per il varo di alcuni condoni fiscali che, peraltro, non hanno mancato di produrre apprezzabili effetti di riequilibrio dei conti pubblici.
Le misure attinenti alle proroghe dei trattamenti di mobilità per i lavoratori di imprese assoggettate a processi di ristrutturazione e di riorganizzazione, vengono poi prospettate senza l’individuazione preventiva di un criterio oggettivo, con la conseguenza che non si interviene in alcun modo in comparti attraversati da gravi situazioni di crisi, come ad esempio quello saccarifero.
Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 11,45.
ORDINE DEL GIORNO AL DISEGNO DI LEGGE
N° 1183
0/1183/1/11a
L’11a Commissione permanente del Senato,
in sede di esame delle parti di competenza del disegno di legge finanziaria per l’anno 2007;
premesso che:
all’articolo 18, comma 696, del disegno di legge finanziaria si prevede la collocazione in mobilità di 6000 unità entro il 31 dicembre 2007;
a costoro, ai fini del trattamento pensionistico, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 11 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e della tabella allegata al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, come sostituita dalla citata legge n. 724 del 1994, nonché le disposizioni di cui all’articolo 59, commi 6, 7, lettere a) e b), e 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni;
impegna il Governo:
ad estendere, ai fini del trattamento pensionistico, a tutti coloro che attualmente si trovino in mobilità e ne maturino i requisiti l’applicazione delle norme di cui sopra.