L’amministratore delegato della Thyssenkrupp, Harald Espenhahn, “sapeva che la linea di ricottura e decapaggio” dell’acciaieria di Torino era “a rischio incendio”, ma era anche “imprenditore esperto, abituato a ponderare le proprie decisioni nel tempo, anche confrontandosi con altri collaboratori specializzati, e’ impensabile che egli abbia agito in maniera tanto irrazionale”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza d’appello per il rogo dello stabilimento Thyssen di Torino, in cui persero la vita sette operai.
Lo scorso 28 febbraio Espenhahn era stato condannato in secondo grado a dieci anni, per omicidio colposo con colpa cosciente, con uno sconto di pena di 6 anni rispetto al primo grado di giudizio, perche’ la corte non aveva riconosciuto l’omicidio volontario con dolo eventuale, chiesto dall’accusa, coordinata dal Pm Raffaele Guariniello. Un fatto che fece infuriare i parenti delle vittime che occuparono per alcune ore in lacrime l’aula di tribunale.
Sempre a febbraio la corte aveva condannato anche i manager della multinazionale dell’acciaio Gerald Priegnitz e Marco Pucci a 7 anni di carcere, il direttore dello stabilimento Raffaele Salerno e il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri a 8 anni, 9 anni infine per Daniele Moroni.
Gli imputati “agirono nella convinzione” che un eventuale rogo sarebbe stato evitato. “Ovviamente questo non significa affatto che Espenhahn (e anche gli altri imputati) non previdero gli eventi come possibili, ma solo che essi fecero prevalere le loro personali valutazioni che essi non si sarebbero verificati, nonostante tutti gli avvisi, gli allarmi che avevano ricevuto e che avevano loro indicato chiaramente il contrario”.
La difesa in secondo grado aveva puntato ad addossare inefficienze nella gestione dell’emergenza proprio sulle vittime.
Una tesi non accolta dai giudici, visto che nella sentenza si legge che “gli operai non fecero che dare attuazione al piano di emergenza che era stato loro imposto (senza alcuna formazione e informazione dei rischi specifici)”. Un fatto che “esclude totalmente che il loro comportamento possa essere qualificato imprudente, imprevedibile, imprevisto”. (LF)