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Home - Approfondimenti - Interviste - Alitalia, Pellecchia: no a una “compagnia bonsai”, o non sarà in grado di competere

Alitalia, Pellecchia: no a una “compagnia bonsai”, o non sarà in grado di competere

di Tommaso Nutarelli
16 Aprile 2021
in Interviste
Pellecchia, da Alitalia al tpl, le nostre idee per rimettere in moto l’Italia

La nuova Alitalia non dovrà essere una compagnia bonsai, altrimenti non ci sarà possibilità di competere con gli altri vettori. A parlare è Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit-Cisl, in merito alla vertenza sulla compagnia di bandiera. Da Bruxelles, spiega Pellecchia, arrivano richieste eccessivamente dure, che si fatica a comprendere. Ancora poco chiara la linea del governo.

 

Pellecchia, qual è la situazione di Alitalia?

La vertenza Alitalia si snoda in un momento non certo facile per tutto il comparto aereo. A causa delle restrizioni, solo il 20-30% dei passeggeri si sta muovendo. Unica eccezione sono i voli cargo per il trasporto merci, in cui la domanda ha superato l’offerta, con un conseguente aumento dei prezzi. Oltre a questo scenario, ci sono poi tutta una serie di elementi che stanno rendendo difficile il buon esito della vertenza, a partire dai rapporti con l’Europa.

Perché?

Da Bruxelles stanno arrivando richieste e veti di cui francamente continuo a non capire la logica. Un atteggiamento severo, per usare un eufemismo, che non è stato tenuto con altre compagnie, come Air France o Lufthansa.

Che genere di richieste?

Innanzitutto la nuova compagnia dovrebbe abbandonare il nome Alitalia, rinunciando così a un brand e un marchio che nel mondo è conosciuto al pari del marchio Ferrari, con un grave danno d’immagine ed economico. È stata poi avanzata la richiesta di cedere una quota molto elevata di slot (finestre di orari tassativi e prestabiliti in cui in cui è consentito fissare la partenza e l’arrivo degli aeromobili), così come di disfarsi di alcuni asset strategici per la compagnia. Questo comporterebbe la nascita di una compagnia bonsai, con una flotta di 40-50 aerei.

Vi è stata spiegata la ragione di queste richieste?

Il motivo sta nel fatto che Alitalia, anche prima della pandemia, era in difficoltà e subiva perdite, e questo le impedisce di ricevere gli aiuti di stato per compensare i danni subiti dalla pandemia. Inoltre, questo riassetto dovrebbe instradarla verso un rilancio. Ma questa è una narrazione che non corrisponde al vero.

Perché?

Perché Alitalia, dopo essere stata gestita dai privati, è passata in amministrazione straordinaria. E quando un’azienda si trova in questa situazione molte decisioni, come la definizione di un nuovo piano industriale o di una nuova strategia, non possono essere assunte. Quindi, per molto tempo, Alitalia è stata un’azienda a privata di parte delle sue prerogative, che non ha potuto realmente competere sul mercato, nonostante gli ottimi risultati del 2019: su un traffico di 192 milioni di passeggeri, Alitalia ne ha intercettati e trasportati più 21 milioni, fornendo servizi qualitativamente rilevanti.

Prima ha parlato di trattamenti diversi da parte di Bruxelles nei confronti di altre compagnie. Nello specifico che cosa si è verificato?

Che, come dicevo, c’è stato un rigore ingiustificato da parte dell’Europa, per un pacchetto di aiuti intorno a 1,4 miliardi per Alitalia, quando Air France ne ha ricevuti 7 e Lufthansa 9. Anche per i ristori dovuti al Covid, l’Europa ha modificato i criteri di calcolo durante l’iter approvativo, per ben tre volte, e solo per Alitalia.

A cosa è dovuta questa diversità?

Bisognerebbe chiederlo all’Europa e al nostro Governo. La difesa di Alitalia da parte del sindacato è la difesa di un asset strategico per tutto il Paese, indispensabile per rilanciare il turismo e l’economia nazionale.

Come valutate la linea tenuta dall’esecutivo?

Al momento non abbiamo ancora ben capito quale sia la strategia. Da tempo chiediamo la convocazione di un tavolo interministeriale, con il Mise, il ministero dei Trasporti, oggi Mims, quelli dell’Economia e del Lavoro, che sono gli interlocutori per affrontare le problematiche di Alitalia in amministrazione straordinaria e della nuova compagnia a 360 gradi.

Ad oggi qual è la situazione occupazionale?

I lavoratori diretti sono 11mila, mentre nell’indotto siamo tra gli 11mila e i 22mila (si stima da 2 a 3 persone per l’indotto per ogni dipendente di Alitalia)

E quali sarebbero i numeri della nuova compagnia? Si parla di non più di 2500 addetti, è così?

È molto difficile dirlo. Con una flotta di 40-50 aerei, gli addetti potrebbero oscillare tra i 2-3mila, anche se i numeri dipenderanno dal tipo di aeromobili acquisiti dalla nuova compagnia. Inoltre bisogna capire se la newco possa avere al suo interno altre attività, come la manutenzione o l’handling. Al momento ci sono ancora troppe incognite, che dovranno essere sciolte nel piano industriale da discutere con i vertici di ITA.

Come dovrebbe essere strutturato?

Bisogna assolutamente evitare gli errori del passato, come l’essere usciti dalle rotte domestiche, di medio e lungo raggio. Inoltre si continua a ripetere che il costo del lavoro è elevato. Cosa non vera, visto che per alcune professionalità è inferiore a quello delle compagnie low cost. Serve, insomma, un piano industriale ambizioso, che preveda l’acquisizione di macchine cosiddette full cargo destinate all’esclusivo trasporto delle merci. È chiaro che se il risultato dovesse essere la nascita di una compagnia bonsai, non ci sarebbe nessuna possibilità di competere con altre realtà, e allora sì che i soldi usati in tutti questi anni sarebbero realmente buttati via.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

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Giornalista de Il diario del lavoro.

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