Una realtà a due facce. Da un lato, la sostenibilità è sempre più una priorità per le aziende italiane; ma dall’altro, solo una su 20 misura realmente il proprio impatto ambientale, secondo canoni e certificazioni riconosciute, anche se una su due dichiara di farlo. In base a queste considerazioni e’ nata la prima certificazione on line in Italia su questi temi, fondata su protocolli internazionali, e ora a disposizione delle imprese italiane grazie a un accordo di collaborazione tra Fòrema, ente di formazione del sistema confindustriale veneto e Iase Italy, la filiale italiana dell’International Association for Sustainable Economy.
Tra le imprese italiane il 59% ha gia’ istituito un comitato Esg, in linea con il 61% delle realtà globali. In questo contesto, le grandi aziende sono spinte a dotare i loro consigli di amministrazione di professionisti esperti in ambito ESG, oltre che individuare i dirigenti di riferimento all’interno delle strutture produttive. Ancora più presente risulta questa esigenza per quanto riguarda le PMI, dove e’ assai limitato il numero di aziende già pronte a competere nella sfida globale della sostenibilità ESG. Su queste basi, nasce l’esigenza di formare il personale di tutte le aziende con un protocollo di “Exponiental training”, per diffondere le buone pratiche il più possibile.
Proprio per la realizzazione del piano di formazione è stato siglato un accordo tra Fòrema, ente di formazione di Confindustria Veneto Est, associazione di impresa che rappresenta 5.500 aziende e per importanza a livello nazionale è seconda solo ad Assolombarda, e IASE Italy, filiale italiana della “International Association for Sustainable Economy”. Si tratta di un pacchetto formativo che le aziende potranno acquistare e quindi fornire ai dipendenti, che a seguito del compimento del programma di studio, dovranno sostenere un esame per ottenere la certificazione internazionale.
Entrando nel dettaglio, Fòrema proporrà i corsi di ISB® – International Sustainable Business, certificazione specifica per il settore produttivo, in due livelli differenti. Per entrambe le certificazioni, il primo livello è comune a tutti i Paesi e tutte le culture nel mondo, il secondo livello è più adatto agli Stati occidentali come l’Italia ed è già disponibile, mentre un terzo livello per gli specialisti del settore ESG sarà disponibile alla fine del 2023.
Mario Ambrosi (nella foto), Presidente di IASE Italy, commenta così l’accordo: “IASE Italy ha fortemente voluto la collaborazione con Fòrema e Confindustria Veneto Est, avendo individuato nelle imprese italiane il campo principale entro il quale si svolge la partita della sostenibilità”. Il Presidente di Fòrema e vicepresidente di Confindustria Veneto Est, Enrico Del Sole, aggiunge: “Abbiamo in corso collaborazioni con l’Università di Padova e Ca’ Foscari di Venezia che utilizzeremo per creare i percorsi formativi propedeutici all’ottenimento delle certificazioni di Iase Italy-spiega- mai come adesso crediamo sia necessario formare gli imprenditori, in particolare quelli del mondo della finanza, attorno a questi temi e dare risposte concrete alle nostre imprese, al di là delle inutili iniziative di facciata. La modalità scelta è quella di corsi di e-learning che erogheremo direttamente dalla nostra piattaforma on line, ispirandoci a protocolli di successo già operativi nelle grandi capitali come Londra e Madrid”.
In parallelo all’iniziativa, Fòrema ha fornito ad un parterre di imprenditori e manager del Triveneto potenzialmente interessati ai corsi di formazione una serie di questionari per capire le loro priorità su diversi ambiti, analizzando le risposte di 226 aziende. Tra i trend più interessanti, il rapporto stridente tra quanto si comunica e quanto poco si faccia. Infatti, solo una azienda su venti (5%) dichiara di misurare il proprio impatto ambientale con dati e numeri precisi, adottando uno standard indipendente di analisi come il B Impact Assessment o l’SDG Action Manager, mentre una ogni due (50%) si vanta di comunicare e aver attivato azioni di marketing in ambito di sostenibilità. Dietro questi dati c’è chiaramente una vocazione al “green washing” a vari livelli che riguarda dunque circa metà delle aziende.
A riprova di ciò anche il fatto che sono poche le aziende che si sono dotate di un piano di decarbonizzazione. Infatti, solo una azienda su quattro (il 26%) monitora le emissioni di anidride carbonica relativamente alle emissioni dirette generate (come la combustione di combustibili fossili per riscaldare uno stabilimento) o alle emissioni indirette legate ai consumi energetici (esempio: produzione di elettricità per alimentare uno stabilimento). Una sola azienda su cinque (il 20%) si è poi data degli obiettivi di riduzione dell’anidride carbonica nel medio periodo, mentre il 37% dichiara invece di essersi data “obiettivi specifici” per la riduzione degli impatti ambientali.