Ricorso automatico agli ammortizzatori sociali per tutte le ipotesi di sospensione o riduzione dell’orario del lavoro a causa del caldo. È questa la principale novità del Protocollo sull’emergenza climatica che le parti sociali firmeranno oggi alle 17 al ministero del Lavoro. Sempre in materia di ammortizzatori sociali questi saranno estesi anche ai lavoratori stagionali e non verranno computati, quando adoperati per il caldo, nel limite massimo del loro impiego.
Tra i punti sui quali si sviluppa il Protocollo, che ha come scopo quello di “promuove le buone pratiche al fine di scongiurare infortuni e malattie professionali, come anche eventi e condizioni di malessere, connessi alle emergenze climatiche”, ci sono formazione, informazione e prevenzione, sorveglianza sanitaria, rimodulazione degli orari di lavoro e dispositivi di protezione individuali.
Una cornice di riferimento che sindacati e rappresentanze datoriali dovranno poi mettere a terra attraverso accordi di categoria, territoriali e aziendali e che sarà verificata con incontri periodici, e non oltre i sei mesi dalla sottoscrizione, tra le parti firmatarie. Inoltre “potranno essere costituiti, a livello territoriale o settoriale, ad iniziativa congiunta dei soggetti firmatari del presente Protocollo, specifici gruppi di lavoro per le finalità del Protocollo, anche con il coinvolgimento delle autorità sanitarie locali e degli altri soggetti istituzionali coinvolti nelle iniziative per la gestione delle emergenze climatiche”.
Nel documento c’è anche il richiamo al Testo Unico sulla sicurezza, il decreto legislativo 81 del 2008, che già contiene indicazioni in tal senso, e che dovranno essere rese più stringenti e dettagliate alla luce di accordi firmati tra le tra le parti.
Nel complesso la bozza del Protocollo si presenta più come un perimetro di riferimento per sindacati e imprese che come un compendio con indicazioni dettagliate. Sarà poi la contrattazione, attraverso tutti i suoi livelli, a indicare strumenti specifici da mettere in campo. Infatti le misure contenute, tutte molto generiche, non si discostano molto da quelle presenti nelle 15 ordinanza regionali. L’ultima in ordine di tempo è stato il Veneto.
“E’ la prima volta in assoluto che il Veneto affronta il tema dal punto di vista normativo, e questo grazie al lavoro unitario dei sindacati” ha detto la segretaria generale della Cgil regionale, Silvana Fanelli. “Durante gli eventi di calore estremo, come quelli registrati in questi giorni, il rischio complessivo di infortuni sul lavoro può aumentare del 17%. I rischi sono concreti e lo dimostrano i numerosi infortuni che continuano a registrarsi nel nostro territorio”.
“Importante – ha concluso – è il riferimento all’art. 650 del codice penale, con le annesse sanzioni previste nei confronti delle aziende che non rispettano i divieti imposti dalla Regione. Ribadiamo che si tratta di un primo passo verso maggiori tutele per lavoratori e lavoratrici, in quanto la questione dello stress termico nei luoghi di lavoro deve essere affrontata in modo strutturale e non emergenziale e per questo continueremo ad incalzare la Regione”. Le prossime amministrazioni a emanare ordinanza saranno quelle di Marche e Friuli Venezia Giulia, mentre all’appello mancano Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Molise.
Provvedimenti che nel complesso interessano, all’incirca, 3 milioni di lavoratori. Nello specifico è indicata la revisione dell’organizzazione del lavoro, attraverso una maggiore turnazione, e la presenza di punti di ristoro all’ombra. Lo stop alle attività è previsto nelle ore più calde, dalle 12 alle 16, sulla base delle previsioni climatiche presenti sul Worklimate, Inail e Cnr. Su questo punto potrebbe esserci una difformità tra le ordinanze regionali e il Protocollo. Stando alle indiscrezioni il testo che il ministero del Lavoro dovrebbe presentare alle parti sociali farebbe riferimento alle rilevazioni delle Asl per il rischio termico. Ma questo vorrebbe dire affidarsi a un sistema di monitoraggio vetusto, con poca diffusione sul territorio nazionale e meno preciso della piattaforma Worklimate, capace di offrire dati dettagliati e aggiornati e sul quale tutte le ordinanze regionali fanno affidamento.
Ma oltre che sulla salute, le ondate di caldo danneggiano anche l’economia. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima una perdita del -2,2% delle ore lavorative potenziali globali a causa dello stress da calore, pari a circa 80 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. È stato osservato che la capacità di svolgere lavoro fisico cala del 40% con temperature di 32°C e si riduce di due terzi a 38°C. Per questa ragione, a livello europeo, si prevede per il 2025 una perdita del PIL pari -0,5% e dello -0,6% a livello globale. In Italia la perdita sarà il doppio, 1,2% mentre in Francia e Germania la perdita di Pil sarà dello 0,3% e dello 0,1%.
Tommaso Nutarelli