Andrea Ciampani – Professore di storia del movimento sindacale all’Università Lumsa di Roma
Questo articolo riprende alcuni temi del numero di luglio-settembre della rivista “Sindacalismo, rivista di studi sulla rappresentanza del lavoro”
Un movimento sindacale moderno e forte, che sappia interpretare il suo ruolo di difesa degli interessi dei lavoratori in una società aperta, così come auspicato anche dalla stessa rappresentanza associativa degli imprenditori, si riconosce principalmente dalla capacità di individuare e comprendere le priorità dei processi di trasformazione economica e sociale in corso. Solo così, infatti, si può perseguire l’obiettivo d’impostare un’azione sindacale non soltanto a valle di processi sempre più complessi e interdipendenti, quando i margini per coniugare tutele particolari e cittadinanza generale diventano ristretti, ma anticipando, se possibile, le tendenze del loro sviluppo per orientare le decisioni riguardanti il lavoro organizzato e la crescita dell’intera collettività.
E’ da auspicare, dunque, che a un movimento sindacale dinamico, anche e soprattutto nel settore energetico, il mercato si possa sviluppare, come già ricordava Giovanni Marongiu nel 1990, come “il luogo nel quale il diritto di libertà economica viene ugualmente riconosciuto a tutti gli attori che vi accedono”, in modo che questa libertà si svolga “all’interno di un meccanismo competitivo (secondo il principio di concorrenza) che tende a impedire il formarsi di posizioni di potere dominante di alcuni soggetti imprenditoriali nell’ambito delle relazioni economiche”.
Del resto, alla luce delle potenti trasformazioni attuali (e in maniera manifesta per quanto riguarda le tematiche delle relazioni industriali di queste ultime settimane) è sempre più facile avvertire il mercato quale “frutto di un lungo e complesso processo sociale e culturale, da un lato, e dall’altro come relazione tra attori sociali che mentre promuovono i propri comportamenti quello stesso mercato sopradefiniscono” (così lo definiva ancora nel 1990 Giulio Sapelli).
Si comprende, in tale contesto, l’esigenza del sindacato attuale di riflettere con l’intera classe dirigente italiana sulle problematiche poste dal profondo cambiamento del settore elettrico, e più in generale, dal già vivo dibattito pubblico sull’energia in Italia. Con la creazione di un “mercato” dell’energia, accompagnato dal processo di denazionalizzazione e di superamento dell’impianto monopolistico del sistema elettrico, si ricercava una stabilità di indirizzi strategici nel settore, che fosse sottratta alle incertezze e alle contraddizioni dell’evoluzione politica; si confidava in un ammodernamento del sistema sospinto dalla concorrenza degli operatori economici; si delineavano strumenti regolativi non troppo “cogenti” per aprire il mercato elettrico, senza dimenticare la missione di servizio pubblico connessa alla distribuzione di energia. In realtà, di fronte a tali prospettive si sono presto opposte alcune contraddizioni, e ciò non solo per difficoltà normative e la scala economica degli impieghi, ma anche per la mancanza di una visione generale delle culture e degli interessi che muovevano gli operatori economici e le amministrazioni nella situazione concreta.
Oggi che appare sempre più vicino il momento di decisioni strategiche per lo sviluppo del Paese, sostenendo l’energia ogni aspetto della moderna economia per migliorare la qualità della vita e ridurre l’impatto ambientale, è assolutamente urgente una riflessione complessiva sullo stato attuale del processo di liberalizzazione del sistema elettrico e della sua performance in relazione agli obiettivi auspicati in vista delle ricadute positive sull’economia e sull’intera società italiana. Si propone, peraltro, subito un serio interrogativo sulle vie da seguire per elaborare una strategia che comporti decisioni adeguate alla centralità della questione energetica, che tenga conto degli aspetti strutturali e tecnici secondo la più avanzata ricerca, che sia in grado di essere condivisibile socialmente per gli aspetti ambientali e occupazionali, e che sia anche adeguata agli scenari geo-politici internazionali. L’esigenza di programmare in tale direzione ripropone, ancora una volta, la domanda circa quali siano e possano essere gli attori in grado d’indirizzare la profonda trasformazione all’interno di politiche di governo o di regolazione che la stessa liberalizzazione del mercato esige.
In questo quadro di suggestioni, che sembrano spesso contrastanti, si coglie l’esigenza di affrontare il recente dibattito pubblico (compreso quello sulla politica nucleare) considerando la possibilità che alcuni attori si facciano promotori di comuni approfondimenti, col proposito di conciliare l’interesse generale e gli interessi particolari degli agenti economici che operano nel contesto di mercato, anche per rispetto del valore di servizio essenziale assegnato a un bene quale l’energia. Il movimento sindacale potrà, allora, dare un decisivo contributo, mettendo a disposizione come risorsa il radicamento sociale della propria rappresentanza, la capacità di realizzare accordi sul piano privato collettivo, le conoscenze maturate attraverso la competenze dei lavoratori, l’approccio partecipativo che ha maturato nella storia che ha accompagnato l’evoluzione del sindacalismo confederale.


























