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Home - Approfondimenti - Analisi - Autonomia differenziata: primissime riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale, con una premessa e otto punti

Autonomia differenziata: primissime riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale, con una premessa e otto punti

di Stefano Ceccanti
3 Dicembre 2024
in Analisi
Autonomia differenziata, ecco perché potrebbe non arrivare

VINCENZO ENZO AMENDOLAFRANCESCO BOCCIAGIUSEPPE CONTEAgenda 2023, tavolo su Europa e Autonomia differenziata

Pubblichiamo il parere del professor Stefano Ceccanti in merito alla sentenza della Corte costituzionale relativa alla legge sull’Autonomia differenziata

Una sentenza che riscrive la legge su elenco delle materie, distinzione con le Speciali, funzioni e non materie, Lep, ruolo del Parlamento, stabilità finanziaria e che la lascia con vari vuoti

Premessa. Il metodo dei cinque ambiti

In termini di metodo la Corte ha ricondotto il ricorso a cinque ambiti
a) questioni generali sull’interpretazione (punti 7 e 8 del Considerato in diritto) ; b) fonti del diritto (da 9 a 13); c) LEP) (da 14 a 16); d) leale collaborazione (da 17 a 21); e) materia finanziaria (da 22 a 29); f) altre questioni (punti 30 e 31).

  1. Interpretazione del 116.3 nel quadro dell’insieme del testo costituzionale riletto dalla Corte
    La Corte fa prima alcune considerazioni di sistema, per completare quella rilettura del Titolo Quinto che aveva fatto in alcune sentenze, in particolare la 303 del 2003, anche in relazione a quello che è cambiato nel frattempo con l’Unione europea.
Per procedere a una devoluzione di funzioni, a partire dal principio di sussidiarietà ci si deve basare su tre criteri:
“l’efficacia e l’efficienza nell’allocazione delle funzioni e delle relative risorse, l’equità che la loro distribuzione deve assicurare e la responsabilità dell’autorità pubblica nei confronti delle popolazioni interessate all’esercizio della funzione. “
I mutamenti economici e dell’assetto dell’Ue che è cresciuto rispetto al 2001 devono portare a una particolare cautela (se non proprio ad un’esclusione) nell’assegnare funzioni relative ad alcune materie previste nell’elenco del 116.3: commercio con l’estero, tutela dell’ambiente, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, professioni, ordinamento delle comunicazioni, norme generali sull’istruzione.
In altri termini la Corte, sia pure attraverso riserve di interpretazione, restringe sensibilmente l’elenco delle materie del 116.3, analogamente a quanto faceva in modo diretto sul testo la riforma costituzionale del 2016, poi bocciata nel referendum.
Vanno tenute distinte le regioni speciali dall’autonomia differenziata e quindi è illegittima la norma che consentiva anche alle Regioni Speciali di accedervi.
Le considerazioni di sistema portano poi a far saltare tutte le norme (non poche) che sembrano prospettare un trasferimento di materie anziché di specifiche funzioni: trovate l’elenco nel punto 8.4 del considerato in diritto. Qui è proprio un principio che cambia.
  1. Fonti del diritto
    Analogo cambiamento dei principio per la questione dei Lep che non possono essere determinati a partire da una delega legislativa in bianco (punti 9..2 e 9.3).
La questione della necessaria emendabilità della legge relativa ad una singola intesa e quella della non esclusività dell’iniziativa legislativa regionale sono risolte in termini di interpretazione dell’art. 116.3, ma non per questo sono meno rilevanti.
  1. Lep
    Dopo aver ribadito che i Lep con l’aggettivo ‘essenziali’ sono quantitativamente e qualitativamente diversi da una mera garanzia minima e che la loro identificazione è premessa necessaria per la differenziazione, viene accettata l’idea che possano esistere materie non Lep, ma in via interpretativa se ne delimita il contenuto, ossia esse non possono incidere sui diritti.
  1. Leale collaborazione
    Qui in realtà le questioni poste sono valutate come infondate.
  2. Questioni finanziarie
    Qui vengono accolte varie questioni proposte dalla Regione Puglia che avrebbero portato a una compartecipazione ai tributi sulla base della spesa storica.
Sono altresì ritenute fondate le questioni relative al fatto che le Regioni che conseguano un’autonomia differenziata non possano ritenersi esonerate dal principio dell’equilibrio di bilancio, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica non può essere facoltativo.
  1. Altre questioni: esistono ma vengono dichiarate infondate
  1. Il concreto dispositivo e le sue conseguenze
    Si giunge a questo punto al concreto dispositivo, che appare non solo conseguente, ma decisamente impressionante per quantità e qualità.
Senza considerare le importanti riserve di interpretazione sull’elenco delle materie e sul ruolo del Parlamento (rilevanti anche se la tecnica fa sì che non impattino direttamente sul testo, saltano per incostituzionalità:
un comma chiave dell’art. 1, idem per un comma chiave e un pezzo di un comma dell’art.2 (si tratta in entrambi i casi della questione dei trasferimenti di funzioni e non di materie), un comma decisivo sia dell’art. 3 sia dell’art. 4 riferiti ai Lep, un comma dell’art.2 su un eccesso di iniziativa legislativa delle Regioni; 3 commi dell’art. 3 che erano cardini per la determinazione dei Lep, e uno dell’art. 8 sui profili finanziari; un comma dell’art. 9 sulla facoltatività del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, un comma dell’art. 11 sull’applicabilità alle Regioni Speciali;
saltano poi per illegittimità consequenziale ben altri sei commi dell’art. 3, più di dieci commi della finanziaria 2022 che erano ripresi dalla legge sull’autonomia.
Cosa se ne dovrebbe ricavare rispetto a una legge in gran parte riscritta e anche reinterpretata e con vari buchi che al momento la rendono non applicabile?
Che almeno a prima vista sembrerebbe impossibile negare che siano cambiati i suoi “principi ispiratori” e “i contenuti normativi essenziali”: le due condizioni che la Corte costituzionale nella sentenza 68/1978 riteneva necessari per ritenere quesiti referendari superati, esauriti e quindi non più proponibili al voto degli elettori. Vedremo tra pochi giorni cosa ne penserà la Cassazione.
  1. Cosa manca al di là della sentenza: Senato delle Regioni e clausola di supremazia
    Non si poteva chiedere alla Corte di evidenziare due altre questioni che richiedono interventi di revisione costituzionale, ma le cui esigenze si colgono comunque nel testo?
E’ possibile che le esigenze di tutela dell’interesse nazionale e di leale cooperazione siano affidate solo alla Corte e non richiedano anche una Camera delle Regioni, come sede politico-istituzionale di confronto ben più rilevante delle sole Conferenze tra esecutivi? E’ possibile non regolare in modo chiaro e trasparente una clausola di supremazia senza che essa debba essere fatta valere caso per caso della corte e che è il pendant logico della differenziazione?

Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato Università La Sapienza Roma

Stefano Ceccanti

Stefano Ceccanti

Professore di diritto pubblico comparato Università La Sapienza Roma

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