I sindacati ribadiscono il loro ‘no’ all’autonomia differenziata, una contrarietà che si rafforza quando si investe il mondo della scuola che è un “diritto fondamentale” e non solamente un “servizio”. Cgil, Cisl, Uil e Snals Scuola, in audizione in commissione Affari costituzionali della Camera, bocciano la “regionalizzazione” dell’istruzione, pena una crescita dei divari e delle diseguaglianze tra le varie parti del Paese con impatti negativi sui “saperi, gli studenti e i docenti”.
Gli articoli 33 e 34 della Costituzione, ha sottolineato la segretaria generale della Flc Cgil ,Gianna Fracassi, “introducono le caratteristiche basilari del sistema scolastico”, la “valenza generale unitaria” e “identificano un ambito di competenza esclusivamente statale” per questi temi, rappresentando la “struttura portante del sistema nazionale d’istruzione che richiede di essere applicato in modo unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale”.
Non devono essere oggetto di legislazione regionale “aspetti ordinamentali, regolamentari, gestionali e meno che mai salariali riguardanti il personale docente, il personale Ata e i dirigenti scolastici che devono continuare ad essere regolamentati in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”, ha sottolineato poi la segretaria generale della Cisl scuola Ivana Barbacci, puntualizzando come sul contratto nazionale di lavoro siano inaccettabili “derubricazioni regionalistiche o territorialistiche”.
“Le disparità attuali potrebbe acuirsi nelle diverse Regioni accentuando già divari estremamente marcati e diseguaglianze già oggi di fatto evidenti”, ha osservato chiedendo sulla definizione dei Lep un “percorso parlamentare più partecipato”. Barbacci ha evidenziato che “già oggi le Regioni godono di una rilevante competenza che può essere valorizzata, fermo restante il carattere unitario del nostro sistema di istruzione”.
Nel nuovo testo, infine, non c’è “la esplicita definizione ‘fatta salva l’autonomia scolastica’ e abbiamo la preoccupazione che venga meno il riconoscimento dell’autonomia scolastica nel suo profilo di rango costituzionale determinando un rischio di potenziale subalternità ai soggetti che dispongono di poteri in ambito locale” con “anche forti condizionamenti nei confronti della libertà di insegnamento”, ha proseguito.
Bocciatura senza appello pure da Roberto Garofani della Uil scuola. “L`Italia – ha detto – date le attuali condizioni economiche e sociali con gli squilibri macroscopici tra Regione e Regione, può permettersi di passare ad un regionalismo competitivo sostituendo quello solidale? Senza proclami ideologici e alcun preconcetto a discutere di un tema così rilevante per la nostra società, è inevitabile però partire dalla risposta al quesito posto e la risposta, di fronte a tutti gli indicatori è inequivocabile: non ci sono le condizioni. Sanità, servizi sociali, trasporti, infrastrutture – ha concluso – sono alcuni dei settori nei quali il gap tra Regioni è talmente ampio che ha già prodotto conseguenze in termini di disuguaglianze civili e di costi sociali”.
Per il coordinatore nazionale Snals dei dirigenti scolastici il ddl Calderoli “contrasta in più parti con le norme costituzionali. E proprio una prima questione di costituzionalità si pone per l`istruzione. Le Regioni potranno determinare di fatto i programmi dell`offerta formativa, con la possibilità di definire anche la dotazione organica e l`assegnazione alle singole scuole dei docenti” e verrà delineato un “panorama dell`istruzione pubblica molto frammentato e non unitario” con il “rischio di una profonda divisione tra i cittadini italiani relativa alla qualità dell`istruzione impartita”.
e.m.