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Home - Approfondimenti - Interviste - Azzola, dietro la crisi Almaviva anche gli incentivi di Renzi

Azzola, dietro la crisi Almaviva anche gli incentivi di Renzi

di Nunzia Penelope
13 Gennaio 2017
in Interviste
Azzola, dietro la crisi Almaviva anche gli incentivi di Renzi

I 1600 licenziati di Almaviva non sono solo il frutto di una vertenza tra le piu’ drammatiche degli ultimi mesi, ma anche la punta di un iceberg contro cui rischia presto di schiantarsi tutto il settore dei call center. Alla vigilia di una settimana cruciale, con due incontri gia’ fissati con il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e con il governo sul caso della società romana, Michele Azzola, segretario generale della Cgil di Roma e Lazio, spiega al Diario del Lavoro quali sono le cause a monte della crisi, e come si puo’ (forse) risolvere la situazione.

Azzola, partiamo dall’inizio, o meglio dalla fine di una vertenza davvero drammatica, culminata con i licenziamento dei 1600 dipendenti del call center di Roma. Davvero non c’era modo di firmare quell’accordo al Ministero?
No, davvero non c’era modo. Le RSU di Roma avevano ricevuto un mandato molto chiaro dai lavoratori:  non erano disposti ad accettare nessun altra riduzione di salario. Se i delegati avessero contravvenuto al mandato, ci sarebbero state conseguenze pesantissime.

Non era possibile chiedere tempo  e consultare i lavoratori? E’ quello che si fa in ogni vertenza quando c’e’ un problema: si ‘’congela’’ la trattativa per un dato periodo.
Si, sarebbe stato naturale che si fosse lasciato alla delegazione il tempo per consultare i lavoratori. E’ stato chiesto e non e’ stato concesso. Quindi, non si poteva far altro che non firmare. Ci sono stati gia’ molti sacrifici in passato, ma i delegati sanno bene che non sono serviti a nulla.

Eppure il viceministro Teresa Bellanova ha detto che si e’ fatto tutto il possibile.

Sicuramente il viceministro conosce bene come si conduce una trattativa, infatti ha risolto molti casi difficili, con caparbieta’ e costanza. Ha fatto effettivamente quanto era in suo potere, ma stavolta non e’ bastato.

Pero’ poi l’accordo, sottoposto al voto sia pure tardivamente, e’ stato approvato.
Approvato, si, ma da poco più della metà dei dipendenti. E le ricordo che hanno votato con le lettere di licenziamento gia’ in mano: questo la dice lunga sul clima di tensione, disperazione, che c’e’ tra gente che ha stipendi ormai bassissimi, sotto la sopravvivenza. Una ulteriore riduzione era inaccettabile, e certo non per questione di principio: e’ realmente impossibile vivere con somme così risicate. Senza contare la beffa degli 80 euro: a causa della riduzione continua della retribuzione, ci sono dipendenti che sono scesi sotto la soglia dell’incapienza e hanno perso il bonus. L’esasperazione e’ alle stelle, ormai.

Perche’ i colleghi di Napoli allora hanno firmato?
Hanno fatto una scelta diversa. Legittima. Ma anche il loro accordo prevede le stesse modalità: licenziamenti o riduzione del costo del lavoro. Con tre mesi in più per pensarci, certo. Mi si potra’ dire che in tre mesi possono accadere molte cose. Ma la sostanza non cambia, sempre una pistola puntata alla tempia e’, e sempre un accordo sbagliato rimane.

Del resto, Almaviva perde 2,5 milioni di euro al mese, e’ insostenibile. Come si e’ arrivati a questo disastro?
Questa situazione e’ in buona parte responsabilità del governo. Intanto, non si e’ fatto nulla per contrastare realmente il trasferimento dei call center all’estero, applicando la legge che pure esiste. Ma non e’ solo questo. Pesano soprattutto gli incentivi alle assunzioni introdotti nel 2015 con la legge di stabilita’ del governo Renzi, che hanno creato una disparita’ tra fornitori dello stesso servizio.

Mi spieghi.
Nei call center il costo del lavoro e’ la spesa che incide di piu’.Con gli incentivi si e’ creata questa situazione: da un lato ci sono le societa’ come Almaviva,  che hanno moltissimo personale assunto prima degli incentivi, quindi a costo pieno, dall’altro quelle che hanno invece assunto dopo, ricorrendo agli incentivi, il che equivale ad avere come minimo un 30% in meno di costo del lavoro, spesso anche il 40%.

E questo come si riflette sulla crisi di Almaviva?
Semplice: se vado a fare una gara d’appalto, posso portarmi in dote quel 30-40% in meno di costo del lavoro, facendo una offerta migliore a tariffe stracciate. Un vero e proprio dumping. Infatti, Almaviva sta perdendo molti clienti, ed e’ costretta a ridurre costantemente il costo del lavoro per reggere la concorrenza. E attenzione, che questo dumping sta creando molti problemi anche alle società che gestiscono in proprio i call center, che sono quelli, tra l’altro, con le migliori condizioni di lavoro, ma che diventano sempre piu’ piccoli, con meno addetti. Senza contare che  molti stanno gia’ pensando di seguire l’esempio dell’accordo di Napoli.

Vuole dire che ci sono altri casi simili ad Almaviva in vista?
Senza dubbio. Tutte le società di call center stanno guardando con attenzione a questo caso,  considerando la possibilità di ridurre a loro volta i salari, per i motivi che le ho detto. Per fare un caso specifico: la Teleperformance di Taranto ha molto personale assunto prima degli incentivi,  quindi ha il 30% in piu’ di costi, e sta perdendo soldi. Stanno quindi pensando di chiedere una riduzione del costo del lavoro anche loro. E vale la pena di ricordare che nel call center di Taranto lavorano molte  mogli di operai dell’Ilva: doppio dramma.

Come se ne esce?
Il governo, su richiesta del sindacato, stava studiando una soluzione, per limitare il ricorso agli incentivi nelle aziende nelle quali il costo del lavoro sia superiore al 50% del fatturato. Ma poi non se ne e’ fatto nulla. Cosi’ come non si sta facendo nulla di concreto per arginare l’esodo all’estero dei call center.

In ogni caso, queste soluzioni sarebbero tardive per i 1600 lavoratori licenziati da Almaviva a Natale, non crede?
Se il governo aprisse oggi un tavolo sulle regole per il settore, il sindacato sarebbe disponibile a gestire il periodo transitorio, anche attraverso le riduzioni di stipendio. E a quel punto, credo che anche Almaviva rivedrebbe la sua posizione.

Cosa si aspetta lunedì dall’appuntamento con Nicola Zingaretti?
 Il Lazio negli ultimi due anni ha perso tremila posti di lavoro nei call center. Dal governatore ci aspettiamo che spenda tutto il suo peso politico per convincere il governo ad aprire un tavolo di settore, che consenta di recuperare anche la vertenza Almaviva.

 

Nunzia Penelope

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Tags: CgilSindacatoCall center
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