La crescita dell’occupazione che si è avuta in Italia negli ultimi due anni ha riguardato prevalentemente “posizioni a tempo parziale”, in pratica precari, laddove in media nell’area euro si è assistito ad una tendenza opposta: la crescita riguarda prevalentemente posti a tempo indeterminato. Lo rileva la banca centrale europea in un articolo di analisi sull’occupazione inserito nel suo bollettino economico.
“Il 66 per cento della recente crescita dell’occupazione netta nell’area è attribuibile a posti di lavoro a tempo pieno – si legge – benché si riscontrino sostanziali differenze tra paesi. Gli ultimi dati mostrano che tra il secondo trimestre del 2013 e il corrispondente periodo del 2015 l’occupazione a tempo pieno rappresentava poco meno del 50 per cento dell’incremento netto complessivo del numero di occupati in Germania e il 57 per cento in Francia”.
“La quota per la Spagna sfiorava invece il 93 per cento, anche perché l’aumento si è concentrato, in proporzione, maggiormente nel settore industriale e nelle costruzioni. Nel caso dell’Italia – dice la Bce – l’incremento del numero di occupati (più modesto) è dipeso per il 63 per cento (quasi due su tre-ndr) da posizioni a tempo parziale. La quota è notevolmente più cospicua in alcuni paesi (soprattutto Estonia, Paesi Bassi e Austria) dove alla creazione di impieghi a tempo parziale si contrappone adesso un calo netto di quelli a tempo pieno”.
Inoltre, lavoro fermo in Italia, afferma la Bce, dove “la crisi ha esercitato un impatto avverso ben più persistente sull’occupazione, che è rimasta pressoché invariata, in controtendenza rispetto all’area euro e alle sue economie più piccole”. Nel suo bollettino economico, l’istituzione monetaria inserisce uno studio, che era stato anticipato lo scorso 14 dicembre, dal quale inoltre emerge che più di recente l’Italia è il Paese dove si è creata meno occupazione negli ultimi due anni tra le quattro maggiori economie di Eurolandia.
Si contano 127 mila occupati netti tra il secondo trimestre del 2013 e il secondo trimestre del 2015, solo il 5,9 per cento del totale dell’area valutaria secondo uno studio della Banca centrale europea, basato su dati Eurostat. Il valore più elevato è costituito dai 724 mila posti creati in Spagna, ben il 33,5 per cento del totale di nuova occupazione creata, anche se con una netta prevalenza di posizione precarie.
Segue la Germania con 592 mila posti, pari al 27,4 per cento e la Francia con 190 mila posti, l’8,8 per cento. Complessivamente, nell’area nel periodo in esame sono stati creati 2 milioni 158 occupati netti.
Se si guarda la situazione poi rispetto al 2008 “l’occupazione – dice la Bce – ha seguito profili distinti nelle quattro principali economie dell’area dallo scoppio della crisi. Se in Germania il numero di occupati è salito quasi ininterrottamente dall’inizio della recessione nel 2008, la Spagna ha registrato continue diminuzioni dei posti di lavoro fino al recente punto di svolta. Di conseguenza, la Germania mostra adesso un’occupazione superiore del 5 per cento ai livelli pre-crisi (seconda solo a Lussemburgo e Malta), mentre il dato per la Spagna resta inferiore del 15 per cento al picco toccato prima della crisi, nonostante la forte ripresa osservata di recente”.
“In Francia il numero di occupati si è portato lievemente al di sopra dei valori pre-crisi, sostenuto in ampia misura dal considerevole aumento dei dipendenti pubblici. Quanto all’Italia – osserva la Bce – la crisi ha esercitato un impatto avverso ben più persistente sull’occupazione complessiva, che è rimasta pressoché invariata, in controtendenza rispetto all’insieme dell’area dell`euro e alle sue economie più piccole”.