Per l’insieme dei Paesi dell’area euro le prospettive di crescita economica continuano ad essere sbilanciate verso l’indebolimento, mentre quelle sull’inflazione restano altamente incerte. Lo rileva la Banca centrale europea nell’ultimo Bollettino economico.
Nell’area valutaria “i rischi per la crescita economica restano orientati verso il basso”, si legge. Tra questi “vi sono l’ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali su scala mondiale e le incertezze a queste associate, fattori che potrebbero frenare le esportazioni e comprimere gli investimenti e i consumi. Un deterioramento del clima di fiducia nei mercati finanziari potrebbe determinare condizioni di finanziamento più stringenti e maggiore avversione al rischio, nonché ridurre la propensione di imprese e famiglie agli investimenti e ai consumi”.
Le guerre in Ucraina e Medio Oriente restano fra le principali fonti di incertezza. All’opposto “un rapido allentamento delle tensioni commerciali e geopolitiche potrebbe migliorare il clima di fiducia e stimolare l’attività. Un incremento della spesa per difesa e infrastrutture, insieme a riforme volte a migliorare la produttività, contribuirebbe alla crescita. Un miglioramento della fiducia delle imprese – si legge – stimolerebbe inoltre gli investimenti privati”.
Sull’inflazione, secondo la Bce “le prospettive sono più incerte del consueto, per effetto della volatilità dello scenario delle politiche commerciali a livello mondiale. Un rafforzamento dell’euro potrebbe far diminuire l’inflazione più di quanto atteso. Inoltre, l’inflazione potrebbe risultare inferiore se dazi più elevati inducessero una minore domanda di esportazioni dell’area dell’euro e un reindirizzamento verso l’area delle esportazioni provenienti da paesi con eccesso di capacità produttiva”.
Inoltre “le tensioni commerciali potrebbero determinare maggiore volatilità e avversione al rischio nei mercati finanziari, gravando sulla domanda interna e riducendo quindi l’inflazione”, dice ancora la Bce.
All’opposto “l’inflazione potrebbe risultare superiore se la frammentazione delle catene di approvvigionamento mondiali spingesse al rialzo i prezzi all’importazione e accrescesse i vincoli di capacità nell’economia interna. Anche un incremento della spesa per difesa e infrastrutture potrebbe far aumentare l’inflazione nel medio termine. I fenomeni meteorologici estremi e, più in generale, il dispiegarsi della crisi climatica potrebbero far salire i prezzi dei beni alimentari oltre le aspettative”.