Il decreto di San Valentino compie quarant’anni. Era il 14 febbraio del 1984 quando il governo Craxi decise il taglio di quattro punti della scala mobile. L’Italia si divise in due, da una parte il Pci e la maggioranza della Cgil (si dissociò l’ala socialista guidata da Ottaviano Del Turco), dall’altra Cisl, Uil, il Psi, il Pri, il Pli, il Psdi e la Dc (più tiepida). Fu battaglia vera, in un clima di scontro, che si concluse l’anno successivo con il referendum vinto dai favorevoli al provvedimento. Una ferita profonda nel corpo del sindacato, che sancì la dissoluzione della federazione unitaria e che non si è ancora sanata del tutto.
Giorgio Benvenuto è uno dei principali protagonisti di quelle tormentate vicende. E torna a parlarne in un libro-intervista, “Il sindacalista e la storia”, realizzato da Bruno Chiavazzo, con un’inaspettata prefazione di Pierluigi Castagnetti. I capitoli dell’agile volume, pubblicato da Edup, segnano le tappe, una sorta di breviario, del nostro recente passato: il giovane Benvenuto; la scoperta del sindacato; i socialisti nel sindacato; i comizi fuori dalle fabbriche; l’autunno caldo; Brodolini e lo Statuto dei lavoratori; l’unità sindacale; gli anni di piombo; Moro e le Brigate rosse; la fuga di Luciano Lama dalla Sapienza; Guido Rossa e la paura degli attentati; l’ossessione americana; San Patrignano; Costanzo, Pannella e Craxi; Papa Woytjla; Ustica, Irpinia, attentati ai treni; la Fiat; Craxi e Berlinguer; Craxi e Lama; muore la prima Repubblica; successore di Craxi; Hammamet; Luciano Lama: un gigante del sindacato; Pierre Carniti: un amico vero.
Proprio ai due compagni di avventura, Benvenuto tributa una messe di elogi. Del leader Cisl evidenzia l’autonomia, la tenacia, il coraggio, la determinazione, la forza, l’orgoglio, la sincerità, la concretezza, la coerenza. “Mi dispiace- lamenta – che nessuno abbia pensato a costituire una Fondazione a lui dedicata”. E a proposito della battaglia sulla scala mobile ricorda come, pur essendo il principale fautore della lotta all’inflazione, respinse le pressioni degli “ultras” tipo Claudio Martelli che volevano approfittare dell’occasione per spaccare tutto definitivamente dando vita al “sindacato democratico” contrapposto a quello di presunta matrice comunista (anche Del Turco si sottrasse a quelle pressioni).
E già, perché un filo unitario legava i combattenti schierati sulle contrapposte barricate. Questo vale soprattutto per Luciano Lama, il quale non avrebbe voluto lo strappo e che firmò la richiesta di referendum solo in ossequio alla fedeltà di partito, quasi umiliato, nel corso di una festa dell’Unità. Fu lui a parlare durante la manifestazione del 24 marzo 1984, un milione di persone in piazza San Giovanni. E gettò acqua sul fuoco, esprimendosi contro lo sciopero generale invocato dal Pci e dicendo no alle vertenze aziendali: “E’ un momento drammatico, lo dobbiamo superare, è necessario ritrovare l’unità del sindacato”.
“Un uomo eccezionale”, lo definisce il libro. “Un atto di coraggio incredibile! Se lui in quella piazza avesse detto “Craxi boia”, sarebbero impazziti tutti e le conseguenze sarebbero stati inimmaginabili, invece riuscì a farli ragionare”. Pochi sanno che il testo di quel discorso lo aveva mandato in anticipo agli amici Pierre e Giorgio proprio per rassicurarli.
Benvenuto ricorda che Craxi fece un ultimo tentativo di conciliazione, modificando il decreto e riducendo la durata al solo 1984: “Un cambio sostanziale, concordato con me, con Ottaviano Del Turco e anche con Lama”. E ripete una sua spiazzante considerazione: “Io sono convinto che se Enrico Berlinguer non fosse morto l’11 giugno, schiantato da un ictus mentre teneva un comizio a Padova, l’accordo l’avrebbe fatto”.
Ma i suoi successori non avevano il carisma per cambiare linea. “Gerardo Chiaromonte – rivela – ci disse preoccupatissimo: Come facciamo? Berlinguer è morto e ci ha lasciato in eredità il referendum. Non c’è nessuno in possesso di un’autorità tale da imporne il ritiro”. I sondaggi, poi, prevedevano un’ampia vittoria dei “Sì” all’abrogazione del decreto e questo turbava molto Bettino Craxi che si dava da fare per cercare di arrivare ad un’intesa. Pierre Carniti aveva avuto un infarto ma dal suo letto d’ospedale avvertì il titubante segretario del Psi che lui sarebbe andato avanti anche da solo. Così si arrivò al voto e vinsero i “No”. Anche gli operai approvarono in maggioranza il taglio che invece, al contrario, fu respinto in città come Napoli. “Paese singolare l’Italia – commentò lo stesso Benvenuto- Hanno votato per mantenere la scala mobile quelli che non ce l’hanno e per modificarla quelli che ce l’hanno!”.
Luciano Lama, possiamo dirlo per certo, sapeva che la Confindustria avrebbe dato comunque la disdetta del meccanismo di contingenza un minuto dopo la chiusura delle urne ma decise di non rendere pubblica tale informazione per timore di inasprire ancora di più il clima. Aveva sempre lavorato per ricucire e, quando i cronisti invasero il suo ufficio in Corso d’Italia per chiedergli un commento sull’esito della consultazione, disse con tono accorato: “Aiutateci a ritessere la tela, non a strapparla ancora di più”. “Questo atteggiamento “poco guerresco” -rimarca il signor Uil- gli costò la successione ad Alessandro Natta. Un vero peccato perché, a mio giudizio, avrebbe cambiato le sorti della sinistra nel nostro Paese”.
Alti tempi, altri personaggi. Nostalgia canaglia.
Marco Cianca