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Home - Rubriche - Giochi di potere - Berlinguer e la carota

Berlinguer e la carota

di Riccardo Barenghi
18 Aprile 2024
in Giochi di potere
Berlinguer e la carota

Se non fosse una tragedia sarebbe una farsa: non passa giorno che il Partito democratico non ci riservi una sorpresa, ovviamente una brutta sorpresa. Lasciamo perdere per oggi i penosi contorcimenti locali di questi giorni, che comunque un effetto negativo sugli elettori lo avranno eccome, e parliamo delle tessere del Partito. Anzi, dell’immagine che sarà stampata su quelle tessere. La segretaria Elly Schlein ha avuto l’idea di metterci la faccia di Enrico Berlinguer, visto che quest’anno a giugno ricorreranno i 40 anni dalla sua morte, che a Roma si è svolta una mostra su di lui visitata da decine di migliaia di persone e che, soprattutto, è stato uno dei leader – anzi il leader – più amato dalla sinistra e non solo da essa. Basti ricordare l’emozione che suscitò il suo malore sul palco di Padova, la sua agonia in ospedale seguita ora per ora da milioni di persone, il suo funerale a Roma al quale partecipò una marea di gente, moltissima anche venuta da fuori apposta per l’ultimo omaggio a un personaggio che, al di là delle sue idee politiche, era un uomo benvoluto da sinistra a destra. Il suo rigore, la sua moralità, la sua vita morigerata, il suo modo di parlare così chiaro e sintetico ma rigoroso, persino il suo corpo minuto erano caratteristiche che bucavano il cuore – non il video, come si direbbe oggi – e incutevano rispetto in tutti gli italiani. Addirittura il suo acerrimo rivale, cioè il segretario del Movimento sociale Giorgio Almirante, andò a rendergli omaggio alla camera ardente in via delle Botteghe oscure. Insieme a migliaia di persone comuni, uomini delle istituzioni (l’allora Presidente della repubblica Sandro Pertini volle portarlo sul suo aereo da Verona a Roma, ripetendo “è come un figlio…), dirigenti di tutti partiti, dei sindacati e via dicendo. Insomma tutta l’Italia si strinse attorno al corpo di Berlinguer.

E oggi, nel “magico mondo” del Pd, che pure qualcuno sostiene essere nato grazie all’antica intuizione dello stesso Berlinguer sul compromesso storico tra Pci e Dc, accade che una parte dei questo Partito, ossia i cattolici che provengono dal mondo democristiano, si indignino. Arrivando a proporre una sorta di patetica par condicio: se oggi mettiamo Berlinguer sulle tessere, domani dobbiamo metterci Alcide De Gasperi o Aldo Moro o qualcun altro che sia stato democristiano. Per il semplice ma grottesco motivo che, essendo il Pd nato dalla fusione tra ex comunisti e appunto ex democristiani, anche l’effige sulla tessera deve rappresentare questa fusione. Un anno a me, un anno a te, rispettando la più squallida lottizzazione. Manco fossimo alla Rai.

Eppure non sarebbe difficile per gli ex democristiani del Pd accettare di buon grado che un personaggio come l’ex leader del Pci li rappresenti sulla loro tessera, anzi dovrebbero essere orgogliosi di averlo lì in tasca, visto che se non fosse esistito Berlinguer non sarebbero esistiti neanche loro in quanto componente del Pd, sarebbero invece rimasti il piccolo partito popolare, poi divenuto Margherita, nato dalle ceneri della Dc e rimasto sotto il 0 per cento per molti anni.

Non è questa la sede per mettersi a discutere dei pregi e dei difetti di Berlinguer, lui ha detto e e ha fatto cose buone e giuste e anche diversi errori. Ma è comunque stato un leader di quella parte del Paese che voleva cambiare l’ordine delle cose esistenti, senza pensare a una rivoluzione comunista, ma anzi rompendo con l’Unione sovietica, magari troppo tardi ma comunque rompendo. Un cambiamento che anche quella parte della Dc più democratica e meno invischiata col potere e con il suo malaffare (le tangenti per esempio, il craxismo per esempio…) voleva.

E allora cosa osta mettere il suo volto sulla tessera, un volto in cui, proprio per le sue caratteristiche di cui abbiamo scritto poco fa, si possono riconoscere tutti i democratici italiani? Osta semplicemente il fatto che continuiamo a vivere nel paese dei cento campanili, che in politica e in particolare nella sinistra significa salvaguardare fino al parossismo il proprio orticello, senza permettere che il vicino di casa, anzi il proprio convivente, ci possa piantare nemmeno una carota. Altrimenti anche io devo piantare la mia, sennò come fanno gli elettori a capire che esisto e che ho un’identità, un passato, una storia di cui vado fiero? Stiamo freschi, amici e compagni, freschissimi.

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

Giornalista

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