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Bes, Istat: aumentano occupati a tempo determinato, più contratti brevi

redazione
Aprile21/ 2022

Aumentano gli occupati a tempo determinato, soprattutto con contratti di breve durata. E’ quanto emerge dal rapporto Bes 2021 ‘Il benessere equo e sostenibile in Italia’, diffuso dall’Istat.

Il calo dell`occupazione che ha caratterizzato il 2020 ha coinvolto soprattutto il lavoro precario di breve durata, sia per il mancato rinnovo di contratti in scadenza, sia per le mancate attivazioni di nuovi rapporti di lavoro. Di conseguenza è aumentata la quota, tra i lavoratori a tempo determinato, di quelli con contratto di lunga durata: nel 2020 il 18,4% dei dipendenti a termine e dei collaboratori lo era da almeno cinque anni (+1,3 punti percentuali rispetto al 2019).

La ripresa occupazionale del 2021 ha riguardato esclusivamente dipendenti a termine e collaboratori, soprattutto di breve durata: nonostante il numero di lavoratori precari da almeno cinque anni sia tornato ai livelli del 2019 (553 mila; + 35 mila rispetto al 2020), la loro quota, sul totale dei lavoratori precari, è scesa al 17,5%. Il numero è comunque elevato considerando che si tratta di una categoria persistente di occupati intrappolati in condizione di precarietà lavorativa.

Il fenomeno è più diffuso nel Mezzogiorno, dove quasi un quarto (il 23,8%) dei lavoratori a termine lo è da almeno cinque anni (contro il 13% del Nord e 16,7% del Centro) e tra i lavoratori con al massimo la licenza media (24%, contro il 13,3% dei diplomati e il 17,0% dei laureati). Evidente anche la diversa distribuzione per settore di attività: tra gli occupati dell`agricoltura, la metà dei lavoratori precari lo è da almeno cinque anni e anche nella Pubblica amministrazione e nel settore dell`istruzione la quota supera il 20%.

Un`altra categoria vulnerabile che caratterizza il mercato del lavoro italiano è quella dei lavoratori irregolari. Secondo le stime più aggiornate effettuate nell`ambito dei Conti nazionali,nel 2019 gli occupati non regolari in Italia rappresentavano il 12,6% dell`occupazione totale, con l`incidenza più elevata ancora una volta nel Mezzogiorno (17,5%).

Questi lavoratori, nell`emergenza sanitaria, potrebbero, secondo l’Istat, aver visto aumentati l`insicurezza per via di un`elevata presenza in settori particolarmente colpiti dalla crisi (turismo, ristorazione e alberghi), e la vulnerabilità dovuta anche alla difficoltà di accesso agli ammortizzatori sociali.

Inoltre, aumentano gli occupati che lavorano da casa. La pandemia ha creato le condizioni per una sperimentazione su larga scala del lavoro da remoto, in particolare da casa. In particolare, nel 2019 il lavoro da casa era una modalità di lavoro per appena il 4,8% degli occupati; nel secondo trimestre del 2020 ha raggiunto il picco del 19,7%. Il ricorso al lavoro da casa, tra il 2020 e 2021, è passato dal 13,8% al 14,8% (circa +260 mila occupati), anche se con un andamento ancora legato, oltre alla stagionalità, all`evoluzione pandemica: il lavoro da casa è più frequente nel primo trimestre 2021 (19,1%), diminuisce nel secondo 15,7%, raggiunge il minimo nel terzo (11,7%) e risale nel quarto (13%). Nel corso del 2021 si registra una progressiva riduzione della quota di chi lavora a casa per la maggior parte del tempo, mentre rimane pressoché invariata quella di chi lavora da casa per meno della metà dei giorni a segnalare una sorta di convergenza verso una modalità mista di lavoro, che combina lavoro da casa e lavoro in presenza.

Tra il 2020 e il 2021, la quota di occupate che lavorano da casa è aumentata più di quella degli uomini (+1,5 e +0,8 punti rispettivamente) e ha raggiunto quota 17,3% (4,3 punti percentuali in più degli uomini). Risultato interessante se si pensa – fa notare l’Istat – che prima della pandemia il lavoro da casa era mediamente più utilizzato dagli uomini.

Anche nel 2021, in linea con gli anni precedenti, il lavoro da casa è più diffuso nel Centro, dove si osserva anche il maggior incremento rispetto al 2020 (la percentuale cresce di 2,3 punti e passa al 17,7%), e nel Nord (15,9%) rispetto al Mezzogiorno (10,5%); una quota elevata di occupati che lavorano da casa si registra, inoltre, tra le persone con un livello di istruzione terziaria tra le quali, a seguito dell`incremento di 3,7 punti rispetto al 2020, ha raggiunto il 34,1%.

E.G.

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