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Home - Approfondimenti - L'Editoriale - Boccia presidente, primo banco di prova i contratti

Boccia presidente, primo banco di prova i contratti

di Massimo Mascini
31 Marzo 2016
in L'Editoriale

Vincenzo Boccia, salernitano, classe 1964. E’ lui il nuovo presidente di Confindustria. Il consiglio generale della confederazione degli industriali lo ha designato come proprio leader per i prossimi quattro anni. E’ stato un testa a testa con Alberto Vacchi, risolto con uno scarto di appena 9 voti, pochi, pochissimi, ma quanti bastavano per vincere. L’elezione vera e propria sarà tra due mesi, intanto lui dovrà comporre la sua squadra e capire come cominciare a muoversi. Operazioni molto difficili. nel mettere a fuoco la squadra dovrà tener conto del fatto che la confederazione è uscita spaccata da questa votazione, per cui la sua preoccupazione dovrebbe esser quella di acquisire quanti nuovi consensi possibili, pagandoli con la moneta più semplice, altrettanti posti nei luoghi di comando della confederazione per stemperare le rivalità e le ire del primo momento. Non dovrebbe essergli difficile, considerando che la sua precipua caratteristica, a detta di tutti, è proprio la conoscenza della macchina confindustriale: tanto per capire, sa come muoversi, sa chi deve temere e chi deve tenersi come amico. Se riuscirà a far bene questo compito non dovrebbero esserci strascichi della spaccatura che si è verificata. Del resto anche quattro anni fa si verificò una divisione netta al momento dell’elezione del presidente e la distanza tra Bombassei e Squinzi era più o meno quella che si è verificata adesso, eppure quella divisione fu oggetto di molte chiacchiere e speculazioni intellettuali, ma nei fatti non è pesata granché, forse per nulla. Squinzi ha governato sapendo di poter contare sull’appoggio di tutta la Confindustria, anche di coloro che gli avevano votato contro. Può aver avuto delle titubanze, delle accortezze nelle decisioni che sapeva più difficili o complesse, ma difficoltà vere e proprie non ce ne sono state.

Molto più difficile sarà il secondo compito che lo attende, ossia capire come muoversi. Confindustria non è mai stata più debole di adesso. Il governo Renzi ha concesso molto, davvero molto agli industriali, le varie riforme che si sono susseguite sembravano  scritte dagli sherpa di Viale dell’Astronomia e forse era davvero così. Ma è stata sempre e soltanto una decisione di Renzi, che del resto le cronache raccontano come non abbia mai concesso nulla a Confindustria, saltando tutte e due le assemblee in cui era presidente, l’ultima preferendo andare a Melfi da Marchionne, che di Confindustria è forse il peggior nemico. Il presidente del Consiglio non ama i sindacati, ma nemmeno le associazioni degli imprenditori.

La verità è che Confindustria è sparita, nessuno ne parla più se non per razzolare su beghe di condominio, le grandi azioni, le campagne di una volta sono sparite. Non è un problema solo di Confindustria, sono accomunate in questo destino tutte le rappresentanze sociali, degli imprenditori come dei lavoratori, per non parlare dei partiti. Ma noi di Confindustria parliamo e questo dobbiamo registrare. Che nei grandi dibattiti, Confindustria non c’è: è vero che questi grandi dibattiti non ci sono più, ma se ci fossero, Confindustria non ci starebbe. E’ un problema di classe dirigente, non ci sono più gli uomini di una volta, nell’industria come nel sindacato. Ma forse per Confindustria il vuoto è più palese.

E quindi il compito di Boccia è difficilissimo, perché se vuole uscire da questo stato di sonno deve fare qualcosa di forte, ma non è facile capire dove e come muoversi. Soprattutto contando su quali alleati, considerando che tutte le parti sociali sono nelle stesse difficoltà. Può cercare l’accordo con i sindacati sulla nuova contrattazione, certo. Ma, a parte che non è facile, deve farlo tenendo alta l’asticella, perché, dopo tanto tempo che se ne parla,  non può trattarsi di un accordicchio, di qualcosa di raffazzonato, deve battere una nuova strada e farlo con accanto tutti i suoi partners. Appunto, non è facile. Le indicazioni che ha dato finora non servono a capire che direzione vorrà prendere, ma certo le scelte saranno difficili per non mettere da parte nessuno, per arrivare con tutti, davvero tutti all’intesa.

Ma soprattutto Boccia deve riuscire in un altro compito difficile. E’ stato indicato infatti come l’uomo della continuità, in queste settimane si è sempre rifiutato di alzare critiche verso chi lo ha preceduto affermando che quanto meno non sarebbe unfair. Ed è vero, ma è altrettanto vero che il nuovo presidente, proprio per la gravosità dei compiti che lo attendono, dovrà rimettere tutto in discussione, riprendere i  problemi esistenti e uno per uno rivedere le scelte fatte, studiare bene e prendere decisioni veloci quanto precise. Non si tratta di rompere con il passato, gettare tutto alle ortiche, ma certamente c’è bisogno di una ventata, forte e lunga, di aria nuova, altrimenti il declino che è già cominciato non potrà che accentuarsi. Del resto, il pericolo è sempre dietro l’angolo. I profeti di sventura annunciarono, nel momento in cui la Fiat lasciò Confindustria, che altri l’avrebbero seguita, che sarebbe stato un esodo e poi una fuga di massa. Così non è stato, ma il pericolo è appunto dietro l’angolo. I mugugni ci sono e diffusi, non ci fanno niente a tramutarsi in astio aperto e poi in abbandono. Potrebbe rompersi il giocattolo e sarebbe un danno per tutti, per gli industriali che sarebbero più soli, per l’economia che non potrebbe non risentirne, per la democrazia perché una Confindustria forte e rappresentativa è sempre stata un pilastro per la democrazia del nostro paese.

Massimo Mascini

Massimo Mascini

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Direttore responsabile de Il diario del lavoro

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