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Home - Approfondimenti - Interviste - Bombardieri, Rivediamo il modello economico

Bombardieri, Rivediamo il modello economico

di Massimo Mascini
30 Aprile 2020
in Interviste

Nell’immediato una grande attenzione alla persona e quindi per prima cosa alla sicurezza sul lavoro. Ma immediatamente dopo sarà necessario, afferma Pierpaolo Bombardieri, segretario generale aggiunto della Uil, rimettere le mani sul sistema economico. Siamo sempre stati attenti all’economia e alla salvaguardia del sistema produttivo, ricorda, ma nel passato troppe cose non hanno marciato come dovevano. E’ quindi il momento, a suo avviso, di cambiare paradigma economico, cancellando le politiche dell’austerity e riprendendo una politica industriale che non abbiamo da troppi anni. Un processo da portare avanti all’insegna del dialogo sociale e della partecipazione.

Bombardieri, come evolveranno le relazioni industriali e il lavoro dopo questa terribile esperienza?

I dati che abbiamo a disposizione e che emergono dalle richieste di cassa integrazione ci danno il quadro di un processo molto complicato. Per questo pensiamo che sia necessario ripartire sui temi del lavoro, valutando alcuni principi sulla qualità del lavoro e delle relazioni industriali che, probabilmente, negli ultimi periodi erano stati dimenticati.

Quali sono questi principi?

La pandemia ci ha insegnato che una cosa deve valere sopra tutte le altre: la sicurezza sul lavoro, da proteggere nelle fabbriche e nei cantieri, ma anche nei trasferimenti verso i luoghi di lavoro. Questo, riteniamo, deve essere il primo valore da rimettere al centro di qualsiasi tipo di produzione e nelle relazioni industriali.

C’è già comunque una grande attenzione sui temi della sicurezza. O non è così?

Negli incontri che abbiamo avuto con le parti sociali in queste settimane, non posso dire che il tema della sicurezza sul lavoro non sia stato al centro dei ragionamenti e del dibattito. Abbiamo visto grande attenzione da parte del governo e delle parti sociali. Adesso però dobbiamo verificare se effettivamente nella pratica quotidiana il tema della sicurezza ha la stessa centralità.

Come verificarlo?

Lo vedremo strada facendo. Posso dire che sono state riscontrate delle oggettive difficoltà in merito. Noi riteniamo che il governo debba svolgere un ruolo più attivo nella fornitura delle mascherine, dei liquidi e degli altri dispositivi, soprattutto per l’approvvigionamento di questi beni. Alcune aziende hanno incontrato dei problemi. Per questo pensiamo che il governo debba assumere una gestione diretta nell’approvvigionamento. Gli annunci del Commissario non ci bastano più, siamo stanchi e chiediamo delle risposte più precise, l’indicazione di date più certe, non sulla riapertura delle attività produttive, ma sulla certezza di questa sicurezza.

Cosa c’è da decidere, al di là della sicurezza sul lavoro?

Più in generale noi crediamo che dovremmo ridiscutere i paradigmi economici che in questi anni sono stati seguiti. Il rapporto tra Pil e deficit, i rapporti con l’Europa, il rapporto con l’indebitamento. Tutte cose che devono essere viste con occhi diversi e con nuovi orizzonti rispetto a quanto accaduto fino ad ora.

Cosa non ha funzionato?

In questi anni abbiamo assistito a una costante aggressione alle politiche di sostegno sociale ai lavoratori. Le teorie liberiste hanno mostrato il loro fallimento, dobbiamo percorrere altre strade. Dovrà crescere l’attenzione alle persone, il sostegno ai più deboli, dovremo ripensare il modo di vivere e di produrre. Le tecnologie dovranno essere considerate non come qualcosa che appartiene al futuro, lontane da noi, devono diventare elementi della nostra vita di tutti i giorni.

Chiedete un cambio di paradigma economico?

Negli ultimi anni abbiamo assistito al dispiegarsi di politiche di riduzione dei bilanci, comunitari e nazionali. Ha prevalso la politica dell’austerity. Ora c’è certamente un ripensamento in atto su questo modo di guidare l’economia, ma sulle politiche economiche e finanziarie non vediamo ancora quel cambio di passo che riteniamo necessario. E dobbiamo fare molta attenzione a come muoverci, perché alcune scelte importanti, come quella sugli eurobonds, non sono state prese dalla Commissione, ma dagli stati nazionali. E allora è necessario un grande lavoro per convincere i governi nazionali che quelle scelte sono necessarie, che è giusto prestare sostegno al lavoro, alla produzione, agli investimenti strutturali. Nel corso degli anni ci hanno detto anche che per aumentare la produttività era necessario ridurre i diritti e i salari dei lavoratori, ora noi vogliamo che queste politiche siano riviste, discusse, modificate.

Cosa è mancato?

Alcune scelte importanti sono state rimandate per l’assenza di una vera politica industriale, adesso è giunto il momento di rivedere queste scelte.

Pensate che sia giusto un cambiamento abbastanza radicale della politica economica, ma non sarà facile, incontrerete ostacoli, resistenze, anche molto forti.

Beh, questo lo diamo per scontato. Ma crediamo che 25mila morti in Italia e 250mila morti nel mondo dovrebbero aver portato a una nuova riflessione. Noi crediamo che tutte quelle persone non siano morte per caso. Sono morte perché negli anni è stata strutturalmente chiusa la sanità pubblica, perché non è stata mai fatta una legge sugli aiuti alle persone anziane. Noi pensiamo che questi siano elementi importanti per il domani. Non sarà facile cambiare, lo sappiamo bene. Ma la stragrande maggioranza della popolazione d’Italia e dell’Europa sentirà la necessità di una vita diversa. Crediamo inoltre, che nel prossimo futuro si debba arrivare a nuovi indirizzi di politica industriale e di sviluppo sostenibile.

Certamente in questa emergenza è emersa la centralità e l’importanza del dialogo, della partecipazione.

Noi lo abbiamo sempre sostenuto, e abbiamo contestato Renzi perché non portava avanti queste pratiche, quando in Europa si parlava di dialogo sociale. Rinunciarvi è stato un errore, queste settimane hanno dimostrato che ognuna delle parti sociali può dare un contributo al miglioramento della produzione e delle condizioni di lavoro. E riteniamo che proprio nelle situazioni drammatiche, come quelle di questi giorni, sia strategica la partecipazione, ognuno nelle proprie responsabilità. In questo momento il supporto del sindacato è stato molto positivo.

Il sindacato ha dato buona prova di sé nel corso della pandemia? Siete soddisfatti?

Noi siamo molto soddisfatti, ma credo di poter dire che abbiamo lavorato come sempre, dando grande prova di responsabilità e disponibilità a risolvere i problemi. Non vedo grandi differenze con il passato. Siamo un sindacato moderno che guarda al futuro. Poi, è chiaro, tutti possiamo commettere degli errori, siamo umani, ma abbiamo dimostrato responsabilità e attaccamento allo sviluppo produttivo del paese.

Questa ripartenza è sicuramente un’occasione importante per costruire qualcosa di nuovo.  Può aiutare il fatto che alla guida di Confindustria sia stato chiamato Carlo Bonomi, che afferma di voler cambiare radicalmente il quadro?

A Bonomi facciamo tutti gli auguri possibili. Il nostro è sempre stato un sindacato non venato da filoni antindustriali. Abbiamo sempre ritenuto che le relazioni industriali servono a migliorare il paese. Il punto è che noi vogliamo cambiare il nostro paese: se Bonomi vuole farlo anche lui, possiamo farlo assieme.

Massimo Mascini

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